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Con Alemanno la democrazia cristiana torna protagonista!

di Lorenzo Borré - 10/03/2008

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Sembrerebbe l'affermazione malevola di un denigratore, ma è  lo slogan di una delle formazioni politiche che supportano la candidatura del parlamentare pidiellino alla carica di sindaco di Roma.

L’affermazione del poster elettorale è peraltro confermata, nella sostanza, dall'outing neocentrista fatto da Giovanni Alemanno nell'editoriale "un atto di amore per l'Italia", piatto (e come tale meritato) elogio funebre di Alleanza Nazionale, in cui il travaglio è espresso in una poco convincente  concatenazione sintattica di frasi fatte e  luoghi comuni.

L’aver sciamanicamente condito il discorso con parole magiche (comunità nazionale,identità, grande momento storico, opporsi al declino) si risolve in un inutile e piatto  esercizio retorico:  Alemanno invoca il "Grande Partito" quale volano salvifico della Nazione, senza (voler) considerare che anche la sua parte politica è responsabile del declino italiano; ed è infatti sintomatico che l'aspirante sindaco non abbia indicato l'ubi consistam della primazia morale e politica del centrodestra.

Fatti e cifre smentiscono la campana alemanniana: la classe politica aennina non si è affatto mostrata antropologicamente diversa da quella degli altri partiti (e comunque una eventuale diversità non si è manifestata con il mostrarsi migliori degli altri) ed è singolare che si pretenda di saper cogliere le occasioni politiche quando l'esperienza ha dimostrato che aenne si è sempre dovuta adattare ai cambiamenti di rotta altrui,  che siano stati dettati dai rivolgimenti della Storia o, più banalmente, come in questo caso, da Berlusconi.

Il percorso di Alemanno rende scettici sulla sua reale possibilità di cambiare il quadro politico italiano, quando solo si consideri che,nonostante il suo seguito,  non è riuscito ad affermare le proprie posizioni neanche nell’alveo del proprio partito.

Per fare qualche esempio: Alemanno  si professava terzaforzista, antinuclearista, antisionista e culturalmente avversava quella che, allora, si definiva “american way of life” e ora si chiama occidentalismo.

Oggi è un convinto filosionista, un fiero e affidabile alleato degli Stati Uniti, si richiama ai valori dell'Occidente, ed entra a testa alta in un partito che ha, nel suo programma politico, la reintroduzione del nucleare.

I revirement  non sono solo questi, e non ho neanche citato i più eclatanti. Ma il quadro è sufficiente per comprendere in cosa consistano il realismo e il radicamento evocati da Alemanno.

E che dire della esortazione alla  sobrietà? Lasciando perdere le cronache mondane e festaiole di questi giorni, rimane comunque la domanda: quando mai Alemanno e i suoi sodali hanno mostrato sobrietà? mortadella e champagne rimarranno a lungo lo stigma di questo centrodestra sobrio e serio.    

Il caso Alemanno è comunque solo una cartina di tornasole. La parabola del deputato pidiellino è simile a quella di tanti altri ex duri e puri che catechizzavano i neofiti del Fronte della Gioventù dando loro da leggere "la Guardia di Ferro" e "i Leoni Morti" e che ora campano o campicchiano grazie alla politica o meglio:grazie agli incarichi reperitigli dalla social security del partito.  

 

Difficile che questa gente eviti il declino dell'Italia. Impossibile.

Ma non bisogna perdersi d'animo. 

Gli amici che mi rimangono, che emblematicamente non fanno parte di aenne,  sono persone che quotidianamente fanno il proprio dovere senza attendersi  favori in cambio,  con onestà e rigore. Non si frequentano per tornaconto, ma per comunità di spirito. Aiutano gli altri per solidarietà e non per clientelismo. Vivono sobriamente, e non per posa. 

In loro confido e mi dico:la marea sta montando, ma non la temiamo perchè  abbiamo principi saldi e sappiamo  tener duro. 

Il combattimento dura tutta la vita.

 

Lorenzo Borrè

  


 


UN ATTO D’AMORE PER L’ITALIA
(di Gianni Alemanno) - Anche a Fiuggi abbiamo sofferto, anche a Fiuggi il cambiamento era stato repentino, ma abbiamo sacrificato le forme del passato per fare un grande atto di amore nei confronti dell’Italia. Tutto questo non deve essere vuota retorica, chiacchiere per nascondere qualche comodo trasformismo. Oggi, ancora una volta, siamo chiamati a una nuova sfida: creare un grande soggetto politico per cambiare l’Italia.

Lo percepiamo tutti: ci troviamo a vivere un momento di cambiamento e dobbiamo, per il bene dell’Italia, riuscire a gestirlo e a governarlo fino in fondo.
I quadri e dirigenti di Alleanza nazionale sono chiamati ad affrontare questa fase estremamente importante per la vita politica italiana, senza paure ma anche senza trionfalismi infantili. Occorre affrontare questo evento con il realismo e con la consapevolezza necessari nei grandi momenti storici e nei passaggi politici fondamentali. Altrimenti, si rischia di procedere troppo lentamente, col freno a mano tirato, senza riuscire a cogliere le grandi occasioni politiche che ci sono di fronte; oppure di andare troppo veloci, in modo disinvolto, con il rischio di scivolare sulle prime avversità.
Gli uomini e le donne di An devono tirare fuori la loro parte migliore: il realismo, il senso di responsabilità e il radicamento nei valori, e trasferirli all’interno del Popolo delle libertà. Con la consapevolezza che nessun grande cambiamento politico è stato promosso e governato da piccoli partiti. Quando si deve marcare un’impronta politica forte, quando bisogna imprimere a una comunità nazionale una grande accelerazione per il cambiamento, questo può essere fatto soltanto da grandi formazioni politiche in grado di raccogliere un ampio consenso.
An aveva già creduto in questa sfida, lanciando, prima della nascita del Pdl, il progetto “Alleanza per l’Italia”. Di fronte alla retorica del declino e ai problemi del nostro Paese, c’è bisogno di qualcosa di più grande di An: c’era e c’è bisogno di una grande alleanza di tutte le forze che vogliono dire “no” al declino e che vogliono costruire un destino diverso per la nostra nazione.
Oggi siamo di fronte a una sfida epocale, che deve essere affrontata con la massima determinazione e con la convinzione che, se non saranno invertite le attuali tendenze, la situazione del nostro Paese potrebbe diventare davvero drammatica.
Viviamo in tempi di emergenza e di cambiamento, che richiedono una politica all’altezza delle sfide in atto: se le comunità nazionali non si svegliano, non cambiano radicalmente e rapidamente pelle, rischiano di non riuscire a sopravvivere neanche più come unità statuali. Questo è il quadro che abbiamo di fronte. Guai, in questi momenti difficili, a pensare solo al proprio particolare, a contemplare con splendida attenzione il proprio ombelico. Questo è il tempo in cui si deve ripartire dalle basi ideologiche, programmatiche e culturali che da sempre ci hanno caratterizzato. Infatti, ci siamo sempre ispirati all’idea che, prima dei partiti e prima delle appartenenze particolari, ci fosse il bene comune rappresentato dall’Italia, un bene comune di fronte al quale si deve essere in grado anche di sacrificare se stessi e i propri interessi particolari.
Questa è l’idea con cui dobbiamo accostarci alla nascita del Popolo delle libertà.
Ma occorre costruire bene l’architettura di questo nuovo soggetto politico.
Il rischio è, infatti, quello di cadere di nuovo nel vecchio equivoco: quello di ritenere che sia sufficiente dar vita ad una generica realtà moderata, più o meno centrista, nella convinzione che le elezioni si vincano al centro, dicendo le cose più sbiadite possibili.
È vero che ci vuole una grande alleanza per l’Italia, ma questa grande alleanza non deve essere generica, priva di direzione né di determinazione; essa non può fare a meno dei nostri valori.
Questo nuovo soggetto politico sarà davvero utile all’Italia solo se sarà fondato sulla pari dignità tra il centro e la destra. Ciò significa costruire il partito su due pilastri: la libertà e l’identità. Fino ad ora nel centro-destra si è parlato di più di libertà: il “Polo della libertà” e la “Casa della libertà”.
Oggi parliamo di “Popolo della libertà” perché, per noi, popolo significa identità.
Libertà è il primo termine fondamentale, che raccoglie, dentro la nostra aggregazione, le spinte liberali, ma che esprime anche quel bisogno di reagire a tutte le incrostazioni, a tutti i blocchi, a tutti gli appesantimenti che l’Italia ha ereditato dalla prima Repubblica e dall’egemonia culturale della sinistra.
Ma la libertà da sola non basta.
Il nostro progetto politico deve essere sostenuto anche dal valore centrale dell’identità: l’identità è il patrimonio che la destra porta in dote al nuovo soggetto politico. Quando si chiede pari dignità tra destra e centro, si intende la capacità di formulare un messaggio e di dar corpo a un patrimonio programmatico, culturale e valoriale che mettano insieme definitivamente questi due principi, e che non facciano più oscillare, né nel linguaggio, né nel programma, né nella formazione dei quadri dirigenti. Non bisogna più dimenticare quanto, oggi, in un contesto globalizzato, siano imprescindibili l’affermazione e la difesa dell’identità dell’interesse nazionale, ma anche dell’identità delle persone, delle famiglie, delle comunità e dei territori.
Occorre fare alcune considerazioni su come dobbiamo costruire il nuovo partito. Innanzitutto deve essere chiaro che Alleanza nazionale non si è sciolta: il nostro partito di origine continuerà ad esistere fino a quando non sarà celebrato un grande congresso nazionale che dovrà valutare i passi successivi. Dovremo infatti allora essere sicuri che il nuovo soggetto politico sia ispirato a regole di vera partecipazione, ai nostri valori, ai nostri programmi, e animato da una classe dirigente all’altezza della sfide di governo; insomma, An deve rimanere il nostro principale strumento per governare questa fase di transizione, e non è escluso che alla fine si opterà per una struttura confederata in cui i partiti originari continuino ad esistere, sia pure in una cornice unitaria.
Ma non basta, siamo tutti tenuti a compiere un salto di livello incentrato sulla qualità dei comportamenti, a partire da quelli personali, incarnando sobriamente i nostri valori di riferimento. Dobbiamo far nostro un nuovo modo di essere, di governare e di fare politica, che si traduca in risultati concreti. Se vinceremo, la nostra prossima esperienza di governo sarà fondamentale per il futuro della nazione.
Comprendo il disagio che molti stanno vivendo in questa fase, ma, per essere noi stessi, più importante di un simbolo è la capacità di incarnare i nostri valori in comportamenti che possono rappresentare la vera differenza antropologica da portare dentro la politica italiana.
Anche a Fiuggi abbiamo sofferto, anche a Fiuggi il cambiamento era stato repentino, ma abbiamo sacrificato le forme del passato per fare un grande atto di amore nei confronti dell’Italia. Il punto è che tutto questo non deve essere vuota retorica, chiacchiere per nascondere qualche facile trasformismo. Oggi, ancora una volta, siamo chiamati ad una nuova sfida per cambiare l’Italia. Non possiamo tirarci indietro.
 

Inserito il 27/02/2008 da Gianni Alemanno