Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Elezioni di Marzo. Banco di prova per Ahmadinejad

Elezioni di Marzo. Banco di prova per Ahmadinejad

di Vincenzo Maddaloni - 10/03/2008

 

Tra meno di una settimana il popolo iraniano si recherà alle urne per eleggere  il nuovo Parlamento. Saranno circa 7000 (di cui 600 donne) i candidati alle elezioni parlamentari in programma per il prossimo 14 marzo. E saranno lezioni importanti  non tanto per il risultato in sé, quanto per valutare l’attuale capacità del presidente Ahmadinejad di tenere unita la sempre più esigua e fragile maggioranza di conservatori che lo ha sino ad oggi sostenuto. Infine, saranno anche un indicatore per le elezioni presidenziali previste nel 2009. 

Intanto il primo Stato clericale sciita  s’interroga su Internet se conviene mantenere il politico subalterno al primato del religioso oppure no. Perché questa domanda proprio adesso? Perché anche durante la presidenza del moderato Khatami la legittimità religiosa e quella statale si sono divaricate una volta di più, ognuna con esigenze proprie, sovente contraddittorie. Tra le cause, la prima è il versamento di una parte dei profitti del petrolio nelle casse della gerarchia religiosa più disponibile al compromesso, più incline ad elargire favori e che ha incoraggiato schiere di profittatori di Stato, chiamati agha zadeh (figli di ayatollah), che sono diventati imbarazzanti testimoni di spicco delle crescenti ineguaglianze sociali e di una corruzione diffusa in tutte le sfere del Paese. A tutto questo si aggiunga la tendenza sempre più marcata dello sciismo iraniano a funzionalizzare  il suo clero assicurandogli lo stipendio statale, come accade nel mondo sunnita e come non accade nel mondo dei vicini sciiti iracheni. Operando in questo modo rischia di venir meno  quell'autonomia finanziaria basata sulle donazioni dei fedeli propria del clero sciita che rappresenta una delle peculiarità di questa confessione. Risultato: la grande maggioranza dei religiosi di base ha preso le distanze nei confronti dell'istituzione stessa del velayat-e-faqih[1], perché essi da una parte si vedono privati della loro autonomia finanziaria; dall'altra parte sono costretti a confrontarsi ogni giorno con i fedeli sempre più riluttanti ad accordare la propria fiducia e l’elemosina a un clero sul quale incombe il sospetto di beneficiare dei soldi dello Stato e dei proventi del petrolio.

Cosicchè, l'opposizione democratica e la società civile si ritrovano tra le proprie fila chierici, mullah e ayatollah, che provengono sia dal quietismo tradizionale di gran parte degli ulema sciiti che dal radicalismo rivoluzionario -inizialmente fervido adepto del velayat-e-Faqih -  e che oggi non esita più a riconoscere il proprio errore e a  rifiutare la statalizzazione del clero perché lo distrae dagli affari prettamente religiosi a cui per vocazione s’è votato. Tra questi il più autorevole è il Grande Ayatollah Montazeri  ora dissidente , padre  della teoria del velayat-e-Faqih , successore designato di Khomeini e in seguito destituito e costretto agli arresti domiciliari. Tuttavia, nonostante cinque anni agli arresti domiciliari e una salute precaria l’ayatollah Montazeri rimane tutt’oggi una figura politica influente in Iran e non risparmia critiche all’attuale presidente Mahamoud Ahmadinejad per le politiche economiche e la questione del nucleare, invitandolo a smorzare i soliti toni provocatori che creano conflitti e tensioni sia livello nazionale che internazionale .

Va anche detto che ventinove anni dopo la “rivoluzione” komeinista, ancora rimane negli iraniani quell’attaccamento alla trinità culturale “iranità, islamità e modernità”, nella quale si coniugano novità e tradizione, e che li ha resi peculiari agli occhi del mondo. La rivendicazione dell’indipendenza nazionale è una delle ragioni della convergenza tra la sinistra e i movimenti religiosi che  avevano come scopo comune la lotta contro il potere capitalista degli Usa e contro lo Stato monarchico da loro sostenuto. Da sempre è la religione  che mantiene vibrante la protesta, anche adesso nella contesa nuclerare con gli americani. Perché Khomeini si armò di un tale pragmatismo da non esitare a rimpastare la sharī̉ a pur di raggiungere i propri obiettivi. « Quando mai »,  si chiederà Rafsanjani, presidente dal 1989 al 1997 e oggi leader dei conservatori moderati, « nella storia dell’Islam si è visto un Parlamento, un Presidente, un Primo Ministro e un Governo? In realtà l’ottanta per cento di quello che facciamo non ha precedenti nella storia dell’Islam ».

E dunque, in questa vigilia elettorale da una parte i conservatori moderati si adoperano, con ogni mezzo e al più presto, a concludere l’esperienza della presidenza Ahmadinejad, che con il suo populismo di stampo neorivoluzionario, e una politica intransigente e radicale non è riuscito a garantire lo sviluppo economico che aveva promesso in campagna elettorale. Dall’altra parte chi può dialoga e ascolta “navigando”. Naturalmente i weblog religiosi ufficiali e non ufficiali come quelli laici sono assai diversificati. Essi in qualche modo rappresentano tutte le tendenze religiose, dalle riformiste alle fondamentaliste; coloro che vi si connettono e vi scrivono quotidianamente sviluppano sempre più lo spirito critico, oppure raccontano semplicemente la loro vita, le loro preoccupazioni e le loro gioie. Lo stimolo a raccontarsi interagendo rientra nella tradizione sciita. Come scriveva Alessandro Bausani: « Da una parte esiste un certo complesso di inferiorità, con le ben note conseguenze psicologiche verso l’Occidente che è riuscito, esso, a realizzare certi progressi che “sarebbe spettato all’Islam realizzare”, dall’altra parte la tendenza ad idoleggiare il passato, l’epoca di Muhammad e dei martiri, contrapponendola al corrotto presente ». 

Certo è che mai in passato vi è stata una tale pluralità di opzioni e di interpretazioni che inquieta i religiosi ortodossi.  Beninteso, non soltanto i vecchi ayatollah. Perché l’Iran, all’alba del Terzo millennio, ha 70 milioni di abitanti dei quali il 70 per cento ha meno di 30 anni. Due iraniani su tre sono giovani, ed essi rappresentano una società nella società che è entrata in una fase di acuto cambiamento, dagli esiti imprevedibili. Le elezioni del 14 marzo ne offriranno un saggio. Infatti,  la Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei ha già messo le mani avanti:  “ E’ in atto una fase di valutazione per capire la reale volontà degli iraniani”. Come dire che le fondamenta del potere teocratico non si toccano qualsiasi sia il risultato elettorale.



 

--------------------------------------------------------------------------------
[1]In attesa della fine dei tempi e del ritorno dell’«Imam nascosto», che verrà a ristabilire un regno di giustizia sulla terra, a chi spetta il compito di guidare la comunità dei credenti? Per l’ayatollah Khomeini, tale ruolo spetta ai mullah (teologi) e al faghi, il saggio, vicario dell’«Imam nascosto» e delegato della sovranità divina. Questa dottrina del «governo del saggio» (velayat faghi), che accorda ai mullah enormi poteri, e che orienta il potere iraniano, è stata contestata in passato — e lo è tuttora — da altri ayatollah.