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Pupazzi Usa: la farsa della democrazia "rappresentativa"

di Andrea Marcon - 12/03/2008

     

 

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Per avere la riprova di quale livello di farsa abbia raggiunto la democrazia "rappresentativa" è sufficiente uno sguardo alle elezioni americane, già in questa fase delle primarie.
Obama il nero contro Hillary la donna, Dixan che lava più bianco contro Finish con ammorbidente. Candidati fotocopia che tengono discorsi preconfezionati davanti a decine di ebeti festanti con i cartelli del loro idolo - spero almeno pagati per dimostrare un entusiasmo che non si capisce da dove possa scaturire se non da qualche loro pesante tara mentale. Partiti che si distinguono giusto per il simbolo e che rappresentano solo lo specchietto per le allodole di interessi trasversali che fanno a capo ai veri centri di potere degli Usa e del pianeta. Programmi elettorali che si risolvono in banali e scontate petizioni di principio e che si differenziano forse per i caratteri e l’impaginazione.
E, soprattutto, una manipolazione mediatica che riesce a costruire finte contrapposizioni o patetiche esaltazioni di fronte a frasi fatte spacciate per rivelazioni divine (“Si può fare”), puntando i riflettori su aspetti che non dovrebbero interessare a nessuno e che invece vengono elevati ad argomenti di discussione e a criteri di scelta del candidato (la fedeltà coniugale, la simpatia del cagnolino di famiglia, la pettinatura della figlia... una vera e propria gara a chi riesce ad avvicinarsi di più ad uno stereotipo alla Mulino Bianco).  Basti pensare che le ultime polemiche sono divampate in ordine all’eventualità che Obama sia musulmano...
Ci chiediamo peraltro cosa sarebbe successo se la stessa implicita considerazione spregiativa fosse stata fatta per un presunto candidato ebreo. E cosa dire dell’espediente della Clinton di scurire il volto di Obama nei propri manifesti, evidentemente consapevole che ciò potrebbe danneggiare il rivale? (Nero sì, ma non esageriamo!).
Il tutto in una cornice nella quale la fetta della popolazione interessata all’"avvenimento” è del tutto minoritaria, al pari di quella che poi effettivamente andrà a votare, e che ovviamente s’identifica perlopiù con la minoranza wasp più o meno agiata. Tutti in attesa del momento culminante e decisivo dello “spottone” elettorale: il confronto tv tra i candidati presidenti, quello dove risultano determinanti elementi di alto profilo politico come la statura dei contendenti, la quantità di cerone che hanno usato davanti alle telecamere, le espressioni studiate dei loro volti, la capacità dialettica e la fluidità dell’eloquio.
Qualcuno la chiama “la più grande democrazia del mondo”. Sicuramente è la più emblematica, e non a caso anche da noi gli scimmiottamenti del modello americano ormai si sprecano (Berlusconi ha insegnato, Veltroni ha dimostrato di avere appreso la lezione).
Si dirà: niente di nuovo sotto il sole, sono tutte considerazioni evidenti da anni. Verissimo, ma allora mi chiedo: cosa aspettiamo a prendere atto del fatto che il sistema democratico rappresentativo è ormai un residuato anacronistico da rottamare al più presto? C’è davvero qualcuno che crede ancora al contrario? Se sì, temo che non abbia più di tre neuroni.