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Galápagos, fra rischi e speranze

di Marinella Correggia - 08/03/2008


 

Isole Galápagos, presto lontane anche dal greggio? Nel 2015, secondo i piani del governo ecuadoriano e del presidente Rafael Correa, il mitico arcipelago scoperto 500 anni fa dovrebbe diventare una terra quasi «fossil fuel free»: libera dai combustibili fossili. Non che sia cosa facilissima come potrebbe sembrare a prima vista: se iguane, tartarughe, uccelli marini e pesci non consumano carburante, ne consumano tanto i 30mila abitanti stabili e soprattutto gli oltre 120mila turisti che arrivano ogni anno sulle 13 isole più grandi e sulle 17 più piccole, là a 1.000 km dalla costa dell'Ecuador.
Quasi tutto il fabbisogno delle isole è importato dal «continente», compreso il carburante. Nel 2001 una nave cisterna si scontrò con una barriera corallina a San Cristóbal. Ne fuoriuscirono 150.000 galloni di carburante. Solo per fortuna le correnti portarono la macchia mortifera in mare aperto, lontano dalle isole. Salvi solo per un pelo la flora della costa e animali che non esistono altrove nel mondo.
In quella circostanza il rischio di una catastrofe ambientale assoluta indusse alcuni governi a entrare in partenariato con l'Ecuador, il Programma per lo sviluppo delle nazioni Unite (Undp) e nove delle principali compagnie elettriche del mondo per realizzare il San Cristóbal Wind Project. Il 50 per cento dell'energia che serve all'isola San Cristóbal (6.100 residenti stabili) è prodotto da tre turbine eoliche di 800 kilowatt. Il progetto è stato attentamente monitorato dopo che il presidente ecuadoriano ha dichiarato lo stato di emergenza per le isole, nominando un nuovo governatore provinciale e limitando turismo, permessi di residenza, voli (già, oltretutto il fatto che sulle isole si arrivi sempre e solo volando rende queste visite onerose per il clima, non foss'altro che per il viaggio).
Lo stato di emergenza è conseguenza di un boom turistico che fa delle Galápagos una delle aree latinoamericane che conoscono la crescita economica più veloce. Una serissima minaccia a un ecosistema unico, protetto fino a poco tempo dal lunghissimo isolamento. Il 97 per cento dell'arcipelago è protetto ed è stato dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura). Ma un rapporto proprio di questa organizzazione è allarmante: il turismo, l'immigrazione illegale, la pesca e l'invasione da parte di specie aliene sono rischi mortali.
Le valutazioni ambientali sul progetto eolico ha condotto a modifiche sostanziali al progetto per minimizzarne non solo l'impatto visivo ma anche quello sulle rare creature delle isole. Le tre turbine hanno dovuto trovare una nuova collocazione per non essere troppo vicine alle aree di nidificazione della procellaria Pterodroma phaeopygia, seriamente minacciato di estinzione. Per salvaguardarla sono anche stati interrati tre chilometri di linee di trasmissione. Secondo il gestore dell'impianto eolico nessun volatile (di nessuna specie) è stato ucciso dall'inizio delle attività, lo scorso ottobre. Chissà.
Comunque l'energia dal vento è il primo stadio di un programma più vasto dell'Ecuador e dell'Undp per portare energia rinnovabile alle cinque isole abitate dell'arcipelago. Giorni fa è stata annunciata la costruzione nell'isola di Santa Cruz di un impianto eolico-solare con generatori azionati ad agrodiesel.
Ovviamente centrale nel piano ambientalista per le isole sarà il risparmio di energia: una maggiore efficienza dagli elettrodomestici alle auto (con la conversione a quelle elettriche che si potrebbero caricare di notte, nelle ore in cui l'elettricità generata dagli impianti eolici è in surplus).
Quel che aiuterebbe le Galapagos a superare la dipendenza dai fossili sarebbe anche un provvedimento fiscale; finora il prezzo del diesel è sussidiato da Quito, così il costo in quelle lontane terre emerse è lo stesso che nella capitale ecuadoriana. Rimuovere questi sussidi renderebbe l'energia rinnovabile, eolica e non solo, davvero competitiva.