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Il clima? Non è questione solo ambientale...

di Marina Forti - 28/02/2008

 

Il riscaldamento globale del clima non va più considerato un'emergenza esclusivamente ambientale. Lo affermano i ricercatori dell'Oxford Research Group, gruppo di studio indipendente sulla sicurezza globale. «Per i suoi ben documentati effetti fisici - l'aumento medio globale delle temperature, l'innalzamento del livello dei mari e l'alterazione dei fenomeni meteorologici - il cambiamento del clima avrà pesanti impatti socio-economici. E questi a loro volta potranno provocare gravi conseguenze sulla sicurezza, inclusi disordini e conflitti civili, violenza intercomunitaria e instabilità internazionale», si legge nel documento (An uncertain future, «Un futuro incerto», di Chris Abbot, gennaio 2008: www.oxfordresearchgroup.org.uk).
Non è la prima volta che questo gruppo di esperti in questioni geopolitiche sconfina su temi considerati «ambientali»: erano stati proprio loro a argomentare, un paio d'anni fa, che il cambiamento del clima, le diseguaglianze sociali e i conflitti per le risorse naturali sono nel medio termine «minacce alla sicurezza globale» ben più temibili del terrorismo internazionale (Global responses to global threats. Sustainable security for the 21st century, giugno 2006). Non è neppure la prima volta che si parla di clima in un quadro di politica internazionale: nell'aprile del 2007 il Consiglio di sicurezza dell'Onu per la prima volta ha discusso di «impatto del cambiamento del clima sulla pace e sicurezza internazionale» (anche se, bisogna riconoscerlo, non ha avuto la stessa attenzione mediatica di quando discute le sanzioni all'Iran o invia truppe in Afghanistan...).
Il cambiamento del clima è ormai a pieno titolo tra le grandi questioni di politica interna e internazionale, e questo è un passo avanti. Entra nelle campagne elettorali, definisce il grado di accettabilità di politici e amministratori, è un plus di immagine. E però, sottolinea il documento del gruppo di Oxford, se la sfida ambientale è ormai chiara, «meno attenzione è messa sull'inevitabile impatto che il cambiamento del clima avrà sulle questioni di sicurezza nazionale e globale».
Non è difficile vedere perché il cambiamento del clima sia una questione di sicurezza globale. Il documento parte dall'ultimo rapporto del Ipcc, Comitato scientifico intergovernativo sul cambiamento del clima, che lavora sotto l'egida dell'Onu e rappresenta il consenso generale nella scienza del clima. E' ormai comunemente riconosciuto che l'atmosfera terrestre si sta scaldando e che le attività umane (il consumo di combustibili fossili) ne sono la causa più rilevante. E' documentato che l'aumento delle temperature, l'innalzamento degli oceani (si pensi: nel solo Bangladesh oltre 17 milioni di persone vivono a meno di un metro sul livello del mare) e il caos meteorologico avranno ripercussioni disastrose: dalla perdita di infrastrutture (con impatto economico potenzialmente disastroso, come aveva calcolato la ricerca dell'economista Nicholas Stern per conto del ministero del tesoro britannico nel 2006) alla scarsità di risorse essenziali come cibo, acqua, foreste, energia, con l'ulteriose conseguenza che carestie e siccità spingeranno masse di popolazione a spostarsi. «Tutti questi fattori interagiranno tra loro e con le tensioni già esistenti», fa notare l'autore del documento. E qui entriamo nel campo della sicurezza in senso proprio: proteste popolari, conflitti per la terra o l'acqua, conflitti politici.
Il punto è che tre tendenze chiave degli ultimi anni si stanno saldando. Al cambiamento del clima va affiancato un crescente problema di sicurezza energetica (i paesi sia industrializzati che in via di sviluppo sono sempre più dipendenti da petrolio e gas importati, di solito da regioni del pianeta assai instabili), e l'emergere di «minacce non-tradizionali» da vari fattori sociali ambientali e politici nel mondo post-11 settembre. Anche l'approccio ai problemi della sicurezza, conclude il gruppo di Oxford, dovrà dunque cambiare: «con un approccio preventivo più che reattivo».