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Votare il nulla di destra o il niente di sinistra? Questo o quello per me pari sono

di Luigi Tedeschi - 14/03/2008

 

  

 

Questa tornata elettorale viene presentata dai media come un evento di trasformazione del sistema politico italiano. Il bipolarismo, dal ’92 in poi ha creato coalizioni non omogenee, rissose, incapaci di esprimere una politica coerente e maggioranze idonee a portare a compimento processi riformatori di carattere strutturale. A questo bipolarismo fallimentare, dovrebbe subentrare un sostanziale bipartitismo, costituito dai partiti maggiori: il PD e il PDL. Questi partiti sono il risultato di processi di aggregazione ai più partiti sia a destra che a sinistra. Mentre a destra non si registra alcun fenomeno innovativo, in quanto il PDL è il risultato della confluenza di AN in Forza Italia sulla base di esigenze elettorali, dato che entrambi i partiti sono da sempre omologhi, a sinistra il PD si presenta come l’artefice del rinnovamento. Veltroni è dunque il leader carismatico virtuale che, abbandonate le ideologie, assieme alla sinistra radicale e alle vecchie gerarchie, vuole incarnare il partito dei giovani, essere la sintesi delle contraddizioni tra laicismo e cattolicesimo, imprenditori e lavoratori, conservazione e modernità, libero mercato e stato sociale. In realtà il PD fa emergere volti nuovi, quali nuovi soggetti di una politica ormai estranea alle ideologie, non forniti cioè di una cultura politica che presupponga una visione generale della società ed obiettivi di trasformazione quali finalità dell’agire politico individuale e collettivo. Pertanto, tali soggetti, nuovi in quanto estranei alla cultura politica del ‘900, possono essere diversamente plasmati a seconda delle esigenze tattiche del pragmatismo politico perseguito dai partiti attuali, di per sé vuoti di contenuti ideologici. Il PD non rappresenta la sintesi delle forze sociali emergenti, ma è il punto di convergenza degli aggregati più diversi, che diventano conciliabili tra loro, in quanto ormai privi delle proprie specificità originarie (vedi laici e cattolici). Il PD quindi, non dispone di una visione politica generale della società e dello stato, ma semmai, come partito non ideologico, è lo strumento per l’assemblaggio di tanti particolarismi che nella società fungono da elementi catalizzatori del consenso di frange elettorali diverse.

 

Entrambi gli schieramenti si appellano alla partecipazione dei cittadini, ma questa ha una finzione meramente elettorale, dato che la democrazia attuale si articola sulla immagine mediatica legata agli indici di audience e sulle masse acclamanti i leaders carismatici. Infatti il PD e il PDL sono partiti dai programmi generici, vacui e assai simili negli (scarsi) contenuti e identificabili son la persona del leader; Veltroni e Berlusconi sono gli attori di una competizione mediatico-elettorale che raccolgono consensi sulla base del proprio personale carisma. Assistiamo dunque alla trasformazione della politica italiana che diventa del tutto simile a quella americana, in cui i partiti non hanno precisi orientamenti ideologici in quanto il sistema politico-economico è totalizzante e privo di autentiche opposizioni. Infatti negli USA, così come nell’incipiente futuro italiano, la competizione è incentrata sulle persone dei candidati quali personaggi costruiti dal marketing politico allo scopo di recepire il consenso di massa mediatico, a prescindere dai contenuti, spesso vaghi e indefiniti. PD e PDL sono partiti che si preparano a diventare la versione in salsa italica dei partiti democratico e repubblicano americani, capaci di assorbire in totale percentuali bulgare dell’elettorato. Tuttavia questa pretesa voglia di rinnovamento viene smentita dai fatti: sia in sede locale che nazionale i futuri governi non potranno che essere espressione di coalizioni, né più né meno che nel vecchio bipolarismo, dato che è improbabile che oggi, come domani, ciascuno possa raggiungere la maggioranza assoluta. In sostanza, PD e PDL sono il risultato di una decennale convergenza al centro degli schieramenti di destra e di sinistra. E’ costatabile infatti la assoluta identità di vedute di entrambi nel campo dell’economia e della politica estera. In economia è tanto evidente l’identità dei programmi, da suscitare la reciproca accusa di plagio. In entrambi è consolidato l’orientamento liberista imposto all’Italia dagli organi internazionali (FMI e WTO) e dalla limitata sovranità economica imposta dalla UE. Entrambi sono partiti riformisti, orientati verso una società la cui evoluzione è determinata dal mercato e dal consumo, in cui lo stato e la dimensione sociale vengono confinati in ambiti sempre più ristretti. Le promesse elettorali prefigurano improbabili orizzonti di sviluppo. Si moltiplicano promesse demagogiche che hanno la funzione di esorcizzare una crisi sistemica irreversibile ai questo modello sociale ed economico liberista globalizzato. Si prevede che la crisi americana generata dalla bolla immobiliare propagherà i suoi effetti anche sull’Europa: a breve termine potrebbe verificarsi il fallimento si alcune banche americane. L’Europa governata dalla BCE conferma il suo stato di subalternità alla economia americana. All’aumento dei prezzi, con conseguente perdita di potere d’acquisto dei salari, fa riscontro il decremento del tasso di crescita: tale situazione è tipica del fenomeno della stagflazione. Ma la BCE, dinanzi ai repentini ribassi del dollaro, ai crolli della borsa e dei tagli dei tassi americani, non prevede analoghe diminuzioni dei tassi nell’area euro, a causa dell’impennata dell’inflazione degli ultimi mesi. Tale inflazione è dovuta ai rincari dei prezzi, a fronte di una crescita assai inferiore alle previsioni. Il ristagno economico europeo (e naturalmente italiano), è dovuto al rincaro vorticoso del prezzo del greggio, al calo del dollaro, dalla concorrenza selvaggia dei paesi asiatici. Queste concause determinano l’impossibilità di una qualsiasi crescita in Europa. Occorre rilevare come la produzione le conseguenze dei flussi speculativi dell’economia finanziaria. Il rincaro progressivo delle materie prime è dovuto infatti alle manovre speculative messe in atto dalle banche e dai finanziari in internazionali, che in borsa riversano enormi flussi di capitale nel settore del greggio e dei derivati, onde compensare le perdite del comparto immobiliare. La politica monetaria della BCE ha reso l’Europa disarmata dinanzi alla recessione americana.

 

Per quanto concerne l’Italia, sia il PD che il PDL sono delegati ad un ruolo meramente esecutivo delle direttiva economiche dettate dal decalogo promulgato da Montezemolo. Confindustria impone le sue tavole della legge e, data la fase di ristagno produttivo in atto, è facilmente prevedibile che i poteri forti impongano al futuro governo, quali condizioni essenziali per la ripresa, maggiori riduzioni del costo del lavoro, flessibilità, tagli della spesa pubblica, minori tutele sociali, insieme con l’abolizione della contrattazione collettiva e dello statuto dei lavoratori. Lo sviluppo economico avrebbe dunque come premessa il regresso sociale. Confindustria vuole essere l’artefice di quelle riforme liberiste che i precedenti governi non sono stati in grado di realizzare. La ratio di tali riforme risiede in quella “cultura d’impresa” che ha comportato in 10 anni contributi e sgravi fiscali a vantaggio di una classe imprenditoriale che, oltre a dimostrarsi incapace di produrre sviluppo, ha determinato minor sicurezza nel lavoro, precarietà diffusa e impoverimento generalizzato. Non è un caso che, in vista di un possibile pareggio tra gli schieramenti, si ipotizzi un governo Draghi, quale garante degli interessi finanziari internazionali e rappresentante del potere bancario reale che governa l’Italia.

 

Nessuno affronta temi di politica estera. L’acquiescenza dell’Italia all’Occidente americano è quindi un dato acquisito. L’Italia, con Francia, Gran Bretagna e Germania ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo. Tale fatto rappresenta un pericoloso precedente: l’Europa condivide il disegno già in atto degli USA di smembramento del Vecchio Continente in tante entità regionali dipendenti economicamente e militarmente dagli americani.

Tutti fanno ampio uso del tricolore, parlano in nome di una Nazione virtuale, perché priva di valori unificanti e sovranità politica. Il consenso elettorale si forma infatti acquisendo il sostegno di tanti poteri piccoli e grandi, di miriadi di egoismi particolaristici, di categoria di localismi vari, atti a difendere i propri privilegi interni allo stato. Può uno stato rappresentare la somma di tanti interessi opposti ed egoistici e quindi ridursi a strumento della loro sopravvivenza? Nessuna riforma è attuabile senza autentica sovranità popolare, senza un tessuto sociale che si riconosca in valori superiori e comuni a tutti, a cui necessariamente debbano essere sacrificati tutti gli egoismi piccoli e grandi. Lo smembramento del paese è un dato di fatto sotto gli occhi di tutti, la mancanza della coesione sociale è frutto di un modello sociale improntato al particolarismo gretto e clientelare delle piccole patrie partitocratriche, sindacali, localistiche, che ha distrutto ogni coscienza etica comunitaria che deve presiedere ad una struttura di uno stato autenticamente rappresentativo nazione italiana.