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Vi spiego perché i Neo-con sono i veri eredi del ‘68

di Tzvetan Todorov - 29/02/2008



A qualche anno di distanza il progetto di trasformazione radicale e violenta della società è resuscitato sotto un´altra forma. Questa volta si tratta di garantire la"salvezza" a un paese straniero e non al proprio

Per la politica, invece, le cose andarono in tutt´altro modo. I discorsi che si potevano proferire nel corso di incalcolabili Assemblee generali e Comitati d´azione dovevano tutti collocarsi nel solco dell´ideologia comunista. È pur vero che in seguito le diversità sarebbero tornate: il polo conservatore era considerato fossilizzato dai membri ortodossi del Pc francese; l´estrema sinistra pareva incarnata dai maoisti, ma tra i due si collocavano i trotskisti, gli althusseriani, gli anarchici, i situazionisti, il "Movimento del 22 marzo", i fedeli di Fidel e altri ancora. Mentre su un piano sociale soffiava un vento di liberazione, i discorsi politici respiravano dogmatismo ed esaltavano (spesso senza accorgersene) l´imposizione della dittatura. Per colui che come me veniva da uno dei Paesi del "socialismo reale", parevano altresì fare affidamento su una visione della società assolutamente utopistica.
A prima vista, questa eredità del ´68 è pressoché scomparsa dalla scena pubblica odierna, a eccezione di quella peculiarità francese che sempre stupisce i Paesi vicini: la popolarità dei leader trotskisti alle elezioni presidenziali. Può anche darsi, tuttavia, che quel passato continui a vivere sotto forme inedite.
I programmi politici dei partiti si possono dividere in due grandi gruppi. I primi promettono la salvezza. Sostituti profani delle religioni, considerano che il mondo, questo misero mondo, è malvagio nella sua totalità e occorre pertanto abbatterlo per rimpiazzarlo con un altro, nel quale tutto procederebbe a meraviglia. Gli altri si accontentano di proporre vari livelli di adattamento e accomodamento: il mondo circostante non è certo perfetto – ammettono – occorre riformare qualche cosa qui e là, ma si deve nondimeno accettare qualche compromesso in rapporto alle sue ambiziose speranze.
I discorsi politici del ´68 erano, chiaramente, appartenenti alla prima categoria: per fortuna, tra quei rivoluzionari potenziali non ci fu alcun Lénin in erba. In ogni caso, a qualche anno di distanza il progetto di trasformazione radicale e violenta della società è resuscitato sotto un´altra forma, nell´ambito di una dottrina denominata a torto "neo-conservatorismo", quando si tratta piuttosto di "neo-rivoluzione". Soltanto che, questa volta, non era più al proprio Paese che si voleva garantire la salvezza, ma a un Paese straniero. Si definisce talora questa dottrina "diritto di ingerenza": si decide, dunque, che al fine di portare la salvezza agli altri, in questo caso la democrazia e l´economia di mercato, è lecito, anzi lodevole, invaderli militarmente e imporre loro un nuovo regime.
I neo-conservatori sono stati vicini al potere negli Stati Uniti e sono responsabili dell´invasione dell´Iraq come di altri interventi in Medio Oriente. Ma sembrano ugualmente capaci di pesare sulla politica della Francia, che si è dichiarata di recente pronta a rafforzare la propria presenza in Afghanistan, a introdursi in Iraq, a bombardare l´Iran, se necessario. La rivoluzione permanente, esaltata un tempo dai gauchiste del maggio ´68 (ricordo ancora i discorsi incandescenti che faceva alla facoltà di Vincennes André Glucksmann, capo dei maoisti locali), ha cambiato oggetto, ma non natura: raccomanda sempre l´estirpazione del nemico. E spesso da parte delle stesse persone che lo raccomandavano nel 1968. Ecco, questa sì è un´eredità che varrebbe la pena liquidare.
Traduzione di Anna Bissanti