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Secessione Kosovo: l'atlantico Baffo di Gallipoli

di Giancarlo Chetoni - 28/02/2008

 

Secessione Kosovo: l'atlantico Baffo di Gallipoli


Che Massimo D’Alema come presidente del Consiglio nel 1999 abbia bombardato e fatto bombardare l’allora Repubblica Federale di Serbia, consentendo l’uso di aeroporti militari italiani alla Nato senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, e quindi in aperta, flagrante violazione al diritto internazionale, è arcinoto. Che da questa aggressione aerea ad uno Stato sovrano siano usciti, macellati, tra morti e feriti, oltre 8.500 tra bambini, giovani, uomini, donne e anziani, è universalmente assodato. Che al termine dei “lavori“ si sia dovuto registrare una distribuzione capillare su Serbia e Kosovo di 32 tonnellate di uranio impoverito e “danni collaterali“ per 3,7 miliardi di dollari a impianti industriali, infrastrutture di trasporto e comunicazione, edifici pubblici e abitazioni, lo sanno anche i sassi. Che da ministro degli Esteri dal maggio 2006 al febbraio 2008 , il Baffo di Gallipoli si sia impegnato in tutte le sedi internazionali - a Bruxelles, all’Onu, alla Casa Bianca - ad appoggiare la secessione del Kosovo, togliendoci dalle tasche miliardi di euro per mantenere un contingente di occupazione di 2.350 militari nella Kfor, e un altro bel po’ di scarponi in Albania per dare una mano a Sali Berisha, lo abbiamo imparato a nostre spese.
D’Alema, nel rispetto della “legalità democratica” ci aveva però promesso in cambio un passaggio in Parlamento per il riconoscimento ufficiale di Pristina. Ci siamo dovuti accontentare, a Camere sciolte, di un Consiglio dei ministri convocato per rifinanziare le “missioni all’estero” senza che Rossi, Pecoraro Scanio e Mussi abbiano fatto una grinza o piegato un sopracciglio. Solo il “duro e puro” (e ultra antipatico) Ferrero di Rifondazione comunista ha espresso una debolissima nota di dissenso a nome dei “compagni” per l’appoggio, altro punto in agenda del Cdm, fornito dal governo Prodi ad un criminale di guerra come Hashim Thaci. In un passaggio alla commissione esteri, D’Alema, in cambio, ci ha fatto sapere il 20 febbraio che “il passo del riconoscimento del Kosovo si rendeva necessario per l’Italia dal momento che i nostri militari italiani avrebbero potuto essere esposti a rischi evidenti e avremmo dovuto ritirarli”, che tradotto significa che abbiamo dovuto abbozzare a livello diplomatico con Pristina perché se non lo avessimo fatto l’Uck ci avrebbe sparato addosso.
Dover ingozzare dosi da cavallo di vergognose menzogne e di una colossale, invigliacchita furbizia come quella messa in campo dal capo della Farnesina non può che indignarci.
A proposito ecco cosa dice - anche se non lo nomina direttamente - del premier Tachi, il generale Fabio Mini, già comandante della Kfor-Nato a Pristina. Il Kosovo indipendente serve solo ai clan che lo potranno utilizzare per spregiudicate operazioni. Un porto franco che consentirà di farne un punto d’approdo per nuove banche, per nuove finanziarie in odore di mafia e di traffici illeciti, dal momento che Montecarlo, Cipro e Madeira non sono più “centri sicuri ed affidabili per l’accumulo e il riciclaggio del denaro sporco”. Tirare in ballo un’isola dell’Oceano Atlantico sotto nazionalità portoghese con tutta sicurezza dice molto. Il suo giudizio è durissimo anche sui dirigenti politici del Kosovo e parla in particolare di un’ “anima nera” che è il mandante di almeno 28 omicidi commessi contro esponenti politici di punta del Partito di Rugova. Una precisione micidiale. Roba di chi sa anche altro, forse di più sconvolgente. “Uno - afferma Fabio Mini - che come molti capi dell’Uck non ha mai dovuto spiegare a nessuno la fine di migliaia di serbi, rom e albanesi accusati di collaborazionismo fatti fuori con i metodi della pulizia etnica fin dal primo dopoguerra“.
L’ex generale non comprende inoltre la fretta della (cosiddetta) comunità internazionale verso il riconoscimento del Kosovo indipendente, dal momento che questi processi di stabilizzazione non si risolvono in pochi anni e soprattutto non si affidano ad organismi e classi dirigenti che hanno contribuito alla disintegrazione materiale, politica ed amministrativa del Kosovo. Abbiamo i dati della relazione della commissione europea che certificano l’inesistenza istituzionale, industriale ed economica dello Stato del Kosovo. Ci ritorneremo. “Ma ci si rende conto - continua Mini - che all’Aja non testimonierà più nessuno contro gente che comanda uno Stato? L’ex comandante della Kfor non esclude che la proclamazione di indipendenza possa avere un effetto a catena nella regione balcanica e anche più in là”.
Questo previsto riconoscimento da parte di Stati uniti ed Europa fa saltare il diritto internazionale fondato sulla sovranità degli Stati. Uno scempio voluto dall’amministrazione Bush. Che non credano in queste garanzie e in questi diritti gli Stati Uniti lo hanno dimostrato in Iraq. Sotto questo aspetto il Kosovo è l’altra faccia del paese del Golfo.
Per il generale Mini, poi, il riconoscimento che l’Italia si appresta a dare a Pristina è un errore fatale ben peggiore di quando si volle fare a suo tempo con la Croazia. Quella almeno era una Repubblica federata e non uno Stato sottratto a uno Stato membro a pieno titolo dell’Onu. “Non credo che l’Italia ci cascherà - continua – il riconoscimento non spetta a singoli Paesi”.
Eccome se c’è cascato il Governo Veltrusconi targato Repubblica delle Banane. C’è entrato di testa e ne uscirà in mutande, caro generale. Come si vede la posizione dell’ambasciatore Ciurkin all’Onu e il pessimismo sulle minacce alla pace mondiale espresse da Lavrov e dal Cremlino sono tutt’altro che isolate anche in Italia. Preoccupazione per quello che potrà succedere nei Balcani arriva addirittura dall’ex generale William Nash che nella metà degli anni ‘90 era a capo delle truppe Usa in Bosnia. “Belgrado - afferma - chiuderà le frontiere, interromperà i traffici commerciali col Kosovo taglierà l’elettricità e i rifornimenti energetici essenziali a Pristina e si adopererà per farle mancare il sostegno internazionale di Mosca e Pechino che all’Onu hanno il diritto di veto, oltre a proclamare l’indipendenza dell’enclave di Mitrovica”. E ancora: “La minoranza serba scenderà nelle strade, vi saranno proteste ed incidenti, anche gravi, la Nato e la missione Eulex cadranno fatalmente in una trappola da cui stenteranno ad uscire”.