Sempre di più ad ogni estate, anche nelle più remote e belle spiagge del mondo e persino al largo di queste, tutti possono notare il costante aumento di immondizia e inquinamento della superficie del mare, che sono trasportate e “concentrate” in zone protette dalle correnti sottocosta (golfi, porti, ecc.).

Questo fatto diviene sempre più drammatico e realmente a volte rende difficoltosa la balneazione anche in zone molto remote e apparentemente incontaminate.

Come per magia però, sempre per opera delle correnti marine, questo ammasso di rifiuti galleggianti può sparire, e apparentemente dissolversi.

Bene ma dove andranno a finire questi rifiuti, essendo praticamente per la maggior loro parte indistruttibili?

Sebbene sembra che essi si possano “disperdere” nell’immensità del mare, invece accade proprio l’esatto contrario della dispersione: avviene cioè una lenta ed inesorabile “concentrazione” in aree circolari dove le correnti formano dei vortici centripeti e considerabili stabili nel tempo.

Nel disegno prodotto da Greenpeace e pubblicato da Independent today, è riportata la posizione di due di questi vortici noti col nome di “Pacific Trash Vortex”.

image003.jpg image004.jpg Una vasta documentazione di questo fenomeno è reperibile in vari siti internet o pubblicata da diverse fonti, ma ancora non è adeguatamente conosciuta da tutti, soprattutto in ragione che questo fenomeno è cominciato fin dai lontani anni 50′.

Un articolo riportato su Repubblica.it il 29 ottobre 2007, offre una descrizione sintetica che viene riportata di seguito.

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Nel Pacifico l’Isola della spazzatura per l’80% formata di plastica

Come un deserto oceanico, dove la vita è ridotta solamente a pochi grandi mammiferi o pesci.

di LUIGI BIGNAMI

Lo chiamano Pacific Trash Vortex, il vortice di spazzatura dell’Oceano Pacifico, ha un diametro di circa 2500 chilometri è profondo 30 metri ed è composto per l’80% da plastica e il resto da altri rifiuti che giungono da ogni dove. “E’ come se fosse un’immensa isola nel mezzo dell’Oceano Pacifico composta da spazzatura anziché rocce. Nelle ultime settimane la densità di tale materiale ha raggiunto un tale valore che il peso complessiva di questa “isola” di rifiuti raggiunge i 3,5 milioni di tonnellate”, spiega Chris Parry del California Coastal Commission di San Francisco, che è da poco tornato da un sopralluogo.

Questa incredibile e poco conosciuta discarica si è formata a partire dagli anni Cinquanta, in seguito all’esistenza della North Pacific Subtropical Gyre, una lenta corrente oceanica che si muove in senso orario a spirale, prodotta da un sistema di correnti ad alta pressione. L’area è una specie di deserto oceanico, dove la vita è ridotta solo a pochi grandi mammiferi o pesci.

Per la mancanza di vita questa superficie oceanica è pochissimo frequentata da pescherecci e assai raramente è attraversata anche da altre imbarcazioni. Ed è per questo che è poco conosciuta ai più. Ma proprio a causa di quel vortice l’area si è riempita di plastica al punto da essere considerata una vera e propria isola galleggiante. Il materiale poi, talvolta, finisce al di fuori di tale vortice per terminare la propria vita su alcune spiagge delle Isole Hawaii o addirittura su quelle della California.

In alcuni casi la quantità di plastica che si arena su tali spiagge è tale che si rende necessario un intervento per ripulirle, in quanto si formano veri e propri strati spessi anche 3 metri. La maggior parte della plastica giunge dai continenti, circa l’80%, solo il resto proviene da navi private o commerciali e da navi pescherecce.

Nel mondo vengono prodotti circa 100 miliardi di chilogrammi all’anno di plastica, dei quali, grosso modo, il 10% finisce in mare. Il 70% di questa plastica poi, finirà sul fondo degli oceani danneggiando la vita dei fondali. Il resto continua a galleggiare.

La maggior parte di questa plastica è poco biodegradabile e finisce per sminuzzarsi in particelle piccolissime che poi finiscono nello stomaco di molti animali marini portandoli alla loro morte. Quella che rimane si decomporrà solo tra centinaia di anni, provocando da qui ad allora danni alla vita marina.

Una realistica ricostruzione di come si sta rapidamente evolvendo la situazione di queste due immensa aree di spazzatura galleggiante, è stata realizzata da Greenpeace fin dallo scorso 2005.

The “Eastern Garbage Patch”

 


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Intanto c’è chi già pensa di sfruttare questo disastro ecologico e ricavarne ulteriori profitti, ipotizzandone il loro recupero per utilizzarli negli inceneritori e produrre così energia.Per fortuna che i più “poveri” abitanti delle isole pacifiche (es.: Hawaii o Filippine ), ci pensano al momento loro alla raccolta “differenziata”, fatta purtroppo troppo a posteriori…

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Oppure c’è chi ancora meglio ha pensato di riutilizzare la plastica trovata sulla superficie del mare, in un modo ancora più originale per crearsi un proprio ” paradiso personale”…

Man builds island out plastic bottles

I know what you’re thinking, he’s gone completely mad! Well maybe so, but there is this guy who has challenged the ultimate land fill nightmare and has taken 250,000 plastic bottles along with wood and bamboo to support the structure.

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There is even a 66ft x 54ft house on the island which is situated in a lagoon near to Puerto Aventuras, South if Cancun on the Caribbean coast of Mexico.

The whole thing took around three years to complete and to me it really does sound like paradise.

Source [Eco Friend] - October 25, 2007

Il cambiamento climatico in atto provocherà a breve la “rottura” del sistema di circolazione oceanico che attualmente trattiene concentrato in due immense aree circoscritte, enormi quantità di rifiuti plastici, e che quindi lentamente ed inesorabilmente si sposteranno lungo le coste devastandone ogni aspetto.

Anche noi uomini siamo riusciti a formare degli immensi “buchi neri” proprio sul nostro pianeta!

Si tratta dei due grandi ammassi di rifiuti plastici soprattutto, che si sono via via concentrati a causa delle correnti oceaniche

Questi sono veri e propri “buchi neri” per quanto riguarda la vita degli oceani e di riflesso quella di tutto il pianeta.

Al di sotto di queste masse immense galleggianti, la vita biologica praticamente già non esiste più, ad esclusione di qualche grande pesce o mammifero pelagico, ed è destinata inesorabilmente a diminuire ancora di pù fino a scomparire.