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Baghdad e gli Usa nella valle di Elah

di Leonardo Servadio - 26/02/2008

Scomparso non appena tornato in patria dopo il servizio in Iraq, si scopre che il soldato è stato ucciso, tagliato a pezzi e abbrustolito al fuoco da alcuni commilitoni che, messi alle strette, confessano ridendo, come fosse un gioco.
«Avrebbe fatto altrettanto con me», si schermisce l’assassino. Il film Nella valle di Elah, che nel titolo si ispira al luogo del biblico scontro tra Davide e Golia, denuncia il disastro morale di giovani americani reduci di guerra, in preda alla droga e all’alcol, incapaci di distinguere il bene dal male: il dramma è che è una storia vera. È un caso di cronaca nera o un segno di crisi?
Si ha l’impressione che tra le tante vittime della guerra in Iraq potrebbe trovarsi anche la qualità morale e la struttura stessa della difesa statunitense. Il dottor Robert Hickson, laureato a West Point nel 1964, si è sempre occupato di 'operazioni speciali', prima come ufficiale in Vietnam, poi quale docente dell’Air Force Academy, del Defence Intelligence College e della Special Operation University. Da poco in pensione, è molto preoccupato: «In Iraq soldati agiscono in ambiente ignoto e non sanno quali scopi devono raggiungere; sottoposti a turni stressanti, addestrati per combattere una guerra convenzionale, in realtà sono impelagati nella guerriglia. Si illudono dell’efficacia dei loro strumenti tecnici e sono confusi dai videogiochi, a volte usati anche per l’addestramento». Quella di Hickson non è una posizione isolata. Per esempio, lo Us Armed Forces Journal, organo delle Forze Armate statunitensi, ha pubblicato a dicembre 2007 una dettagliata analisi di Paul Yingling col titolo 'Fallimento dei generali'. «Non i soli soldati combattono le guerra – spiega Yingling – ma le nazioni» intere: i soldati hanno bisogno dell’appoggio morale di tutti, il che è mancato col Vietnam, come con l’Iraq, per la natura stessa di quelle guerre. E qua e là emergono notizie su casi di squilibrio psichico tra le truppe Usa; uno studio pubblicato a fine gennaio indicava che nel 2007 i suicidi tra i soldati sono aumentati del venti per cento, con 212 casi (ufficialmente riconosciuti) in prevalenza tra i combattenti. Peny Coleman, vedova di un veterano del Vietnam morto suicida, autrice di uno studio su 'Stati di allucinazione: disordini da stress post trauma; il suicidio e le lezioni della guerra' e chiamata a testimoniare al Congresso di Washington il 12 dicembre scorso, ha dichiarato che il rifiuto del Pentagono di riconoscere la relazione tra le condizioni di guerra e i suicidii ha originato un «mostruoso problema di salute pubblica. I nostri soldati non sono usa-e-getta, ma per tali sono trattati». Molti lamentano che il bilancio della Difesa finanzi nuove mirabolanti armi, ma dimentichi preparazione e condizioni di vita dei soldati. Le associazioni dei veterani di guerra lamentano l’aumento dell’alcolismo. Quale sia il numero di drogati sotto le armi non è noto, ma è alto. Il 12 gennaio il New York Times ha denunciato un forte aumento di omicidi compiuti da reduci di Iraq e Afghanistan: 184 nel 2001, 349 nel 2007.
L’apparato di difesa statunitense nacque con la rivoluzione anticoloniale del 1776: la sua figura tipica era il ' minuteman', il giovane volontario pronto a combattere 'in un minuto' in difesa della Patria. Questa tradizione è rimasta viva fino a tutta la Seconda guerra mondiale. Dopo la sconfitta del Vietnam, è stata abbandonata la leva obbligatoria e il sistema di difesa è tornato su base volontaria, professionisti in divisa accanto ai quali tuttavia, sempre più numerosi compaiono uomini con altre uniformi: i mercenari. Denuncia ancora Hickson: «In Iraq tanto numerosi quanto i soldati regolari, al soldo di compagnie di ventura per le quali la guerra è un affare come un altro». Parevano un ricordo dell’epoca coloniale, ma ricomparvero nei conflitti dell’ex Jugoslavia negli anni Novanta. Oggi la guerra in Iraq vede coinvolte una settantina di compagnie private, in prevalenza statunitensi, molte britanniche. Già nel 2004 Peter Feaver, docente della Duke University e membro del National Security Council di Washington, in un convegno dal titolo 'La privatizzazione della sicurezza nazionale americana' dichiarò: «Siamo assistendo a un ritorno al feudalesimo. Pensate al ruolo che ebbe la Compagnia delle Indie orientali nell’estendersi dell’impero britannico: nella crescita del quasi-impero americano si potrebbe ravvisare un parallelo».
Significativamente, Feaver aggiunse che il processo di trasformazione dell’apparato della difesa in una forza para-feudale cominciò con la soppressione della leva obbligatoria nel 1973, quando era chiaro che la guerra in Vietnam era un fallimento e la rivolta giovanile stava portando allo scoperto il varco tra la politica militare statunitense e la popolazione. Se un simile trauma si ripeterà in Iraq, la ripercussione negli Stati Uniti potrebbe essere ben peggiore. La strisciante privatizzazione della Difesa implicherebbe una trasformazione radicale del concetto stesso di Stato.