Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Colombia senza vergogna

Colombia senza vergogna

di Siro Asinelli - 07/03/2008

 

 
Colombia senza vergogna



La vera minaccia per il continente latinoamericano sono le FARC. Lo ha sostenuto ieri il vice presidente colombiano Francisco Santos, a Bruxelles per una serie di incontri finalizzati ad illustrare alle autorità comunitarie i presunti risultati delle strategie anti guerriglia ottenuti negli ultimi mesi dal governo di Bogotá.
Un viaggio non casuale che avviene in piena crisi tra Colombia e vicini Ecuador e Venezuela dopo lo sconfinamento armato di forze speciali ed aviazione colombiane in territorio ecuadoregno. L’arrivo di Santos a Bruxelles serve soprattutto per portare acqua al mulino della presidenza di Álvaro Uribe che, incassata la prevedibile condanna dell’Organizzazione degli Stati Americani, vuole ora patrocinare la causa anti chávista in particolare, anti bolivariana in generale. Sullo sfondo i presunti legami di amicizia tra lo stato maggiore della guerriglia e le presidenze venezuelana ed ecuadoregna; ma soprattutto l’accusa rivolta direttamente al presidente Hugo Chávez di sostenere con armi e soldi la causa delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia. Per questo Santos si è aggirato tra i palazzi di Bruxelles portando sottobraccio le famose prove di queste tanto pericolose quanto supposte connivenze: fotografie, documenti, lettere che testimonierebbero il serrato scambio di idee tra le autorità di Caracas e Quito e i leader della guerriglia, oltre al traffico di armi e al sostentamento finanziario. Alcune di queste prove, trovate sui tre pc “miracolosamente” salvatisi dal bombardamento sul campo ove è morto il numero due delle FARC Raúl Reyes, sono già state rese pubbliche rivelando di fatto quanto già era a conoscenza dell’opinione pubblica internazionale: il Venezuela è in prima fila nella mediazione che sta portando ad un graduale rilascio degli ostaggi in mano alle FARC, e che Bogotá cerca di sabotare in tutti i modi per far prevalere la sua strumentale politica guerrafondaia; le FARC riconoscono al presidente Chávez il ruolo di mediatore imparziale; in virtù dei progressi fatti nello scambio umanitario e nel dialogo con la guerriglia, il capo di Stato venezuelano ha chiesto agli organismi internazionali, Onu ed Ue in particolare, di accettare l’idea che i gruppi insorgenti colombiani – quindi anche l’Esercito di Liberazione Nazionale di ispirazione guevarista – siano tolti dalle liste del terrorismo e siano considerati parte belligerante in un conflitto interno. Altri protagonisti della mediazione su scala internazionale e latinoamericana, grazie all’intervento di Palacio Miraflores, hanno avviato contatti diretti con la segreteria generale delle FARC nel tentativo di agevolare un futuro percorso di pace.
Questi sono dati di fatto inconfutabili, riscontrabili e testimoniati dalle cronache politiche internazionali. Le stesse FARC, appena ieri, hanno liberato altri quattro ostaggi sequestrati a metà gennaio. Eppure le autorità colombiane continuano a presentare una realtà parallela e opposta, con una tattica che rasenta spesso il ridicolo e che prevede una strumentalizzazione a tappeto di qualsiasi iniziativa provenga dal fronte non allineato agli Usa.
“Alla Colombia serve che la comunità internazionale - ha dichiarato Santos - comprenda la minaccia rappresentata dalle FARC, non solo per la Colombia ma anche per gli altri Paesi”. Una minaccia, secondo il vice presidente, che rischia di destabilizzare la pace. Ma la pace dei Santos e degli Uribe è evidentemente quella nordamericana. “Ciò che è incredibile e inaudito - ha denunciato ancora il vice capo di Stato - è che un’organizzazione terroristica dichiarata come tale dall’Ue, dagli Stati Uniti e dal Canada possa provocare un conflitto tra tre Paesi che storicamente hanno avuto buoni rapporti”. Amicizia perdurata almeno fino a che negli altri due Paesi non ha prevalso un rinnovato senso di dignità e riscatto contro la sudditanza ai voleri dei ‘gringos’.
La Colombia ha ora un impellente bisogno di criminalizzare Chávez ed i suoi alleati e lo fa, guarda caso, proprio mentre in ballo ci sarebbe stata la possibilità della liberazione di Ingrid Betancourt che per Casa del Nariño significherebbe la dimostrazione definitiva del fallimento delle sue strategie belliche. Il fallimento, quindi, del Plan Colombia stilato dall’amministrazione Usa e delle politiche aggressive di Uribe. Non a caso, ogni qualvolta si prospetta la liberazione di ostaggi in mano alle FARC, le Forze Armate colombiane vengono mobilitate in massa. La morte di ostaggi, meglio ancora se eccellenti come la Betancourt, a questo punto finirebbe per portare acqua al mulino uribista ed alle tesi made in Usa della guerriglia come espressione del famigerato quanto fumoso “terrorismo internazionale”.