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Elezioni e politica estera. Domande ai candidati

di Sergio Romano - 12/03/2008

Segnaliamo la lettera di un Lettore del Corriere della sera (mercoledì 12 marzo 2008) indirizzata a Sergio Romano, concernente la mancanza della politica internazionale nella campagna elettorale.
Nella risposta, Sergio Romano coglie due elementi fondamentali: il rapporto dell'Italia e dall'UE con gli USA e la NATO e l'unità politica dell'Europa


Sul Magazine del 28 febbraio il professor Angelo Panebianco, nell'editoriale intitolato «L'ombelico del mondo», affrontava ed elencava le molte questioni internazionali ancora aperte. Giustamente sottolineava «l'assenza della politica estera nella campagna elettorale» in Italia e non solo.
Secondo lei, questa grave lacuna a che cosa si deve?
La politica estera non è accattivante, non ha appeal per l'elettorato, non muove i sondaggi, non è facile da programmare e prevedere o semplicemente i nostri aspiranti presidenti del Consiglio hanno paura di affrontarla in modo serio per non rompere qualche relazione diplomatica?

Andrea Sillioni


Caro Sillioni,
Nulla di veramente nuovo. La politica estera non ha mai avuto una parte di rilievo nelle campagne elettorali italiane. Non la ebbe nemmeno nell'aprile 1948 quando la guerra fredda era ormai cominciata e tutti i Paesi europei dovevano fare scelte di campo che avrebbero avuto una influenza decisiva sulla loro politica e sulla loro economia. De Gasperi non voleva sollevare il problema di una eventuale alleanza con le democrazie occidentali perché sapeva che la questione avrebbe spaccato il Paese e allontanato il dibattito dai temi che gli stavano maggiormente a cuore.
Da allora le questioni della politica internazionale vengono generalmente trattate in modo sommario e banale. È probabile che all'origine di questa reticenza vi sia anzitutto l'indifferenza di buona parte della classe politica per ciò che accade al di là delle frontiere. Molti dei suoi esponenti sono allevati nel microcosmo delle politiche locali e conoscono il vernacolo delle riunioni di federazione meglio di quanto non conoscano il linguaggio dei rapporti mondiali. Quasi tutti sono convinti (ahimé, con ragione) che la politica estera non interessi l'opinione pubblica e sia comunque difficile da spiegare a tutti coloro per cui gli unici problemi di cui valga la pena di occuparsi sono l'ambiente, i diritti umani e la pena di morte. E i più cinicamente realisti, infine, pensano che sia inutile legarsi le mani con impegni e promesse che è molto difficile mantenere. A differenza di quanto accade nella politica interna, dove l'esecutivo ha sempre, anche quando è debole, poteri rilevanti, nella politica estera il governo nazionale è costretto a tenere conto degli interessi di un gran numero di giocatori e, soprattutto, deve reagire a eventi che nessuno, durante la campagna elettorale, sarebbe in grado di prevedere.
Eppure vi sono oggi almeno due temi, strettamente interdipendenti, su cui sarebbe utile conoscere il pensiero dei maggiori candidati.

Mi piacerebbe sapere, anzitutto, che cosa pensino dei rapporti che l'Italia e l'Unione Europea dovrebbe avere con gli Stati Uniti. L'America non è più il Paese con cui stipulammo, nel 1949, il Patto Atlantico. È una potenza imperiale che persegue con uno stile unilaterale interessi che non coincidono sempre con i nostri. Quali sono le grandi linee della collaborazione che l'Europa dovrebbe avere con gli Stati Uniti? Quali adattamenti devono essere apportati alla Nato perché smetta di essere una organizzazione politico- militare al servizio della politica estera americana?

L'altra domanda che mi piacerebbe fare ai candidati concerne l'Europa. Credono nell'unità politica del continente? Pensano che possa essere raggiunta da una Unione che comprende 27 Paesi, molti dei quali ne sono diventati membri soltanto per godere di maggiore sicurezza e migliori prospettive economiche? Sono due scopi perfettamente legittimi, ma poco compatibili con i principi che hanno ispirato, sin dalle origini, il progetto europeo. Ecco le domande che mi piacerebbe fare a Berlusconi e a Veltroni. Ma sulla possibilità di ricevere risposte concrete e convincenti prima del 13 aprile non mi faccio illusioni.