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Gaza, il punto più basso degli ultimi quarant’anni

di Carlo M. Miele - 07/03/2008




Le condizioni di vita in cui versano i palestinesi della striscia di Gaza sono le peggiori da quando ha avuto inizio l’occupazione israeliana nel 1967.

A sostenerlo sono otto organizzazioni non governative britanniche - tra cui Amnesty International e Oxfam e Save the Children - che oggi hanno pubblicato un rapporto congiunto in cui chiedono l’immediata revoca dell’embargo imposto da Israele lo scorso 17 gennaio e l’apertura del dialogo con il movimento islamico Hamas, che controlla il territorio dal giugno scorso.

“La situazione di un milione e mezzo di palestinesi della striscia di Gaza è la peggiore dall'inizio dell'occupazione militare israeliana del 1967”, affermano le ong, ricordando che, in questo momento, l'80 per cento della popolazione palestinese dipende da aiuti alimentari e che la disoccupazione è arrivata al 40 per cento.

Lo stato di cose è anche peggiorato a partire dalla scorsa settimana, quando l’esercito israeliano ha lanciato un pesante attacco via terra nel nord della Striscia che ha causato più di un centinaio di morti, tra cui una metà di civili.

Per questa ragione – continua il rapporto – va subito tolto l’embargo contro la Striscia, che secondo Tel Aviv è volto a fermare il lancio di missili qassam contro le città israeliane, ma che di fatto si è trasformato in “una punizione collettiva illegale”.

"Se il blocco non viene tolto subito, sarà impossibile tirare fuori Gaza dal disastro e ogni speranza di pace nella regione verrà vanificata", ha dichiarato Geoffrey Tennis di Care International, una delle ong che hanno sottoscritto il rapporto.

Israele ha ritirato le sue truppe e i coloni dalla Striscia nel 2005, ma controlla ancora lo spazio aereo e marittimo, oltre che i passaggi di frontiera lungo il suo confine terrestre. Per questo – dichiarano le ong –resta forza occupante e mantiene i suoi obblighi nei confronti della popolazione dell’enclave palestinese, a partire dalla garanzia dell’accesso al cibo, all’acqua potabile, all’elettricità e alle cure mediche.

La via d’uscita, secondo il rapporto, sta nell’apertura di negoziati che includano tutte le parti coinvolte, compresa Hamas, considerata “organizzazione terroristica” da Israele, Stati Uniti e Unione europea.

Colpa dei palestinesi

Al rapporto delle ong ha risposto subito il ministero degli Esteri israeliano, affermando che le critiche andrebbero mosse ad Hamas piuttosto che allo Stato ebraico.

“Sfortunatamente – si legge in una nota del ministero - non è la prima volta che queste organizzazioni non tengono conto della realtà e della sequenza di eventi che ha portato al deterioramento della situazione nelle regioni sud di Israele così come nella Striscia di Gaza”.

Secondo il governo di Tel Aviv, la responsabilità dell’attuale situazione nella Striscia va attribuita agli stessi palestinesi che, “se solo cessassero i loro insensati e indiscriminati tiri di razzi e missili contro centinaia di migliaia di civili israeliani”, consentirebbero di tornare “a una normalità tale da permettere a israeliani e palestinesi di godere la loro vita quotidiana”.