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Bingo e Torà

di Miguel Martinez - 13/03/2008

 

Per le puntate precedenti, qui e qui.

Il conflitto israelo-palestinese è diverso da quello tra la Mauritania e il Senegal – ad esempio – perché coinvolge almeno due elementi oltre ai diretti contendenti: le comunità organizzate ebraiche e gli Stati Uniti.

Senza questi due elementi, l’unica potenza nucleare del Medio Oriente semplicemente non esisterebbe.

Questo fatto crea enorme imbarazzo, anche nella sinistra cosiddetta estrema. Che forse poteva accettare l’improbabile tesi di Israele come “portaerei degli Stati Uniti in Medio Oriente”, ma si intrecciava tutta quando si trattava di parlare del ruolo delle organizzazioni ebraiche.

Figuriamoci poi l’atteggiamento della sinistra maggioritaria, che ogni mattina si sveglia in un bagno di sudore freddo, per paura di essere accusata di “antiamericanismo”.

Parlare del conflitto israelo-palestinese senza citare gli Stati Uniti e le organizzazioni ebraiche è come parlare dei pestaggi di Genova come una rissa tra giovani maschi. Magari criticando i colpevoli, ma evitando accuratamente di dire che erano agenti della polizia, armati e in divisa. Se no, ti accusano di “antistatalismo”.

Chiaramente la rimozione è a senso unico: il gioco delle tre carte della hasbarà o propaganda sionista consiste nel dire che sei antisemita se dici che gli israeliani sono ebrei, ma subito dopo dire che ogni reazione palestinese è puro “odio per gli ebrei”.

La falsificazione c’è. La censura c’è. E c’è una complicità inimmaginabile per qualunque altro paese. Quando il regime birmano fa arrestare i monaci, si parla di sanzioni contro la Birmania. Quando Israele bombarda Gaza, si parla di sanzioni … contro Gaza.

La rimozione di tutto ciò genera il complottismo: chi, ci si chiede, crea questa situazione unica? Che siano gli ebrei, collettivamente, che comandano sugli Stati Uniti, sui media e sui politici del mondo?

Non è una domanda che si pongono solo gli antisionisti. Se la pongono soprattutto gli opportunisti, perché per ogni persona che si oppone ai potenti, ce ne sono dieci che corrono a Gerusalemme per farsi fotografare prima delle elezioni.

Che questa sia una spiegazione “antisemita” è irrilevante.[1] Ciò che conta è che si tratta di una spiegazione errata.

Parlare degli “ebrei” è inseguire un fantasma: ci sono milioni e milioni di persone nel mondo che hanno sangue ebraico, e la cosa in sé è interessante quanto sapere che ci sono altrettante persone che hanno sangue basco.

Anche parlare di religione ebraica porta solo confusione – basti pensare che fino a dopo la fondazione di Israele, la maggioranza degli ebrei credenti e praticanti erano antisionisti, cosa che sfugge regolarmente a quegli antisionisti che, magari in buona fede, parlano di “teocrazia israeliana”.

Infine, il complottismo attribuisce ai propri nemici un idealismo, magari perverso, che non è mai esistito nella storia. In un certo senso, il movimento comunista potrebbe essere visto come un grande complotto ideale, nel senso che tanti uomini hanno lavorato per instillare idee nelle teste della gente, con il fine di creare un sistema politico mondiale. Il risultato di tanti sforzi sono Walter Veltroni e Giuliano Ferrara.

Mentre ha senso parlare di concrete organizzazioni a base etnica, con tutti i loro conflitti interni e mutamenti: sia le storiche organizzazioni sioniste basate in Europa, sia i loro successori decisamente basati negli Stati Uniti.[2]

Non è un caso che le prime fossero minoritarie, le seconde maggioritarie tra chi si riconosce come “ebreo”, qualunque cosa questo termine possa significare. Ma per motivi che riguardano la struttura sociale degli Stati Uniti, e non inesistenti caratteristiche "eterne" di qualche gruppo etnico.

Nota:

[1] C'è però un interessante effetto di feedback. La falsificazione del conflitto israelo-palestinese ha come prodotto principale, vantaggi enormi per Israele, come prodotto secondario il complottismo. Ma il fatto che il complottismo sia, o si possa presentare, come "antisemitismo", a sua volta genera ulteriori benefici per Israele, obbligando il già debole mondo dei critici d'Israele a disperdere le proprie forze in distinguo e prese di distanza, di cui nessuno comunque si accorge.

Non per fare il marxiano a tutti i costi, ma si continuerà a cadere in questa gigantesca perdita di tempo finché si attribuirà il complottismo alla "malvagità" di qualcuno e non a un preciso e ineluttabile meccanismo.

[2] Per le prime, si può leggere Georges Bensoussan, Une histoire intellectuelle et politique du sionisme, 1860-1940, Fayard, 2002, magari in associazione con Zeev Sternhell, Nascita di Israele. Miti, storia, contraddizioni, Baldini & Castaldi 1999. Riguardo alle radici dei “successori”, Giuliana Iurlano, Sion in America. Idee, progetti, movimenti per uno Stato ebraico (1654-1917).