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Flussi di materia: da una porta escono e da quell´altra rientrano...

di Alessandro Farulli - 08/03/2008

Uno studio dell´Environmental Outlook dell´Ocse
Rifiuti e flussi di materia sono l’argomento di uno dei più importanti capitoli (numero 11) dell’edizione 2008 dell’Environmental Outlook 2008 presentato ieri dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Questo capitolo si concentra sulle materie di base dell´economia globale, e la produzione e gestione de rifiuti urbani nei paesi Ocse e non Ocse. L’Ocse riassume in alcuni “messaggi chiave” le criticità del contesto. Al primo punto pone quale «notevole rischio per la salute umana e per l´ambiente» le «spedizioni illegali e la cattiva gestione del fine vita dei materiali e dei prodotti». Al secondo punto pone come «l’enorme sfida dei prossimi decenni» la «gestione dei rifiuti urbani in rapida crescita nei paesi non Ocse».

Terzo “messaggio chiave”, «la produzione di rifiuti urbani è ancora in aumento nei paesi Ocse, ma ad un ritmo più lento rispetto al 2000. C’è stato un disaccoppiamento relativo ( per unità di prodotto, ndr) nella produzione di rifiuti urbani nei paesi Ocse rispetto alla crescita economica, ma la produzione assoluta di rifiuti continua ad aumentare». Il quarto messaggio è la già citata criticità che «con la continua crescita della domanda mondiale di materie prime e la quantità di rifiuti generati e smaltiti, le politiche convenzionali di gestione dei rifiuti da sole potrebbero non essere sufficienti».

Le attuali politiche di gestione dei rifiuti sono riuscite a sottrarre una crescente quantità di materiali pregiati dalle discariche indirizzandoli al ri-impiego, alla rigenerazione e al recupero, riducendo così notevolmente gli impatti ambientali associati, compresi quelli dei gas a effetto serra (GHG) emissioni. La previsione al 2030 per i paesi Ocse è una crescita della produzione dei rifiuti urbani e una diminuzione considerevole del ricorso alle discariche.

L’Environmental Outlook 2008 spiega che «questi ultimi decenni hanno visto una crescita senza precedenti nella popolazione e dell’economia del benessere per una buona parte del mondo. Questa crescita è stata alimentata da un altrettanto consumo senza precedenti di risorse e di materia e dei relativi impatti ambientali, compresa la conversione ad uso umano di grandi porzioni del mondo naturale, che inducono preoccupazioni circa il fatto di quanto le risorse naturali del pianeta siano in grado di sostenere tale crescita (Huesemann, 2003; Krautkraemer, 2005)». Poi snocciola alcuni numeri esemplificativi: dal 1980, l´estrazione di risorse globali (in massa) è aumentato del 36%, e si prevede che crescerà fino a 80 miliardi di tonnellate nel 2020 (modello di Ginforms). Tassi di crescita e di intensità di estrazione variano a seconda della materia e tra le regioni del mondo. Sostanzialmente comunque rispetto all´uso di risorse a livello mondiale e di approvvigionamento delle materie prime, anche i paesi non Ocse, in particolare Brasile, Russia, India, Indonesia, Cina e Sud Africa (paesi BRIICS), stanno recuperando fino a livelli dei paesi Ocse. I metalli minerari sono soggetti ai tassi più alti, e si stima che raddoppieranno: da 5,8 miliardi di tonnellate nel 2000 a più di 11 miliardi di tonnellate nel 2020. Su base pro capite, l´estrazione di risorse sono più alte nella zona Ocse, particolare in Nord America e nella regione Asia-Pacifico, e si prevede che crescerà ulteriormente per raggiungere circa 22 tonnellate nel 2020, soprattutto a causa della crescente domanda di carbone, metalli e minerali costruzione. Livelli di estrazione elevati sono attesi e stanno crescendo soprattutto nei paesi BRIICS tanto che nel periodo considerato si prevedede il raggiungimento di 9 tonnellate per persona nel 2020, con una crescita del 50% (Giljum et al., 2007). Il rapporto nel 2020 tra Ocse e non Ocse – ci sembra giusto evidenziare – che resterà comunque 22 a 9.

Su una base per unità di Pil, viene poi spiegato, i paesi Ocse hanno diminuito la loro intensità di estrazione negli ultimi decenni, riflettendo alcuni disaccoppiamenti di estrazione dalla crescita economica. Questa tendenza dovrebbe proseguire fino al 2020. I principali driver di questo disaccoppiamento sono: cambiamenti strutturali, ovvero progressivo abbandono ( ma sarebbe più esatto dire spostamento o delocalizzazione ) del settore primario e di quello secondario verso il settore dei servizi (effetto strutturale); l´aumento della domanda di materiali più efficienti (effetto tecnologico); l’aumento dell’importazione di materia (effetto del commercio), a causa dell’outsourcing di materiale ad alta intensità le cui fasi di produzione ( appunto) vengono svolte in altre regioni del mondo.

Da segnalare cosa dica il rapporto sui rifiuti pericolosi (Hazardous waste): Sebbene dati affidabili sono difficili da ottenere, le migliori stime disponibili indicano che la quantità di rifiuti pericolosi generati nei paesi Ocse era di 115 milioni di tonnellate nel 1997, o il 2,5% del totale dei rifiuti (OCSE, 2001a). Tale importo può essere aumentato leggermente nel periodo 1997-2001. All´interno di questo arco di tempo, 19 paesi OCSE riportano in aumento la generazione di rifiuti pericolosi, 3 in diminuzione, 3 nessun cambiamento, e 5 non hanno fornito alcun dato. Allo stesso tempo, il PIL è aumentato del 18% e la produzione industriale è cresciuta del 19% (OCSE, 2005). Nell´UE-25, la produzione di rifiuti pericolosi è aumentata, tra il 1998 e il 2002, del 13%, mentre il valore aggiunto lordo è cresciuto del 10% (Eurostat, 2005).

Per i rifiuti industriali ( speciali) non pericolosi, il rapporto dice che «La produzione in gran parte dei paesi Ocse è stabile dalla fine degli anni ‘90 ( nonostante le delocalizazioni produttive). Tra le ragioni di questa situazione, le misure di riduzione dell´ inquinamento; la esportazione dei rifiuti ad alta intensità verso paesi non Ocse, e il conseguente aumento delle importazioni di semilavorati o prodotti finiti da paesi non-Ocse a paesi Ocse (Bringezu, 2006; Giljum et al., 2007; ETC / RWM, 2007a). Studi dell´UE-15 (AEA, 2005) suggeriscono, tuttavia, che il volume di rifiuti non pericolosi dell’industria aumenterà di circa il 60% tra ora e il 2020. Inoltre vi è poca o nessuna informazione disponibile relativa alla gestione di tali rifiuti». E ciò, aggiungiamo noi, concorre a rendere impercettibile (anche se più grave dei rifiuti urbani) il problema nell´opinione pubblica.

All´interno delle regione Ocse, l´aumento dei rifiuti urbani è stata di circa il 58% (2,5% / anno) dal 1980 al 2000, e del 4,6% (0,9% / anno) tra il 2000 e il 2005. Durante quest’ultimo periodo, il numero delle famiglie è aumentato di circa il 4% (0,8% / anno), la popolazione è aumentata del 3,6% (0,7% / anno), il Pil è cresciuto del 11% (2,2% / anno), e il consumo privato finale è aumentato del 13% (2,6%/anno). Questi dati propongo pertanto un considerevole disaccoppiamento tra la crescita economica e la produzione di rifiuti urbani, tuttavia, come detto prima, la riduzione della crescita della produzione di rifiuti urbani rispetto alla crescita economica tra il 2000 e il 2005 non va equivocata con la riduzione assoluta: l´aumento complessivo è continuato.

Con questi presupposti, e non assumendo nuove politiche economiche, la generazione di rifiuti urbani, secondo il rapporto prevede un aumento dal 2005 al 2030 all´interno della regioni Ocse del 38% (1.3% anno). L´Ocse prevede inoltre che circa il 45% dei rifiuti urbani all´interno della zona Ocse dovrebbe andare in discarica nel 2020, il 25% potrebbe essere incenerito, e il 30% potrebbe essere riciclato o compostato. Poiché la maggior parte delle attuali politiche di gestione dei rifiuti, come ad esempio deviazione dei rifiuti biodegradabili dalle discariche all´interno dell´Ue, saranno attuate entro il 2020, si presume che il tasso di riciclaggio continuerà ad aumentare fino al 2020, ma poi gradualmente rallenterà. Il rapporto sottolinea inoltre che una «recente revisione internazionale delle analisi del ciclo di vita (LCA), ha chiaramente dimostrato che il riciclaggio dei materiali raccolti è solitamente più a ridotto impatto ambientale rispetto alle altre opzioni di gestione dei rifiuti» ma le seconda legge della termodinamica indica i limiti anche per questa pratica.

Ma come metter mano ai flussi di materia per ridurre poi anche i rifiuti? «Durante la fine degli anni 1990 – spiega il rapporto - , è divenuto evidente che la politica dei rifiuti che ha affrontato solo la fine del ciclo di vita di prodotti e materiali non è stata efficace nel ridurre la quantità crescenti di rifiuti. Questo ha stimolato un nuovo accento sulla gestione integrata dei rifiuti e dei materiali per una politica che affronta l´impatto ambientale lungo tutto il ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, e questo è l’approccio Ocse per la gestione sostenibile dei materiali».

«Ci sono anche molti altri esempi di "nuova generazione" di politiche della gestione dei rifiuti e dei materiali – prosegue il rapporto - , come ad esempio l’approccio giapponese 3R (Ridurre, Riutilizzare, Riciclare); l’Economia Circolare della Cina; strategia dell´Unione europea per un uso sostenibile delle risorse naturali attraverso prevenzione e riciclaggio dei rifiuti (società del riciclo); oppure la US´s Beyond RCRA: la Gestione dei rifiuti e dei materiali nel 2020.. Queste politiche integrate normalmente selezionano i prodotti, le materie e le attività più ambientalmente nocive. E pongono l´accento su una migliore efficienza della materiale, la riprogettazione e il riutilizzo dei prodotti, il riciclaggio di fine del ciclo di vita dei materiali e dei prodotti e sulla corretta gestione dei residui (norme di gestione). Queste politiche integrate mettono in conto anche la "carbon agenda”, e quindi pongono particolare attenzione alla riduzione al minimo dei rifiuti organici in discarica».

Il rapporto sottolinea poi che servono ulteriori azioni per affrontare il continuo aumento della generazione di rifiuti urbani. Ciò richiede l´esame di un più ampio uso di strumenti integrati con l’economia, quali normative e strumenti di informazione e come pure i partenariati pubblico-privato, al fine di affrontare gli impatti ambientali negativi della crescente quantità di rifiuti e favorire economicamente ciò che è efficiente ed ambientalmente migliore. Per quanto riguarda i rifiuti urbani, il rapporto fa l’esempio di strumenti di politica di responsabilità estesa del produttore in modo da migliorare considerevolmente i tassi di recupero e di efficienza».

Se le problematiche esistono nei paesi Ocse non può andare meglio negli altri, infatti il rapporto spiega nei paesi BRIICS le politiche di gestione integrata dei rifiuti in linea di massima sono in atto ma la loro attuazione è debole perché le infrastrutture di gestione dei rifiuti sono ancora sottosviluppate. Il risultato è che circa il 50% di tutti i rifiuti non sono raccolti e / o trattati in modo appropriato. Una chiave per il futuro – dice il rapporto - sarà quindi aiutare questi paesi ai quali potrebbero dare un importante contributo la condivisione delle informazioni sui costi e sui benefici delle pratiche finalizzate a una corretta gestione dei rifiuti. Nel resto del mondo, la priorità è quella di sviluppare una forte legislazione in materia di rifiuti, e di ricevere l´accesso al know-how (e finanziamento) per la creazione di capacità e corretta gestione dei rifiuti delle infrastrutture.
La chiave di volta strategica sarebbe il riorientamento dell´economia (flussi di energia e di materia) verso la sostenibilità. Ma per questo crediamo si debba aspettare. Peccato che la variabile tempo sia tutt´altro che ininfluente.