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Ophelia Kirwan e la Società dell’Apparenza

di Carlo Gambescia - 12/03/2008

 

“ LONDRA - Ophelia Kirwan ha due anni, i suoi genitori fanno i medici, sono molto benestanti - abitano a Knightbridge, una delle zone più esclusive di Londra - e ha due sorelle più grandi. Sembra l'inizio di una bella favola metropolitana, non fosse che Ophelia è affetta dalla sindrome di Down. E i suoi genitori, per correggere i difetti dei lineamenti tipici di chi soffre di questa malattia, hanno deciso di sottoporla a una serie di interventi di chirurgia plastica suscitando un aspro dibattito” Non è giusto che Ophelia, e altri nella sua stessa condizione, vengano giudicati dalle loro apparenze, e magari scartati per un lavoro che invece possono benissimo svolgere», dice Chelsea, la madre di Ophelia. «È una questione di autostima: se c'è qualcosa del tuo corpo di cui non sei felice, perché non correggerlo?», dichiara ancora Chelsea, che così conclude: «Tutto quello che voglio è che Ophelia sia felice». Ma se il dibattito riguardo l'opportunità o meno della chirurgia estetica è in sè oramai un poco polveroso, l'eventualità di esporre a dolorose operazioni una bambina di due anni solo perché «diversa» rispetto ai canoni imposti dalla società è molto più scottante. La madre delle domande, suggerisce il tabloid «Daily Mail», è in verità la seguente: l'oggetto della questione è la felicità dei bambini o il desiderio dei genitori di avere dei figli più normali”.
(
http://www.corriere.it/esteri/08_marzo_10/down_bimbi_chirugia_4602f812-eecb-11dc-bfb4-0003ba99c667.shtml)

Come commentare una notizia del genere? Che ormai si rischia di vivere in una Società dell’Apparenza. Dove - ecco il punto - la stessa apparenza sembra qualificarsi come risorsa, e per giunta determinante. Ci spieghiamo meglio.
Oggi - e sappiamo di non dire nulla di originale - quel che sembra contare sempre più è " l’ apparire". Il che significa che per le persone sussiste il rischio crescente di venire discriminati socialmente sulla base della “risorsa apparenza” , intesa come possesso individuale dei mezzi soggettivi e delle tecniche oggettive, volte a valorizzarle esteticamente nell’interazione con gli altri. Dal momento che la "risorsa apparenza", come avviene per ogni altro "bene" all'interno della società capitalistica, non può non essere "rara". Di qui la presuntiva necessità di gestirla economicamente.
Infatti una risorsa economica, "capitalisticamente" intesa" non può non essere scarsa ( altrimenti sarebbe priva di valore...). E perciò automaticamente collegata alla disponibilità economica del singolo e al mercato ma anche ai suoi fallimenti. Di qui la possibilità, che fra qualche tempo, le istituzioni pubbliche possano porsi il problema di come garantire l’ "Eguaglianza delle Apparenze”. Per farla breve: di come permettere a tutti di accedere a un servizio sociale di miglioramento del proprio aspetto fisico. Per poi magari lesinare su ogni euro sociale rivolto a conseguire una qualche forma di ' "Eguaglianza Sostanziale"...
Ovviamente quello della bambina inglese è un caso limite, ma che già rivela una tendenza sociale a ridurre ogni questione a fatto estetico, o comunque al gestione dell' immagine del singolo: fenomeno tipico, appunto, di una Società dell’Apparenza. E per giunta di massa. E con i risvolti economicisti ed utilitaristi che abbiamo qui sottolineato.
Il pericolo maggiore è che il culto crescente dell’esteriorità fisica, già abbastanza esteso, finisca per allontanare del tutto le persone comuni dai problemi sostanziali, legati alle questioni del lavoro e dell’economia, come in parte sta già avvenendo.
In certo senso è come se la Società dell’Apparenza, vista come una gigantesca macchina munita di potentissimi e invisibili megafoni, spingesse uomini e donne a credere nella possibilità di una specie di Second Life reale, ripetedendo ossessivamente al singolo, nei termini di una nuova idea di normalità: “Non preoccuparti, una volta mutato il tuo aspetto fisico, la tua vita cambierà”. E questo a prescindere dai rapporti sociali, spesso di autentico sfruttamento economico, nei quali le persone sono “immerse", contro la loro volontà.
In conclusione, il vero problema non è se usare o meno la risorsa chirurgia estetica nei riguardi di una bambina di due anni, ma di mettere discussione la Società dell’Apparenza.