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L’agricoltura familiare è la soluzione al cibo scarso

di Roberto Burdese - 04/03/2008

Come alimenteremo il pianeta in futuro? È la domanda più importante a cui saremo chiamati a rispondere nei prossimi anni, nel nord come nel sud del mondo. La crescita della popolazione, l’aumento dei consumi pro-capite, l’uso di piante alimentari per produrre combustibili, la riduzione dei raccolti a causa dei cambiamenti climatici e una serie di problematiche correlate a questi grandi temi, causeranno nel corso del XXI secolo ripetute crisi alimentari, più gravi di quelle che viviamo oggi (con la difficoltà di ridurre il numero delle persone che soffrono la fame e un rincaro diffuso dei generi alimentari in tutti i settori merceologici e su tutto il pianeta). È necessario correre ai ripari e iniziare a ripensare il nostro mondo: questo dovrà essere il secolo dell’agricoltura!
Lo sanno bene le donne e gli uomini de La Via Campesina, il più grande movimento contadino internazionale, fondato nel 1993 e al quale aderiscono oggi organizzazioni di 56 paesi del mondo. Per loro la risposta è semplice, visto che la praticano e la vivono quotidianamente: l’agricoltura familiare sostenibile e la sovranità alimentare sono la migliore soluzione alla crisi globale del sistema cibo. L’agricoltura familiare sostenibile, basata su realtà di media e piccola scala, offre risposte positive alla domanda di conservazione dei posti di lavoro, della salute delle persone e dell’ambiente, di garanzia delle necessità vitali (a partire ovviamente da quelle alimentari). La combinazione dell’attenzione alla sovranità alimentare - ovvero il diritto della gente a un cibo salutare, culturalmente adeguato - e della produzione con metodi ecologicamente responsabili e sostenibili, può aiutare i Governi a definire le proprie politiche agricole e alimentari senza penalizzare né subire le economie di altri paesi. Ma perché ci sia un futuro dell’agricoltura occorre, con urgenza, favorire una nuova migrazione di giovani verso la terra, perché senza giovani in agricoltura non ci sono speranze. E affinché i giovani possano trovare allettante investire la propria vita nel settore primario occorre che esso sia in grado di competere in termini di qualità complessiva delle proposte con gli altri mestieri. È questa la più grande sfida del nostro domani.