Il più radicale tra i modi di fare del male ai bambini, quello di Erode, è, certo, ucciderli nel ventre della madre. Il clima mortifero che accompagna l’aborto ne genera però altri, destinati ad avvelenare la vita ai bimbi che riescono a nascere. A quei “sopravvissuti” di cui abbiamo parlato nel nostro ultimo incontro.
Abbiamo detto che il “bambino prescelto” e “desiderato” rimanda al suo infelice “doppio”, il bambino soppresso perché indesiderato e/o inadatto, e che più che accolto come altro da sé è vissuto (in parte) come un oggetto di proprietà, un personaggio selezionato, che “servirà”: alla madre, al padre, alla società. La sua vita si svolgerà nell’universo (tendenzialmente totalitario) dell’utile, dell’“adatto a”, non in quello, specificatamente cristiano, della libertà. Per questo oggi prevale il narcisismo: l’individuo cerca incessantemente la prova che qualcuno lo ami come è, non per ciò a cui potrebbe servire e per cui teme inconsciamente di essere stato selezionato.
I milioni di bambini legalmente abortiti pesano come un macigno sull’inconscio collettivo dei sopravvissuti: perché mi hanno lasciato nascere? A cosa mi dovrò prestare per essere stato graziato?
Infatti i bambini, vivi, sono invitati senza tanti complimenti a prestarsi a un sacco di cose. Per esempio, ieri è stato arrestato, ho letto, un disgraziato maniaco che ne filmava alcuni mentre, con indosso lo slip, facevano la doccia in una piscina del Milanese. Quando però i bambini non hanno neppure lo slip e vengono sparati, nudi e inermi, in pubblicità a tutta pagina col manifesto di Oliviero Toscani per la campagna “No alla violenza sulle donne” di Donna Moderna, allora nessuno interviene (almeno per ora). Nessuno protegge la loro innocenza.
Il manifesto: a sinistra un bambino bruno, con sopra la testa il proprio nome, Mario, impresso su una striscia nera e sotto i piedi la scritta “carnefice”, sempre su un graffito nero-sporco, da libro poliziesco; a destra una bimba bionda, anche lei nuda, con sopra la testa la scritta “Anna” su striscia nera e sotto i piedi la scritta “vittima”. Sulla pancia della bimba, lasciando scoperto il sesso, altra strisciata nera: “No alla violenza sulle donne”.
A questo, anche, servono i bambini “selezionati”: a diffondere messaggi di odio tra uomini e donne. Carnefici i maschi e vittime le femmine: due ruoli violenti e infelici, nelle cui gabbie questi bambini vengono chiusi fin dall’infanzia. Il loro status di carnefice e di vittima è impresso nella loro appartenenza di genere.
In un’intervista, alla domanda «perché non è Anna a diventare carnefice?», Toscani risponde: «Un po’ dipende dal sangue, dal Dna, non c’è dubbio». Infatti, se sotto una figura umana, caratterizzata dal colore della pelle o dal sesso, scrivi “carnefice”, stai dicendo: quelli con quella pelle o quel sesso sono carnefici. E le altre vittime.
In piena “surmodernità”, siamo ripiombati nel più cupo sessismo razzista, a stigma e stereotipie di genere che avrebbero impensierito i lombrosiani più biechi. I risultati? Nuove violenze. Trasformare tratti patologici in caratteristiche di gruppo (il razzismo fa questo) non ha mai portato pace e armonia. Per quello occorrerebbero messaggi di amore. Ad avercelo.

 

da “Tempi”