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Al via i negoziati sul futuro dei rapporti fra Usa e Iraq

di Ornella Sangiovanni - 12/03/2008



Sono iniziati oggi i negoziati fra Stati Uniti e Iraq sul futuro delle relazioni fra i due Paesi.

L’annuncio arriva dal ministero degli Esteri di Baghdad, che ha fatto sapere, con un comunicato, che “oggi le due parti hanno iniziato, nel ministero degli Affari Esteri, colloqui … su accordi e patti per una cooperazione e una amicizia a lungo termine, fra i quali c’è anche un accordo su una presenza temporanea delle truppe Usa in Iraq".

Il 26 novembre scorso, il Presidente Usa George W. Bush e il Primo Ministro iracheno Nuri al-Maliki avevano firmato una “dichiarazione di principi” con la quale si impegnavano a trovare un accordo che formalizzasse i rapporti economici, politici, e di sicurezza fra Stati Uniti e Iraq.

Il documento, definito come non vincolante, fissava come scadenza la data del 31 luglio 2008.

All’epoca, il premier iracheno aveva detto che il 2008 sarebbe stato l’ultimo anno in cui le forze Usa avrebbero operato in Iraq sulla base di un mandato delle Nazioni Unite (finora rinnovato di anno in anno dal 2003), che sarebbe stato sostituito da accordi bilaterali fra Washington e Baghdad.

Fra le questioni oggetto dei negoziati fra le delegazioni dei due Paesi (quella americana è guidata dall’ambasciatore a Baghdad, Ryan Crocker), il numero delle truppe che resteranno in Iraq, e la durata della loro presenza, nonché l’eventuale mantenimento di basi Usa nel Paese.

Gli accordi finali richiederanno comunque l’approvazione del Parlamento iracheno, aveva detto il premier Maliki, dopo la firma della dichiarazione di principi con Bush, in novembre.

Sul fronte di Washington, invece, la questione è molto più controversa.

I Democratici, in particolare, temono che gli eventuali accordi aprano la strada a una presenza a tempo indeterminato delle forze Usa in Iraq, vincolando l’azione del prossimo presidente (che si insedierà a inizi 2009), e dicono che è necessaria l’approvazione del Congresso. Una posizione, quest’ultima, condivisa anche da alcuni Repubblicani.

La risposta dell’Amministrazione è stata da un lato quella di tentare di rassicurare chi esprime questi timori, affermando che gli accordi non saranno vincolanti, e che, in particolare, non verranno create basi permanenti in Iraq.

David Satterfield, il coordinatore per l’Iraq del Dipartimento di Stato, ha detto ai primi del mese, di fronte a due sottocommissioni Esteri della Camera dei Rappresentanti, che “gli accordi non legheranno le mani del prossimo presidente o in effetti di questo presidente”, e che “garantiranno che qualunque opzione politica rimanga sul tavolo”.

“Le dimensioni della presenza Usa in Iraq, le missioni che queste forze dovranno svolgere se queste forze saranno presenti, sono decisioni che deve prendere il presidente e il prossimo presidente”, ha sottolineato.

“Voglio essere chiaro”, sono state le sue parole, “[gli accordi] non creeranno basi permanenti in Iraq né specificheranno in alcun modo il numero delle forze americane che dovranno esservi dislocate”.

Ma di fronte ai dubbi espressi da numerosi deputati e senatori, che insistono sul fatto che accordi di questo tipo devono essere approvati dal Congresso, l’Amministrazione Bush si è irrigidita.

La posizione espressa alcuni giorni fa è che non è necessaria nessuna ulteriore autorizzazione, perché la risoluzione approvata nel 2002 dal Congresso, che conferiva al Presidente i poteri di guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, consentirebbe operazioni di combattimento in Iraq a tempo indeterminato “per difendere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti contro la continua minaccia costituita dall’Iraq”.

E arriva direttamente dall’Ufficio affari legislativi del Dipartimento di Stato, in risposta alle richieste fatte da alcuni deputati.

Ma i Democratici, in particolare, non si arrendono, e chiedono dettagli degli accordi proposti nonché assicurazioni che il Congresso avrà potere di veto. Informazioni che finora non sono arrivate.

Due accordi, non uno

Quello che si sa è che l’amministrazione Bush sta lavorando non a uno solo, ma a due accordi sul futuro delle relazioni con l’Iraq: uno relativo alla presenza delle sue forze armate, l’altro che definisce il quadro delle relazioni diplomatiche con Baghdad.

Per quanto riguarda il primo, si tratta di uno “Status of Forces Agreement” (SOFA), un accordo sullo stato delle forze, sul tipo dei numerosi accordi di questo genere che gli Usa hanno in tutto il mondo nei Paesi che ospitano loro truppe – Italia compresa.

L’altro, invece, è un “quadro strategico” sui rapporti fra Stati Uniti e Iraq. Il suo obiettivo? “Stabilire un quadro per un rapporto forte con l’Iraq, che rifletta i nostri comuni interessi politici, economici, culturali, e di sicurezza”, ha detto Satterfield durante il suo intervento al Congresso.

Ad ogni modo, secondo quanto reso noto dal portavoce dell’ambasciata Usa a Baghdad, Phil Reeker, ai colloqui di oggi al ministero degli Esteri iracheno non erano presenti né il premier Maliki né l’ambasciatore americano Crocker, ma solo le rispettive delegazioni.

Reeker non ha precisato quando avranno inizio i veri e propri negoziati formali.


 
Fonti: Reuters, Agence France Presse, Washington Post