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Il partito che non c'è. La decrescita oltre la destra e la sinistra

di Paolo De Gregorio - 08/03/2008


Il giornalista Gian Antonio Stella, autore de "La Casta", ammette clamorosamente, visto che il suo giornale è il "Corriere della Sera" (organo del partito unico della Confindustria), che il mondo "è pieno di sfruttati e sfruttatori" e si chiede perché gli operai del Nord-est non votino Rifondazione Comunista, anzi in paesi ad altissima densità operaia i risultati sono 2,7% ad Arzignano, 2,7% a Carrè, 2% a Rosà, 1,8% a Rossano Veneto, 1,6% a Zermeghedo.
Naturalmente si capisce che la cosa non gli dispiace, e quanto alla causa di questo appecoronamento degli operai rimanda ad una vaga "complessità" del problema.
Praticamente nessuno in Italia, almeno nei grandi mezzi di informazione, fa chiarezza su un aspetto fondamentale che ha causato una mutazione genetica dei partiti politici. Questo "strappo" storico avviene 30 anni fa quando i due grandi partiti storici, la DC e il PCI, gli unici ad avere un rapporto organico e organizzato sul territorio con grandi masse di lavoratori, abbandonano questo terreno per spostarsi verso il più comodo "PALAZZO" e gli studi televisivi,dove progressivamente sono tutti diventati "CASTA" intoccabile e impunita, facendo della RAI uno strumento al loro servizio.
Se si somma questo processo al progressivo e metodico cedimento della sinistra sui suoi principi fondanti, fino al centrista Veltroni, dobbiamo constatare l'abbandono sostanziale di un progetto che facesse intravedere alla classe operaia un futuro non subalterno e una speranza di cambiamento.
Il mondo cattolico ha risentito anche esso della disgregazione della vecchia DC, ma la struttura capillare della Chiesa cattolica ha mantenuto un rapporto con le classi lavoratrici subalterne conservando una certa identità. Identità scomparsa, invece, nelle file della sinistra abbandonata dai suoi dirigenti.
I sindacati, legati a doppio filo alla politica, hanno fiancheggiato questo processo, fatto di continui cedimenti, fino alla attuale situazione in cui quasi tutti i lavoratori si sentono precari, ricattati, licenziabili, delocalizzabili, con un aumento dei morti sul lavoro.
Vorrei dire a Stella, e anche a quei marxisti-leninisti che ci propongono formulette, che capitale e lavoro, se non sono antagonisti, sono due facce della stessa medaglia, e gli operai fanno il tifo per i padroni e votano per Berlusconi perché è l'unico sistema che funziona e l'alternativa non c'è.
Naturalmente operai e padroni sono alleati nel cercare più sviluppo, più lavoro, più consumi, fregandosene dell'ambiente che ormai è al collasso, se ne fregano della pace e lavorano allegramente per produrre strumenti di morte. Entrambi non vogliono sentire parlare di decrescita, di sostenibilità, di riduzione dei consumi e delle nascite, di riconversione energetica e della fine della dipendenza dal petrolio.
Oggi vi è una profonda omologazione nel "pensiero unico" che accomuna padroni e classe operaia in un identico progetto di sviluppo.
Il partito che non c'è, e che rende inutile votare, è quello che nascerà necessariamente per fronteggiare i disastri che si avvicinano.
Finalmente si avranno due soli schieramenti, uno sarà quello di chi vuole continuare questo modello di sviluppo (il PIL innanzi tutto), che va da Storace a Bertinotti. L'altro che vuole l'esatto contrario, ossia mettere regole all'economia che la rendano compatibile con gli equilibri della biosfera, uscendo dalla globalizzazione a favore della produzione per i consumi interni, che preveda il superamento della schiavitù del lavoro salariato a favore del piccolo modo di produrre e della cooperazione, che preveda la riconversione energetica con il solare, la riduzione drastica degli inquinanti. fondando una nuova agricoltura biologica per tutti, non più una lira per  spese militari e Concordati con i preti, e diminuzione progressiva della popolazione che in Italia dovrebbe essere la metà, se volessimo veramente essere autosufficienti e sostenibili rispetto al nostro territorio.
Paolo De Gregorio