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Le pietre angolari

di Ramy Zurayk - 04/03/2008

Crocevia tra l’Europa e l’Asia, tra il deserto e il mare, tra i mercanti della costa e i nomadi beduini, il Libano ha alle spalle una storia tumultuosa. Nei secoli è stato invaso e ripetutamente occupato; è stato un rifugio per gli oppressi o una meta per coloni ed emigranti, popolazioni che hanno arricchito la cultura locale con il loro sapere e le loro usanze. La posizione del Libano e la sua morfologia peculiare hanno contribuito a farne una culla della biodiversità botanica: è uno dei centri fondamentali delle specie storiche di grano, orzo, lenticchie e veccia, coltivata da più di 5000 anni. Tra le altre specie originarie del paese figurano le olive, i fichi, l’uva, il melograno e il carrubo. I cibi che se ne ricavano sono la base delle tradizioni locali.

Pur essendo un paese piccolo in confronto a molti suoi vicini, il Libano vanta una grande variabilità morfologica. Le due catene montuose, il Libano e l’Anti-Libano, che superano i 3000 metri di altezza, corrono parallele all’angusta pianura costiera. A nord (‘Akkar) e a sud (‘Amel), le montagne digradano in colline e pianure. Tra le due catene, a un’altitudine di 1000 metri, si trova l’altopiano della Biqa‘. Al di là dell’Anti-Libano sono il confine con la Siria, la steppa (Bādia) e il grande deserto arabo.

Le montagne trattengono le nuvole cariche di pioggia provenienti dal mare, dando al paese eccezionali risorse idriche; contribuiscono inoltre a creare microclimi che vanno da quello caldo mediterraneo a quello subalpino nella regione più elevata. Ne risultano una grande diversità floreale e la possibilità di estendere la stagione produttiva di molte messi, spostandosi lungo il gradiente altitudinale. Le montagne offrono l’opportunità della transumanza a capre e pecore, che possono pascolare lungo la costa o nella Biqa‘ d’inverno e spostarsi ad altitudini superiori d’estate. Ciò ha favorito l’allevamento, soprattutto nelle zone in cui la piovosità è insufficiente per un’agricoltura produttiva.

Grano e pane, latte e formaggio di pecora e di capra, uva e carrube sono cibi che nascono dall’interazione tra storia, ecologia e geografia. Costituiscono la pietra angolare delle tradizioni alimentari del Libano, sono l’espressione alimentare del paesaggio.

Il Libano è la patria di un gran numero di varietà di grano, non tutte classificate, raccolte e descritte. Molte delle varietà tradizionali per la panificazione si stanno estinguendo, a causa dell’invasione sui mercati locali, dagli anni Cinquanta, di grano a buon mercato, venduto sottocosto dall’Australia, dal Canada e dagli Stati Uniti. Sono sopravvissute solo le varietà usate per la produzione del burghul, il grano frantumato.

Il grano salamūni è una delle specie locali ancora coltivate, in particolare nella Biqa‘. È una varietà tenera con basse rese, ma è sopravvissuta in quanto ingrediente base del burghul. È tuttora possibile trovare la specie originale allo stato selvatico, fatto di grande importanza per la sua storia e costituzione genetica in un’area in cui la si coltiva intensivamente.

Si ritiene che il burghul sia un alimento di origine curda. Ne è accertata la presenza in Medio Oriente dal 1300 d.C., e dal 1600 gli arabi lo commerciavano sulla costa mediterranea. Fa ancora parte della dieta regolare dei paesi levantini, ma dopo la prima guerra mondiale è stato soppiantato in molti casi dal riso. Per farlo, si bolle per diverse ore in grandi pentole il grano intero, messo poi a seccare al sole. Questo procedimento ha luogo alla fine dell’estate dopo la mietitura. È un’attività comunitaria che vede riunite tutte le famiglie.

Il frīkeh o frīk, ossia il grano verde tostato, è una specialità di alcuni paesi arabi –Siria, Libano, Giordania ed Egitto – dove può sostituire il riso, a cui è nettamente superiore a livello nutrizionale. La parola frīkeh deriva dal termine arabo al-frīk, che significa “ciò che è sfregato”, in riferimento al processo di lavorazione che comporta lo sfregamento dei chicchi per eliminare la pula.

Per fare il frīkeh, gli steli del grano verde sono mietuti e raccolti in fasci e quindi tostati all’aperto su un fuoco di legna o carbonella per una decina di minuti, finché gli spini del chicco sono eliminati dal fuoco. Una volta raffreddato, si elimina la pula dal chicco, posto a seccare e lasciato intero o macinato grossolanamente. Il colore del prodotto finale è verdastro e la forma, se non è stato frantumato, ricorda quella del chicco di riso, al pari della consistenza. Ha un aroma di frutta secca e note affumicate ed è cucinato per accompagnare carni o verdure.

Il marqūq è una sottile focaccia cotta su una piastra bollente chiamata sāj, simile a un wok rovesciato. In origine era chiamato rūqaq, ma in Siria, Libano e Palestina fu in seguito ribattezzato marqūq. È il pane più semplice che si possa fare, l’originale pane rurale del Libano. Tuttora comune, alcuni panifici lo producono in modo semi-industriale. Il marqūq può essere più o meno spesso, da una frazione di un millimetro a un millimetroe il suo diametro può arrivare a 70 centimetri. Ogni forma è cotta singolarmente per 30-45 secondi, solitamente dalle donne che lavorano la pasta finché è del tutto spianata e la mettono su un cuscino rotondo prima di trasferirla sulla piastra bollente.

Il mishţāh el-jrīsh è un pane tipico del Libano meridionale (Jabal ‘Amel). Tradizionalmente, era prodotto durante la stagione del pellegrinaggio e consumato nei primi giorni del viaggio alla Mecca. Oggi è associato al mese del Ramadan ed è mangiato con labneh e olio d’oliva quando finisce il digiuno.

La parola mishţāh deriva dal termine arabo ’ishtah', ossia “appiattire”, e fa riferimento allo spessore del pane. Si ritiene che abbia origini iraniane e che sia arrivato in Libano dalla Persia per essere adottato dalla popolazione del Libano meridionale, che creò molte nuove varianti della ricetta base e vi aggiunse le spezie locali. La specificità del mishţāh el-jrīsh è data dall’uso di farina grezza di grano tenero con aggiunta di semi di anice e di sesamo e di mahlep, il frutto essiccato del ciliegio selvatico. Ogni regione del sud utilizza una mescolanza leggermente diversa di spezie. Questo pane, come tutti quelli storici, era tradizionalmente cotto nel fūrniyeh, un forno a legna di argilla. Oggi i forni a gas hanno sostituito i metodi tradizionali, ma non producono lo stesso caratteristico aroma.

La lavorazione del latte iniziò in Medio Oriente per riuscire a conservarlo per periodi più lunghi. Con il latte fresco si producono yogurt (laban), labneh e formaggio fresco. Si possono fare anche formaggi più stagionati come lo shanklīsh. Il labneh, rappresenta una fase di lavorazione più avanzata dello yogurt, ha un colore bianco-crema e una pasta morbida e soffice. Si spalma facilmente e ha un sapore tenue e lievemente acidulo. È un prodotto di uso quotidiano in tutto il Libano, dove in genere lo si consuma fresco, con un filo di olio di oliva e cosparso con pezzi di pita. È usato anche come ripieno per panini.

Il labneh si può fare con latte di mucca, di capra o di pecora. Quando è di buona qualità è fermentato utilizzando Streptococcus thermophilus e Lactobacillus bulgaricus, batteri cruciali per un processo fermentativo che trasforma il lattosio in acido lattico, rendendo il prodotto finale consumabile da chi è intollerante al lattosio.

Lo shanklīsh è l’unico erborinato originario del Medio Oriente. È in sostanza uno yogurt concentrato e scremato lavorato a mano, con una superficie esterna soffice, messo a maturare e ricoperto di timo e altre erbe. Può essere consumato dopo la maturazione per un paio di giorni o conservato in un recipiente a temperatura ambiente. A quel punto è colonizzato dai lieviti, tra cui il Debaryomyces hanseni e il Penicillum. Il proliferare di questa micro-flora gli conferisce un sapore caratteristico e ne aumenta la conservabilità, riducendo al contempo il rischio di contaminazioni a opera di organismi patogeni. Anche l’elevato contenuto di sale e la scarsa umidità contribuiscono alla conservazione.

Lo shanklīsh può essere prodotto con latte di mucca, di pecora o di capra e il latte usato ne influenza il gusto. Il latte è trasformato in yogurt agitato per estrarre la parte liquida. La parte restante, ricca di proteine, è scaldata finché solidifica e quindi salata e lavorata a mano per ottenere palle grandi come un pugno, messe ad asciugare al sole e poi fermentate in un vaso d’argilla per un mese. Il prodotto finale ha un aroma moderatamente pungente e lievemente muffato, con una nota amara percepibile. Ha naturalmente un basso contenuto di grassi e costituisce una fonte di proteine e calcio. Di solito è consumato come stuzzichino (meza) in pezzettini mescolati con cipolle finemente tritate, pomodori e peperoni verdi e condito con olio di oliva.

La melassa è un modo pratico per conservare la frutta mediante concentrazione e pastorizzazione. L’uva e la carruba sono la fonte delle due principali melasse dolci prodotte in Libano. Dibs el-‘inab, la melassa d’uva, è tipica delle regioni montuose in cui si producono grandi quantità di uve bianche. Ha un posto di rilievo tra i cibi conservati per l’inverno, i mūna, ed è associata alle feste che accompagnano la vendemmia. È fatta in casa dalle donne, di solito le più anziane.
Dopo avere spremuto l’uva, il liquido chiaro decantato si fa cuocere finché addensa e comincia ad aderire al cucchiaio. Una volta raffreddato, è mescolato energicamente per ossigenarlo, addensarlo e scurirlo.

Il dibs el-‘inab può sostituire lo zucchero in qualunque ricetta, ma di solito lo si usa come uno sciroppo concentrato: si aggiunge un cucchiaio di melassa d’uva a una tazza di acqua fredda con qualche goccia di acqua di zagare e ghiaccio tritato.

Il dibs el- kharūb, la melassa di carrube, si ottiene concentrando l’infuso prodotto immergendo in acqua i semi macinati dei frutti della Ceratonia siliqua, un albero sempreverde originario della Palestina, del Libano, della Siria e di Cipro. Il dibs el- kharūb è prodotto macinando i frutti lasciati nell’acqua per diversi giorni. Il liquido è concentrato bollendolo per ore, fino a raggiungere la viscosità desiderata. In questa fase il colore è marrone molto scuro, quasi nero. Una volta raffreddato, è messo in recipienti per essere conservato.

La melassa di carrube è usata in genere come alternativa allo zucchero e può essere mescolata e servita con una specialità libanese chiamata ţahina, una pasta di sesamo, ottenendo così un dolce tradizionale detto dibs bi ţahina.

Le terrazze di ulivi circondati da filari di viti, i campi di grano che ondeggia al vento, le greggi di pecore e capre disseminate sulle colline e qui e là qualche carrubo che offre rifugio dalla pioggia o dal sole: è questo il paesaggio di tanti villaggi del Libano, che ha sostentato la popolazione per generazioni e continua a sostentarla.

Nonostante la rapida urbanizzazione del paese, molti libanesi sono ancora legati alle loro tradizioni culinarie e continuano a consumare prodotti locali. Negli ultimi anni è nato un movimento a favore del ritorno alla terra, sorto perlopiù nei gruppi della società civile. Anche se queste iniziative sono ancora poco coordinate e di entità limitata, si comincia ad avvertire l’impulso dal basso. Cresce il numero di negozi che vendono prodotti tradizionali e nelle città principali sorgono mercati dei produttori. In assenza di politiche pubbliche nel settore agricolo, questo movimento è tuttora l’iniziativa più importante per preservare la cultura del cibo, il paesaggio e i mezzi di sussistenza nelle campagne.

Ramy Zurayk è un docente di Ecosystem Management presso l'American University of Beirut

Traduzione Davide Panzieri