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La visione del mondo tolemaico-aristotelica è alla base della geografia moderna

di Francesco Lamendola - 03/03/2008

 

 

Sarebbe difficile sopravvalutare l'importanza che la descrizione della superficie terrestre contenuta nella Geografia di Tolomeo ha esercitato nella storia della conoscenza della Terra e in quella della scienza geografica.

Essa è stata ancora più profonda di quella che la sua Sintassi matematica (o Raccolta matematica), passata poi alla storia con il titolo arabo di Almagesto, ha esercitato sulla scienza dell'astronomia. Infatti, se la concezione tolemaica di un Universo geocentrico, formato da una serie di sfere celesti corrispondenti ai diversi corpi orbitati intorno alla Terra, ha resistito fino alla rivoluzione copernicana del XVI secolo, per molti aspetti la sua concezione della geografia è durata ancora più a lungo.

L'ultima traccia di essa, la credenza in una vastissima Terra Australe Incognita che, chiudendo a sud l'Oceano Indiano, avrebbe dovuto costituire una sorta di contrappeso meccanico alla massa delle terre emerse dell'emisfero settentrionale, ha infatti resistito ancora più a lungo, almeno fino ai grandi viaggi di James Cook i quali, nella seconda metà del XVIII secolo, ne sfatarono definitivamente il mito.

In effetti, la cultura greca aveva sempre teso a una visione organica e unitaria della superficie terrestre e aveva posto almeno sei secoli prima di Cristo la distinzione fra una conoscenza empirica di essa, frutto di viaggi, navigazioni e delle notizie fornite dai commercianti che si erano spinti in Paesi lontani, ed una di tipo generale e razionale, scientificamente fondata, il cui scopo fosse la formulazione di un quadro d'insieme capace di rendere ragione della diversa distribuzione delle terre, dei mari, dei popoli nella cosiddetta oikoumene, ossia la parte abitata (e conoscibile) del mondo.

Osserva Renato Laurenti nel suo saggio dedicato ai filosofi della cosiddetta "scuola di Mileto" (Talete, Anassimandro, Anassimene, BARI,, Laterza Editori, 1971; 2000, p. 88), che, dopo gli studi geografici di Talete, anche Anassimandro diede molta importanza alla conoscenza e alla descrizione della Terra.

 

"Diogene Laerzio distingue in Anassimandro l'attività di cartografo («e per primo disegnò i contorni della terra e del mare (…) e costruì anche una sfera») da quella di scrittore («della sua dottrina compose un'esposizione sommaria (…)». La prima notizia si comprende agevolmente nel clima della Ionia, e ,in particolare, di Mileto, fervido, come si è visto, di iniziative e di imprese marinare, e che spiega in qualche modo lo stesso orientamento della scuola. Se si accetta il πρωτος di Diogene, Anassimandro fu un pioniere nel campo della geografia vera e propria, in quanto tracciò i contorni della terra e del mare e una mappa del cielo (così va intesa la 'sfera' succitata). Questo lavoro fu ripreso da Ecateo, come attesta Agatemero (fr. A 6) il quale attinge a Eratostene: «Anassimandro di Mileto (…) per primo ardì disegnare su una tavola la terra abitata (…); dopo di lui Ecateo, viaggiatore instancabile, la perfezionò (…), sì da farne un'opera mirabile».

 

La geografia tolemaica, dunque, rimase per oltre un millennio il punto di partenza per qualsiasi speculazione geografica all'interno della cultura occidentale e anche di quella araba. L''immagine del mondo ed essa propria non venne sostanzialmente modificata, se non a partire dai viaggi di Cristoforo Colombo; ma solo assai lentamente, quasi con prudenza, come se i geografi del Rinascimento e quelli del Sei e Settecento stentassero ad accettare l'idea di prestar fede all relazioni dei grandi navigatori europei, se ciò implicava la necessità di dare torto alla rappresentazione della Terra che ne aveva fatta Tolomeo.

In effetti, la scienza geografia di Tolomeo era frutto di accurata compilazione più che di ricerca originale; tipica espressione dell'idea di scienza della cultura ellenistica in generale, e alessandrina in particolare, essa sintetizzava l'enorme mole di conoscenze accumulate dal sapere greco, da Talete e Anassimandro fino al II secolo dopo Cristo. Gli otto libri della sua Geografia, giuntici nella versione integrale e con il corredo di ben ventisette carte geografiche, conteneva un catalogo di circa 8.000 località e, per ricchezza e precisione, rimase un'opera insuperata per tutto il Medioe Evo ed oltre.

Certo, la rappresentazione del mondo contenuta nella grande opera tolemaica non era immune da errori; ma, come è stato possibile dimostrare mediante studi accurati, si tratta quasi sempre di errori quasi inevitabili, in quanto dovuti non a scarsa scrupolosità dell'autore, ma ad informazioni errate o incomplete che gli erano pervenute e che, dati i mezzi ed i metodi scientifici dell'epoca, egli non sarebbe stato comunque in grado di riconoscere come tali.

 

Scrivono Gaetano Ferro e Ilaria Caraci nel saggio Ai confini dell'orizzonte. Storia delle esplorazioni e della geografia, Milano, Mursia, 1979, pp.  135-137:

 

"La sintesi delle conoscenze geografiche dell'evo antico è giunta a noi con il nome e l'opera di Claudio Tolomeo,lo scienziato alessandrino vissuto nel II secolo dopo Cristo la cui fortuna nelle epoche successive supera, per quel che riguarda la geografia, quella di qualsiasi altro.

"La larga diffusione che anche a molti secoli di distanza ebbe la sua opera, Introduzione alla geografia (Γεωγραφιχή ύφήγησις), composta ad Alessandria dopo il 160 d. C. forse perché di facile lettura e soprattutto perché sintetica e adatta ad una rapida consultazione, ha contribuito certamente a far dimenticare quelle dei secoli precedenti, in particolare la Correzione della carta geografica di marino di Tiro, su cui Tolomeo stesso afferma di essersi basato. Non possiamo dire perciò quanto del merito che la tradizione ha attribuito a Tolomeo sia legittimamente da ascrivergli. Certo è che anche Marino, vissuto nella prima metà dello stesso secolo, in accordo con le tendenze più compilative che speculative del suo tempo, sembra aver fatto soprattutto opera di sintesi, a partire da autori precedenti, quali Eratostene, Ipparco e Posidonio. Oggi lo si ricorda in particolare per l'estensione longitudinale che secondo Tolomeo aveva attribuito all'ecumene, i cui rapporti con la genesi del progetto colombiano sono già stati messi in evidenza.

"Anche per Tolomeo gli scopi della geografia - in antitesi e a coronamento della corografia, che deve studiare i singoli luoghi della Terra, è la costruzione di immagini sintetiche del mondo, cioè di carte, di cui egli dà i canoni, elaborando proiezioni e raccogliendo in un lungo elenco, che costituisce la parte più cospicua della sua opera (libri II-VII), le coordinate geografiche delle località a lui note. Non è chiaro peraltro se le carte che ci sono giunte assieme al testo della Geografia siano da considerare elaborate proprio da Tolomeo o non piuttosto da qualche autore più tardo. Le opinioni degli studiosi moderni sono in proposito piuttosto discordi; certo è che anche il testo della Geografia (i primi manoscritti sono copie bizantine del XIII e XIV secolo) si presenta inquinato da errori e sovrapposizioni ed è perciò probabile che successivi rimaneggiamenti siano stati compiuti anche per le carte, anche se il loro disegno si deve far risalire, in ultima origine, al geografo alessandrino. è certo comunque che la Geografia costituiva per Tolomeo la conclusione di un disegno dell'Universo,ilcui punto di partenza era quella grande Sintassi matematica da lui elaborata che, nota agli Arabi come al-Magistè, si diffuse nel mondo occidentale a partire dal XII secolo d. C. sotto il nome di Almagesto.

"Al pari della Geografia, e forse più di quella, l'Almagesto ha condizionato fortemente la successiva evoluzione del pensiero scientifico. Esso rappresenta al contempo una delle più importanti testimonianze della scienza antica. Ricollegandosi ad Ipparco, Tolomeo vi  espone le teorie astronomiche del suo tempo, a partire dai principi matematici dell'astronomia; descrive i moti planetari, enumera le eclissi e dà un elenco delle 1.028 stelle a lui note. La parte più originale dell'opera, destinata a servire da fondamento a tuti i successivi calcoli astronomici fino a Keplero, èla teoria matematia ei moti dei pianetiu. In sostanza, secondo Tolomeo, l'Universo ècostituito da una serie di sfere concentriche, la più esterna delle quali è quella del primo mobile e la più interna è la Terra. I pianeti ,compreso il Sole e la Luna, godono di un movimento che è la risultante di più movimenti svolgentisi contemporaneamente, secondo orbite circolari, come voleva la tradizione pitagorica, ma con velocità diverse ed esprimibili matematicamente."

 

Certo, la rappresentazione del mondo contenuta nella grande opera tolemaica non era immune da errori; ma, come è stato possibile dimostrare mediante studi accurati, si tratta quasi sempre di errori quasi inevitabili, in quanto dovuti non a scarsa scrupolosità dell'autore, ma ad informazioni errate o incomplete che gli erano pervenute e che, dati i mezzi ed i metodi scientifici dell'epoca, egli non sarebbe stato comunque in grado di riconoscere come tali.

A questo proposito, scrive J. Innes Miller nel suo libro Roma e la via delle spezie, Torino, Einaudi, 1974, pp. 264-267):

 

 "Tolemeo d'Alessandria (…) cercò nella sua Geografia di fondere i principi della geografia matematica con la somma di notizie topografiche del tempo ricavate dai giornali di bordo dei capitani e dai diari dei viaggiatori. Alessandria fu il centro tanto  del mondo scientifico che di quello commerciale.(…) Il mondo di Eratostene era stato ingrandito sino a comprendere la Cina, il Sud-est dell'Asia, un'estensione meridionale dell'Africa orientale fino al Capo Prasum, i Monti della Luna nell'Africa centrale, e persino l'Africa occidentale tropicale. La Geografia di Tolemeo era costituita da una mappa, che presentava questa proporzione del globo, completa delle linee di latitudine e longitudine, da un indice delle località, di cui ciascuna aveva le sue coordinate, e da un esteso commento topografico, che, con l'indice, costituiva il testo. L'opera intera suddivisa in otto libri, relativi alle diverse aree. Sembra che l'opera sia giunta integralmente fino al Medioevo e che sia stata di ausilio ai geografi arabi nelle loro ricerche: Ibn Khurdadhbih, che nel IX secolo scrisse un Libro delle strade e elle province, ricorda di averla consultata e tradotta (sia dall'originale greco che dalla traduzione siriaca); anche Al-Mas'udi, morto nel 956 d. C., ammette di aver consultato la Geografia, compresa la mappa del mondo.

"Diversamente dall'epoca moderna. Le coordinate che stabilivano sulla mappa la posizione delle località non venivano determinate coi rilevamenti, ma con una stima basata sulle descrizioni dei viaggiatori.

"A parte i travisamenti dovuti all'inesattezza delle informazioni, specialmente sull?india, Ceylon, il Golfo Persico e la costa atlantica, gli errori contenuti nella mappa di Tolemeo non sono molti (…) I punti in cui la mappa differisce sia dalla geografia tradizionale che da quella moderna, possono ridursi a tre (…) e si può ritenere che Tolemeo non vi sarebbe incorso se non vi fosse stato indotto da relazioni basate su fatti concreti. Il primo punto di differenza è il non aver messo il mare a delimitare a oriente della Cina; il secondo è costituito dall'allungamento della Cina a forma di 'coda' o di lunga penisola, nella regione dell'Indonesia, fino a 10° sud; e il terzo consiste nella presenza della Terra Incognita all'estremità meridionale dell'Oceano Indiano, congiunta con l'Africa da una parte e con la proiezione della Cina o dell'Asia sudorientale dall'altra. (…) L'idea di un'estensione imprecisata del continente euroasiatico verso est proveniva sena dubbio dai resoconti che i mercanti di seta dell'Occidente facevano delle conversazioni da loro scambiate con i Sogdiani e con altri popoli; questi avevano a loro volta parlato con cinesi dell'interno, i quali non avevano mai visto il mare e per nominarlo usavano il termine hai, usato ugualmente per le paludi salate dell'Asia centrale. (…)

"Riguardo alla Terra Incognita, coloro che diedero a Tolemeo le informazioni sulla costa orientale dell'Africa potevano aver sentito dire che da Rhapta a Capo Prasum la terra volgeva a est, e quindi pensarono che la grande isola del Madagascar, che seguiva la linea di sud-est, fosse un continente. Così pure, sull'altro lato, quando i Giavanesi erano spinti dal vento lontano dalla loro rotta, lungo le coste nude dell'Australia nordoccidentale, possono aver pensato che la Terra Incognita facesse parte di un continente meridionale che si allungava fino all'Africa. (…)

"I nomi delle località sulla mappa tolemaica dell'oecuméne erano per intero un risultato dell'antico commercio. Tolemeo, come i suoi successori, dipendeva per le loro informazioni dai commercianti., La sua opera rappresentava la somma, a suo parere, delle conoscenze contemporanee in questo campo. I mercanti non erano propensi a rivelare tutti i loro segreti. Ma è probabile che alcuni di essi - un commerciante, un capitano marittimo, un finanziere che si imbarcava per un'avventura nuova, o qualcuno che rifaceva un viaggio verso oriente - volesse prima recarsi da Tolemeo a consultare la sua mappa. A loro volta, essi sarebbero andati da lui ad Alessandria per riferire, al loro ritorno. La produzione dei geografi da Eratostene in poi costituì una parte importante dell'eredità scientifica lasciata dai Greci; ma senza i matematici e gli astronomi da una parte e gli avventurieri mercanti dall'altra, la grande opera di Tolemeo, che lasciò ai posteri un quadro reale e non inesatto dell'unità del mondo antico, non si sarebbe potuta compiere."

 

In conclusione, Tolomeo è lo scienziato al quale l'Occidente deve la propria immagine fisica del mondo, così come Aristotele è il filosofo al quale esso va debitore della propria immagine intellettuale e spirituale, almeno fino alle soglie della modernità - e, in parte, ancora un poco al di qua di essa.

È curioso il fatto che, in realtà, anche la civiltà islamica condivida entrambi questi padri nobili del sapere con quella europea, dal momento che sia le opere geografiche e astronomiche di Tolomeo, sia quelle filosofiche di Aristotele, sono state un elemento essenziale della cultura araba medioevale; al punto che - come è noto - fu l'Europa occidentale a ricevere questa grande eredità del mondo classico (che altrimenti sarebbe andata perduta), grazie alla mediazione dei traduttori e dei commentatori arabi.

Insomma, più si studia la storia - la storia della scienza e del pensiero, in questo caso - e più si scoprono rapporti, legami, parentale fra la nostra civiltà e quella musulmana; nonché la funzione svolta dalla seconda  - ad esempio, nel campo della matematica - di ponte fra L'Europa e l'antica civiltà del subcontinente indiano.

È una circostanza che dovrebbe indurci a riflettere a fondo; specialmente oggi, che la dissennata politica imperiale statunitense vorrebbe trascinarci a rimorchio in una assurda guerra di civiltà con l'Islam: come se si trattasse di un mondo radicalmente alieno e non, piuttosto, di un mondo che per secoli e secoli ha costruito la propria cultura e i propri valori accanto a noi, talvolta contro di noi, ma sempre nel solco di una visione del reale che scaturisce dalle medesime radici della nostra.