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Acquacoltura al veleno

di Vandana Shiva - 06/03/2008

Vandana Shiva
Vandana Shiva
"A causa degli allevamenti di gamberetti, le donne devono camminare 15 miglia per raggiungere una fonte di acqua potabile"

L’inno nazionale indiano inizia con le parole Vande mataram sujalam, suphalam, che signiicano «Mi inchino di fronte a te, madre ricca di acqua e di frutti». Si tratta di un omaggio tanto semplice quanto profondo alla nostra terra e alla ricchezza che ha sempre offerto alle popolazioni che la abitano. Attualmente però questa offerta naturale è compromessa: in molte zone costiere non c’è più disponibilità di acqua potabile, i contadini non possono coltivare la terra e i pescatori non possono lavorare. Tutto questo in conseguenza dei disastri ecologici provocati dagli impianti di acquacoltura per la produzione di gamberetti.
per ogni ettaro di estensione, un allevamento industrializzato richiede 120mila metri cubi di acqua di mare all’anno. Si tratta di importanti movimentazioni di acqua salata che creano gravi scompensi nell’ecosistema costiero, tra cui la salinizzazione delle falde acquifere. Ed è proprio per questo che si sono determinati gravissimi problemi di carenza di acqua potabile per le comunità che vivono nelle zone costiere. Le donne, in particolare, sono costrette a camminare anche per 15 chilometri per andare a prendere l’acqua, o a doverla pagare.

Questi problemi, uniti al fatto che molte altre risorse naturali sono ormai compromesse per gli squilibri ecologici, stanno spingendo tante famiglie a lasciare le loro terre originarie e a migrare lontano dalle zone costiere. Eppure, tradizionalmente, alcune zone della costa indiana sono il “paniere” del paese, in quanto particolarmente fertili. Il distretto di Nellore ad esempio, sulla costa sud-orientale, deve il proprio nome al termine Nellu, che in lingua Telugu signiica “riso”. Questo tesoro del riso nazionale non è ancora stato completamente distrutto dall’impatto degli impianti di acquacoltura per la produzione di gamberetti,
ma subisce un’importante pressione. Anche la fertile zona del delta del Cauvery, uno dei grandi iumi sacri dell’India, è ora messa in crisi dagli allevamenti di gamberetti industrializzati.

La distruzione delle Piantagioni di riso nelle zone costiere, tra l’altro, contribuisce a una maggiore esposizione del territorio alle inondazioni e a gravissimi problemi di disoccupazione e fame, con un accentuarsi delle tensioni sociali. L’allevamento di gamberetti richiede tra le 4 e le 6 tonnellate di mangime artificiale per ettaro e solo il 16,7% di questo cibo contribuisce all’aumento di biomassa dei gamberetti. La parte restante si trasforma in inquinamento, con uno spaventoso peggioramento della qualità delle acque sia nelle vasche di allevamento che nel mare e negli ecosistemi locali.

Questa dinamica di collasso ecologico porta alla chiusura degli allevamenti stessi, oltre che alla perdita di produttività degli estuari dei iumi e delle coste. In effetti gli impianti di acquacoltura sono intrinsecamente non sostenibili: se sono di genere “intensivo” hanno una vita media di 5 anni prima di arrivare al collasso ecologico, mentre gli impianti semiintensivi durano in media 15
anni e quelli estensivi impiegano circa 25 anni per arrivare al collasso. Al contrario, i sistemi di coltivazione mista caratteristici della zona sono intrinsecamente sostenibili, in quanto possono essere praticati per secoli senza portare all’esaurimento delle risorse naturali.
per la salvaguardia del paese, proprio dalle zone costiere si sta muovendo una nuova forma di protesta popolare che si è unita sotto la leadership del National action committee against coastal industrial aquaculture (Nacacia).

Le comunità costiere organizzano dimostrazioni di protesta contro una serie di impianti di acquacoltura che stanno continuando a distruggere gli ecosistemi in modo illegale, malgrado l’ordine di chiusura imposto dalla Corte suprema. Portano con loro la bandiera tricolore della confederazione indiana e cantano l’inno nazionale Vande Mataram. Dalle zone costiere del paese parte insomma un nuovo moto di rivendicazione di libertà, per le popolazioni e per il territorio. Dai suoi “margini”, sta nascendo una nuova India: un’India costruita sui principi della sostenibilità e della giustizia, della pace e dell’armonia, della democrazia e della diversità. La libertà dai margini, la libertà dei marginalizzati, sarà la vera ricerca di libertà per l’India. E la lotta per questa nuova libertà è appena iniziata.