Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Lavoratori uccisi due volte

Lavoratori uccisi due volte

di Giuliano Corà - 10/03/2008

       

 

Active Image

Non c’è molto da dire, i fatti sono sotto gli occhi di tutti. Da sempre la piaga delle morti bianche è una tragedia nazionale ed entrare in fabbrica o al cantiere è, per i lavoratori italiani, un rischio non calcolato, ma "necessario". Certo, le misure di sicurezza sono sempre esistite, e gli ispettori pure, ma chiunque abbia parlato qualche volta con un operaio sa bene con quanta "distrazione" troppo spesso quelle ispezioni vengano fatte, ed anche quanto spesso siano proprio gli operai a violare volontariamente quelle norme.
Stupidi? Suicidi? No: semplicemente presi per il collo, come si suol dire. Se una protezione, un paio di scarpe da lavoro, una mascherina rallentano i movimenti e dunque la produzione, certo il padrone non dirà al lavoratore di togliersele e fare più in fretta, ma sarà lui stesso a capire da solo che, se vuole tenersi il posto, gli conviene darsi una mossa, e non star lì guardar troppo per il sottile.
Poi, eventualmente, la "fatalità". Queste "fatalità" sono andate aumentando, in questi ultimi anni, in assoluto e in percentuale. Mano a mano che il Pil è divenuto la nuova Divinità, e l’aumento della produzione il misuratore del grado di felicità della Patria Nazionale e della Grande Patria Globalizzata, tutto il resto è passato in secondo piano, in nome appunto di un Progresso cui tutto può essere sacrificato.
E così leggiamo sui giornali: sette operai fritti alla Thyssen Krupp (in una linea di produzione notoriamente vecchia ed obsoleta, sulla quale perciò non "valeva la pena" di spendere in manutenzione), cinque gasati a Molfetta (tra i quali, ironia della sorte, il padroncino, vittima della sua stessa creatura), più la minutaglia quotidiana di folgorati, caduti dalle impalcature, schiacciati dalle ruspe e via ammazzando.
Le nostre care istituzioni si scandalizzano – o fingono di scandalizzarsi – e decidono di varare nuove normative, che prevedano anche solo pochi mesi di carcere per quegli imprenditori che non rispettino le norme. E qui abbiamo avuto il secondo scandalo, quello vero.
Non contenti degli immensi profitti accumulati con il "Progresso", impudenti di fronte a questi morti, ma soprattutto ben consci di tenere tutti quanti sotto ricatto, come un sol uomo gli imprenditori italiani si sono levati a difesa del proprio diritto all’impunità. E’ come se chi commette un crimine – perché questo è, praticamente sempre, un incidente sul lavoro – avesse poi il diritto di metter bocca nella legislazione che punisce quel crimine. Montezemolo si è scatenato, e pescando nel più greve immaginario berlusconiano è andato a parlare di "ultimo favore alla sinistra populista" (e bolscevica no?). E il governo, supino, lo ha ascoltato, ammorbidendo la legge.
Le "istituzioni" non contano niente, e soprattutto di tutt’altro si occupano che non del "bene comune". Sono le caste che comandano, che decidono quello che conviene a tutti – cioè a loro! – che dettano legge e leggi, che decidono della nostra vita e del nostro futuro. In questo caso, la casta di chi ha costruito questo Progresso mostruoso, questo Moloch che ci divorerà tutti.
E la politica? Non aveva torto Marx, quando scriveva che "i governi sono i comitati d’affari degli imprenditori". Che ammazzano i lavoratori prima risparmiando sulla sicurezza, e una seconda volta manovrando la politica per continuare a risparmiare sulla pelle dei propri dipendenti.