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La difesa del diseredato politico

di Ralph Nader - 10/03/2008

 

 

Gail Collins, l'editorialista del New York Times, ha un problema. Mentre scrive regolarmente in modo satirico e talvolta banale sulle debolezze dei due grandi candidati presidenziali corporativi, lei riesce a malapena a nascondere il suo disprezzo per i piccoli candidati, i diseredati.

In un recente editoriale su ciò che ha visto come la ripetitività e le piccole meschinità di H. Clinton (e del suo portavoce), di B. Obama e J. Edwards, lei ha attaccato in modo inspiegabile la presenza dell'ex senatore Mike Gravel in un dibattito patrocinato dal National Public Radio: "Che accidenti sta facendo Mike Gravel sul palco? Non c'eravamo sbarazzati di lui 10 o 20 dibattiti fa?".

Questo congedo può essere visto dai lettori come una risata o come una battuta impulsiva. Non è così con Ms Collins. Ha poca tolleranza per l'allargamento dei dibattiti televisivi ai candidati sapientoni, come dice lei perché non sono favoriti e senza la possibilità di superare i loro super - bassi sondaggi. Né perde il sonno per la NBC (una filiale della General Electric)che ha mantenuto l'anti nucleare Mr Gravel fuori dal suo dibattito tenuto a Philadelphia il mese scorso perché non aveva ancora raccolto un milione di dollari.

Il trattamento di "2° livello" che Ms Collins riserva ai candidati del Partito democratico, come Mike Gravel e Dennis Kucinich, è da sottolineare per almeno tre ragioni. In primo luogo, anche se lei è una progressista più levigata rispetto alla sua più radicale, giovinezza passata come piccola reporter per il Connecticut State News Bureau, io scommetterei che è d'accordo con i discorsi al Congresso del due volte senatore Gravel e con la sua attuale posizione sulla guerra in Iraq, responsabilità presidenziale, potere corporativo e criminale e sul maltrattamento dei lavoratori, dei consumatori e dei pazienti senza assicurazione. In secondo luogo, per diversi anni (conclusi pochi mesi fa) ha presieduto la pagina editoriale del New York Times producendo alcuni dei migliori editoriali nella storia del giornalismo. Tra i molti temi ben considerati, sono stati inseriti: le cronache dei viaggi elettorali, i dissidenti, i diritti delle piccole imprese e dei lavoratori e, in particolare, le libertà civili e i diritti della minoranza elettorali afflitte da una miriade di abusi e ostruzioni politiche. In terzo luogo, ha scritto un libro sulla storia dei diritti delle donne in America - dal titolo "America's Women" (William Morrow, 2003), che deve aver colpito in modo sensibile quelle solitarie autodidatte, note come suffragette, insieme a quei partiti molto piccoli e anche le più piccole candidate che premono per il diritto di cittadinanza del voto femminile.

Ella sa che ci sono molti modi facili per vincere le elezioni. Nelle ultime settimane, la pagina editoriale del suo giornale ha aperto ferite importanti alle somiglianze nella convergenza tra democratici e repubblicani, prendendo seriamente quest'ultimo compito su questioni nazionali importanti. Dubito molto che Gail Collins non sia d'accordo con questi editoriali. In realtà, in privato è ancora più critica della politica di status quo in questo paese. Si può supporre che pertanto essa darebbe il benvenuto al pluralismo e alle scelte di tutelare la cittadinanza durante i periodi elettorali, includendo anche il terzo partito e i candidati indipendenti.

In fondo, non siamo tutti contenti che l'accesso allo scrutinio fosse così facile nel 19° secolo, rispetto a oggi, quando i piccoli partiti come l'anti - schiavitù, diritti delle donne o populisti del lavoro e contadini arrivarono agli scrutini e avviarono riforme importanti, ignorate dai democratici, repubblicani e conservatori. Queste piccole avanguardie non arrivarono vicino alla conquista della presidenza, eccezion fatta per i populisti, vinsero molte elezioni congressuali. Porta Gail Collins indietro nel 19° secolo e lei sarebbe ad urlare per quei valorosi, pochi, elettori e candidati che votarono e corsero contro i principi dell'apprendistato affaristico, dei grandi partiti spesso fanatici.

Qui, nel XXI secolo, Gail Collins scrive le prediche dei valori progressisti e poi si allunga verso il punto morto delle conclusioni - stare con il candidato meno cattivo dei Partiti principali.

Proprio come i piccoli semi necessitano di una possibilità di germogliare per rigenerare la natura e sostenere l'umanità, come le piccole imprese vogliono la possibilità di innovare il mondo degli affari, anche i piccoli candidati la vogliono. Grazie a loro spesso si arricchisce il dialogo politico, si fanno riconoscimenti tardivi verso gli avversari, anche se non vinceranno le elezioni in un sistema truccato, costoso dove chi vince prende tutto, privo sia del voto di fuga che delle regole di rappresentanza proporzionali.

Editorialisti come Gail Collins e il suo collega umano, Bob Herbert, odiano il fatto di andare in questi settori della fertilità politica. Invece, la loro scelta degli abusi politici e corporativi scorre nei solchi stretti, ripetitivi, del servilismo politico - non solo nei solchi del duopolio partitico e anche del candidato favorito. Quindi gli editorialisti progressisti, che ci sono, stringano con forza le loro mani perché il Partito Democratico, i suoi storici e i suoi principali candidati non ascoltano le loro conclusioni, le istanze e le speranze per il popolo americano. Essi continueranno a stringere le loro mani fino a quando non rinchiuderanno le loro menti in un "cul de sac" che categoricamente non ammetta nemmeno l'idea che le alternative politiche personali e partitiche dovrebbe avere visibilità.

Apri un po' la tua mente, Gail Collins, e potresti imparare qualcosa circa la necessità di una struttura che permetta alla sovranità del popolo di esprimersi in una varietà di modi pratici, tra cui le iniziative nazionali. Tu rideresti di Mike Gravel avendo difficoltà a spiegare la sua attenta proposta per una iniziativa nazionale durante le pause dei dibattiti. Invece, prova a scrivere un pezzo sul perché alcuni professori famosi di diritto costituzionale pensano che vi sia una solida base costituzionale per tale proposta. Questo sarebbe un buon modo per suscitare un serio dibattito sul mito del governo del popolo, nel popolo e per il popolo. Tali dissertazioni contribuirebbero ad approfondire una campagna presidenziale molto superficiale e decidereste voi se volete liberarvi di Mike Gravel dai cosiddetti dibattiti. E voi e la vostra professione, che regolarmente confessa la noia a causa dei principali candidati, potreste effettivamente trovare qualche entusiasmo nel vostro lavoro quotidiano.

 

Tradotto da Franco allegri per Futuroieri

http://digilander.libero.it/amici.futuroieri