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Criticare Israele: un atto di leale amicizia

di Franco Cardini - 26/02/2008

 

Il 20.2.2008, rispondendo – con involontaria intempestività – a un'insinuazione che il professor Giorgio Israel aveva lasciato cadere nei miei confronti in una lettera a “Il Foglio” dell’agosto 2007 e che avevo letto solo allora, scrivevo al Direttore di quel quotidiano, Giuliano Ferrara, quanto segue:

“Al Direttore
Sono purtroppo un pessimo navigatore in rete. Per cui solo oggi, a quasi sei mesi di distanza, leggo una lettera pubblicata dal suo giornale nella quale il prof. Israel, tra l’altro, afferma: “Cardini è anche noto per i sentimenti non proprio benevoli nei confronti di Israele”. E’ vero il contrario: come ben sa chi legge le cose che scrivo (non parliamo di chi mi conosce personalmente) io amo Israele, dove ho anche piu volte soggiornato per motivi di studio e dove ho molti amici. Ma evidentemente il prof. Israel non si riferisce alle critiche – anche molto dure – che ho spesso indirizzato ad alquanti governi israeliani, l’attuale compreso, per il suo modo di gestire la questione palestinese e la politica estera: critiche che possono anche essere sbagliate, ma che restano legittime, e che non intaccano in nulla la simpatia e l’amicizia. Il prof. Israel non si e dato la pena di controllare di persona quel che io dichiaro e scrivo (il che, data la sua professione di scienziato, è particolarmente grave), ma si è evidentemente fidato di giudizi e citazioni di seconda mano: magari tratti da “blog” che , per dirla con le sue parole, non sono proprio benevoli nei miei confronti. Anzi si tratta di blog gestiti da calunniatori di professione, spacciatori d’informazione scorretta, con i quali si possono avere rapporti solo attraverso i legali e la magistratura. Sfido pertanto formalmente il prof. Israel a fornire le prove della mia “ostilita” citando direttamente cose fatte e scritte da me che comprovino non gà il mio disaccordo dinanzi a fatti specifici, benìi il pregiudizio israeliano del quale sarei portatore.

Franco Cardini”.

“Il Foglio” ha pubblicato il 21.2.2008. la mia lettera, sotto il titolo Una sfida incauta, facendola seguire da una replica del professore Israel il testo della quale, per ragioni di spazio, era pubblicato solo in parte. Questa la replica nella sua versione integrale, come si può leggere nel blog del professor Israel .

“Il professor Franco Cardini mi ha lanciato questa "sfida" sul Foglio:

(segue il testo della mia lettera)

Segue la mia risposta. “Il Foglio”, per evidenti ragioni di spazio, l'ha leggermente tagliata. Qui ne fornisco la versione integrale:

Non ritengo che si possa abusare dello spazio gentilmente concesso dal Foglio per stendere un dossier circa le dichiarazioni “antipatizzanti” nei confronti di Israele del professor Cardini. Sostenere che Hamas – un movimento che predica la distruzione di Israele, anzi prescrive nella sua costituzione di scovare e ammazzare ogni ebreo dietro ogni pietra – «non e un’organizzazione terroristica bensìi un partito politico, un sodalizio di combattenti e una forza sociale», sarebbe materia di umorismo se non fosse stato scritto seriamente dal professor Cardini sul suo blog. Ma l’unico esempio su cui voglio soffermarmi è la sua adesione, tra i primi firmatari, all’appello “Gaza vivrà”. In questo appello si dice che «un milione e mezzo di esseri umani […] come nei campi di concentramento nazisti sopravvivono in condizioni miserabili, senza cibo nè acqua, senza elettricità ne servizi sanitari essenziali», mentre Israele bombarda cittadini inermi. Non si dice che se i “cittadini inermi” smettessero di lanciare missili sui civili israeliani cesserebbe ogni intervento contro di loro, senza contare che il blocco di cui si parla non e mai stato e non è nei termini descritti. Ma, falsificazioni a parte, è indecente il confronto tra Gaza e i campi di concentramento nazisti, nei quali – com’è noto – gli internati erano armati fino ai denti e sparavano missili quotidianamente. La denuncia del carattere scandaloso di questo confronto ha provocato una risposta da parte di alcuni firmatari tra cui lo stesso Cardini (Corriere della Sera, 11 novembre 2007) in cui si dice: «la nostra era una legittima energica denuncia non del carattere nazista della politica israeliana – non avrebbe alcun senso affermarlo – ma delle condizioni di vita miserabili della popolazione palestinese di Gaza che sono sicuramente paragonabili a quelle di un campo concentramento nazista». Così il paragone veniva sfrontatamente riproposto; e poichè le condizioni “sicuramente paragonabili” erano spiegate nell’appello come dovute alla politica israeliana, la precisazione equivaleva a una conferma, nascosta sotto un contorto cavillo non degno di intellettuali che hanno funzioni educative. Cardini pare aduso a questo genere di cavilli da far invidia al pilpul talmudico. Ad esempio quando, alla richiesta di Pierluigi Battista di prendere le distanze da un’edizione vergognosamente antisemita del Corano per cui aveva scritto una prefazione, asserì di volerlo fare anche se «le pur incaute espressioni» si iscrivevano «nell’ambito non dell’antisemitismo bensì in quello – riprovevole: ma da non confondersi col primo – dell’antigiudaismo». Meno male: perchè un conto è sentirsi chiamare scimmie e porci in un contesto antigiudaico, altro conto in un contesto antisemita. Volete mettere?
Lasci quindi perdere Cardini le sfide. Se poi è in vena di ripensamenti siamo pronti a dimenticare anche “Gaza vivrà”.

Giorgio Israel

Faccio un’aggiunta. Il professor Cardini non ha avuto, come me, più di meta della famiglia gassata ad Auschwitz. Non gli auguro di trovarsi in una situazione del genere, che gli permetterebbe però di capire l’indecenza del confronto che ha sottoscritto. Dovrebbe riflettere e capire quanto quel paragone sia offensivo. Un minimo di consapevolezza dovrebbe trattenere dall’osare di lanciare addirittura una sfida dopo aver sottoscritto un appello ignominioso come “Gaza vivrà”.

Fin qui il professor Israel. Dato il carattere elusivo – e a mio avviso il taglio sleale - della risposta del professor Israel, non potevo esimermi da una replica, che ho inviato il 24.2.2008. al Direttore de “Il Foglio” e che qui trascrivo nella sua interezza:

Replica a una risposta inadeguata

Caro Direttore,
il 20.2. u.s. mi sono permesso di scriverTi a proposito di un’insinuazione del professor Giorgio Israel nei miei confronti, che non mi era piaciuta e che non intendevo (non intendo) tollerare. Hai pubblicato in data 21.2. la mia lettera insieme con un abrege della risposta del professor Israel, sotto la rubrica Una sfida incauta. Poichè la mia sfida non era incauta per niente, e la risposta del professor Israel è stata elusiva e inadeguata, Ti invito a pubblicare almeno in parte questa mia Replica, che gli interessati troveranno in versione integrale nel mio “sito” www.francocardini.net.

Il professor Israel non ritiene di dover costituire un dossier sulle mie dichiarazioni “antipatizzanti” nei confronti d’Israele. Al contrario, dal momento che tale dossier sicuramente ce l’ha, lo pubblichi: in modo tale che tutti possano constatarne l’inconsistenza. Difatti, quel pò che egli ha presentato nella sua risposta è inadeguato e pretestuoso fino al grottesco.
Ma, prima di passare alla replica vera e propria, desidero fare una promessa. Alla fine della risposta pubblicata sul suo blog, il professor Israel rievoca la tragedia della sua famiglia sterminata ad Auschwitz. Esprimo tutto il rispetto e la deferenza nei confronti del suo dolore e so bene che non ci sono parole per rendere adeguatamente i sentimenti che si provano dinanzi a situazioni come queste. Non posso tuttavia tacere, anche al riguardo, un forte disagio. Anzitutto, chi e che cosa conferisce al professor Israel il diritto di stabilire con tanta sicurezza che, a mia volta, io non abbia avuto dure prove familiari da sopportare? Sono il primo ad ammettere che quelle che ho passato non sono neppur lontanamente paragonabili alle sue: ma non ho apprezzato comunque il tono arrogante che filtra attraverso le sue pur addolorate parole, e mi chiedo chi gli conferisca il diritto di giudicar le cose altrui con tanta leggerezza. Inoltre, non credo affatto che il modo migliore per onorare i suoi cari così tragicamente scomparsi sia quello di sottovalutare le sofferenze, le pene e il dolore altrui, com’egli dimostra di fare nei confronti delle vittime innocenti dell’embargo israeliano a Gaza. Quando gli ebrei accolgono alla loro mensa un non-ebreo, nel seder, pregano cosi: “ Signore, anche noi siamo stati stranieri in terra d’Egitto”. Il professor Israel queste cose le sa infinitamente meglio di me. Capisco – anche se non approvo – che egli possa ritener necessarie le rappresaglie contro quelli che, riduttivamente, definisce “terroristi”: ma dovrebbe comunque ricordarsi dell’Egitto di Auschwitz, quando pensa ai morti innocenti di Gaza. E deve comunque ammettere che le sofferenze della Shoah, talmente immense che non potranno mai venir in alcun modo risarcite, non possono tuttavia autorizzare nessuno a dimenticare o a sottovalutare o a negare le sofferenze di nessun altro uomo e di nessun altro popolo: nemmeno dei palestinesi di Gaza
E che questi innocenti che soffrono esistano, e che siano tanti, e che siano solo la punta dell’iceberg di una sofferenza ingiusta e inaudita, è un fatto. Un minimo di consapevolezza dovrebbe dunque trattenere il professor Israel – uso le sue stesse parole - dall’osare di rispondere in modo tanto pretestuoso a chi a buon diritto ma serenamente gli rimprovera un giudizio improntato quanto meno a leggerezza e a faziosità. Ribadisco difatti il mio rispetto e il mio affetto per Israele. Un rispetto e un affetto che non esclude la critica e quando è legittimo e necessario la condanna: ma è proprio degli amici sinceri dir la verita agli amici, e rimproverarli lealmente quando sbagliano, e pretendere che si correggano. Israele e l’ebraismo hanno molti falsi amici che strumentalmente li sostengono e li fanno oggetto di adulazioni: voglia Dio che imparino a riconoscere gli amici veri.
E veniamo all’inconsistente risposta del professor Israel: che, da me sfidato a dimostrare con fatti, scritti e dati obiettivi alla mano i miei sentimenti antisraeliani, mena il can per l’aia, sostiene che non si possa “abusare dello spazio gentilmente concesso dal Foglio per stendere un dossier circa le dichiarazioni antipatizzanti del professor Cardini nei confronti di Israele” (ma allora perche tale dossier non lo pubblica nel suo blog?) e quindi, conscio della leggerezza e dell’inanità delle sue accuse, si limita a prendersela con il paragone tra vittime dell’embargo di Gaza e vittime dei campi di sterminio nazisti avanzato dai firmatari dell’appello “Gaza vivrà” (tra i quali ci sono anch’io) e a contestare il fatto che io avrei definito Hamas qualcosa di diverso e di piu complesso di un semplice movimento terroristico. Fin qui, va detto che egli non riesce nemmeno a distinguere uno specifico che mi riguardi rispetto alla critica che egli rivolge collettivamente ai firmatari dell’appello che tanto lo ha indignato; mentre non si capisce come possa contestare, con suprema disinformazione (o supremo disprezzo della verità?) la verità documentata della durezza di un embargo che si è rivelato solo un’illegittima e inutile rappresaglia.
Dal canto mio, gli concedo molto lealmente che il paragone tra vittime dei campi nazisti e vittime dell’embargo è inopportuno se non addirittura aberrante: ed era proprio questa la sostanza della risposta che i firmatari dell’appello fornirono al riguardo a “Il corriere della Sera” dell’11.11.2007. Non si capisce perchè il professor Israel commenti tale risposta con le parole “così il paragone veniva sfrontatamente riproposto”: basta leggere il testo per constatare come fosse vero esattamente il contrario. D’altronde, nella storia tutti i paragoni sono sempre di per se inadeguati, inutili e svianti. Se le articolazioni d’una risposta onesta sembrano al professor Israel sono “un contorto cavillo”, affari suoi: ma gli nego il diritto di affermare che io personalmente sia “aduso a questo genere di cavilli”, tantopiù poi quando, per dimostrare la sua aberrante affermazione, egli ricorre a un esempio che dimostra solo la sua malafede o la sua incapacità di leggere correttamente. Ma su ciò tornerò tra breve.
Parliamo ora di Gaza, l’embargo alla quale sarebbe misura legittima, secondo il professor Israel, dal momento che i miliziani di Hamas lanciano missili contro Israele: o per la verità, quasi sempre, contro i villaggi dei coloni, che sono sorti abusivamente in territorio palestinese e contro il parere della comunità internazionale. Ci sono state delle vittime israeliane, certo, e sono da rispettare e da compiangersi: ma ciò non toglie che non si possano mettere sullo stesso piano gli occupanti e gli occupati, e che tra le vittime palestinesi dei raids israeliani, insieme ad alcuni miliziani combattenti (sempre e soltanto “terroristi”, secondo Israel), la stragrande maggioranza è appunto di cittadini inermi e innocenti, compresi vecchi, donne, bambini. Ricapitolo sommariamente le effemeridi di quest’orrore a tutt’oggi: il 3 gennaio muoiono in una serie d’incursioni aeree e terrestri 8 persone, di cui 4 sicuramente civili; il 15 gennaio, nell’area di al-Zeitun, un carro armato ha ucciso a colpi di cannone 20 persone e ne ha ferite 45; il 17 febbraio l’esercito ha invaso il sud della “striscia”, facendo 5 morti e 10 feriti tra la popolazione; il 23 febbraio un’altra incursione ha ucciso altre 4 persone. Poichè la vita di ognuno è preziosa, la computisteria funebre e odiosa e ignobile il far il conto relativo a chi ha avuto piu vittime e chi meno: ciò premesso, va sottolineato comunque come le vittime innocenti palestinesi siano ben più numerose delle israeliane.
Le rappresaglie indiscriminate sono proibite secondo il diritto internazionale: ma continuano, mentre Gaza resta senz’acqua, senza elettricità, con le fogne a cielo aperto (come può Israel ignorare o negare tutto questo? Vi sono osservatori internazionali che lo testimoniano); dinanzi al tentativo di migliaia di palestinesi della zona di passare il confine egiziano, il governo israeliano si è limitato a commentare cinicamente che si è dinanzi a un problema che riguarda solo gli arabi. E si tratta del governo di Olmert, il quale in un’intervista a “The Guardian” del 29.11.2007 ha rivendicato per Israele il modello statuale dell’apartheid sudafricana.
Che pertanto protestare contro l’illegittimità dell’embargo a Gaza non significhi affatto nutrir propositi antisraeliani, in quanto esso nuoce anche alla politica israeliana e alla sua immagine, mi sembra evidente. Israel sostiene che Hamas dichiara fin dal suo Statuto di volere la distruzione d’Israele: non so in quale versione egli abbia letto tale Statuto, ma quanto egli afferma non è corretto. Lo “Statuto” di Hamas è, in realta, un lungo documento infarcito di citazioni coraniche, di affermazioni “profetiche”, di excursus storici e teologici, di aspirazioni mistiche: ma in concreto - a parte il tono enfatico e predicatorio, del resto frequente nella letteratura politico-propagandistica araba - poco vi si legge di propriamente propositivo sotto il profilo pratico. Ed è d’altronde uno “Statuto” che i dirigenti d’Israele senza dubbio conoscevano già, quando scelsero di appoggiare Hamas per screditare al-Fatah e dividere l’opinione pubblica palestinese, strategia questa che non sarà certo sfuggita al professor Israel: come si spiega che autorità e servizi israeliani appoggiassero i loro piu irremissibili nemici?
La verità è che sono stati gli errori israeliani nonchè la corruzione e l’inaffidabilità dell’OLP a gettare gran parte della popolazione nelle braccia dei propagandisti di Hamas: e non sarà rifiutandosi adesso di trattare con una forza che nei territori palestinesi si è clamorosamente affermata in competizioni elettorali corrette che Israele dimostrerà ai palestinesi cittadini dei territori occupati e agli stessi suoi concittadini palestinesi (gli “arabi israeliani”, come vengono di solito definiti) la bontà delle sue intenzioni. Che Hamas sia anche una forza politica e sociale, e non soltanto un’organizzazione di militanti (ma è sempre e solo un “terrorista” uno che combatte per la propria terra occupata contro gli occupanti?), e sotto gli occhi di tutti: il rilevarlo non ha nulla a che vedere con antisraelismi o antisionismi o antiebraismi (non parliamo poi di antisemitismi, anche se a qualcuno piace sottintenderlo: e quello si è terrorismo, sia pur solo intellettuale...). Il negarlo significa negar l’evidenza: attività nella quale il professor Israel pare eccellere. Soprattutto poi quando si tratti di leggere dei documenti. E qui siamo davvero alla comica finale. Rendendosi evidentemente conto dell’inanità delle sue accuse nei miei confronti, il professor Israel si arrampica sugli specchi riesumando una vecchia storia: quella del Corano della UCOII, della quale io ho scritto la Prefazione, e che Israel definisce “vergognosamente antisemita”. Egli richiama un articolo nel quale il giornalista del “Corriere” Pierluigi Battista mi chiedeva di prendere le distanze dal contenuto antisemita di quell’edizione coranica e, a riprova che io sarei “aduso” ai “cavilli”, dichiara che io risposi appellandomi alla differenza tra “antigiudaismo” e “antisemitismo”. Dissi per la verità anche altre cose: comunque tale differenza esiste, è sostanziale e non è affatto un cavillo riferirsi ad essa.
Ma non basta. La prova dell’antisemitismo di quella versione del Corano starebbe per Israel (che, secondo quello che pare il suo costume, non ama risalire ai testi originali: in questo caso si fida di una citazione che il giornalista Pierluigi Battista ha a sua volta tratto dal giornalista Carlo Panella) nel commento a un passo del libro sacro nel quale si dice che gli ebrei che furono infedeli a Mose vennero mutati in scimmie o in cani. Israel mostra di credere che il testo, o il commento, parlino di tale mutamento come cosa avvenuta a tutti gli ebrei, rileva in cio un tratto antisemita e si chiede ironicamente se sarebbe meglio qualora ciò, anzichè prova di antisemitismo, fosse solo indizio di antigiudaismo. Humour del tutto fuori luogo, che indica soltanto superficialità. Il professor Israel dovrebbe sapere che un po’ di corretta esegesi non basta mai: del resto, come ama ripetere Luciano Canfora, la filologia è una forza rivoluzionaria. Il testo coranico – nel quale si sottolinea la santità degli ebrei fedeli a Mosè -, prospettando la pena del mutamento in animali degli ebrei infedeli al Profeta, dice qualcosa di molto analogo al testo biblico di Numeri, 26, 9-10. Quindi, se il Corano è antisemita, se ne deve paradossalmente dedurre che tale sia anche la Bibbia? Non sarebbe poi troppo strano, nella logica mentale del professor Israel, che vede evidentemente antisemiti dappertutto.
E va notato che questa faccenda della traduzione del Corano voluta dall’UCOII e con la mia Prefazione ha avuto un risultato critico notevole. A Firenze, la Presidenza del Consiglio Regionale Toscano indisse addirittura un Convegno nel quale il presidente dell’UCOII Roberto Hamza Piccardo e i giornalisti Allam, Battista e Panella furono invitati per confrontare le loro posizioni. Il Convegno si tenne a Firenze, il 23 aprile 2005: vi parteciparono sia Piccardo sia, tra gli altri, due illustri studiosi dell’islam docenti universitari, Paolo Branca e Massimo Campanini; non vennero nè Allam, nè Battista, nè Panella. Da quella giornata uscì nel 2006 un volume di atti, dal titolo Tradurre, tradere, tradire, a mia cura, per i tipi della regione Toscana. Alla sua presentazione furono di nuovo invitati Allam, Battista e Panella: che di nuovo non vennero. Sfido di nuovo Israel: lo sfido a partecipare insieme con me a una nuova giornata di studi su quell’argomento: egli può ottenere il libro chiedendolo alla Regione Toscana. Discutiamo: credo che il rabbino di Firenze Joseph Levi, che è un grande studioso e un gran galantuomo (e che spero non sia sospettabile, neppure agli occhi del professor Israel, di antisemitismo), potrebbe essere ottimo “regista” della giornata. Discutiamo, professor Israel. E magari, chissa, Giuliano Ferrara potrebbe dichiararsi disponibile a venire là dove Allam, Battista e Panella non hanno non so se potuto o voluto venire. Io sono un sostenitore del fatto che le persone oneste debbano discutere. Così vedremo chi di noi due è aduso ai cavilli.

Franco Cardini