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Nuovi peccati e nuovi comandamenti (eco)

di Marinella Correggia - 16/03/2008

 

Sembra che si stia facendo strada il concetto di «peccato ambientale» fino a qualche tempo fa ignorato dalle Chiese.
Le cose si muovono addirittura nel movimento evangelico statunitense; di recente oltre 40 religiosi della Convenzione battista del Sud hanno pubblicamente lamentato l'eccessiva «timidezza nella risposta alle emergenze ambientali, una cautela che è percepita nel mondo come noncurante, negligente e disinformata». Il reverendo Frank Page, presidente della Convenzione, tradizionalmente conservatrice, ha dichiarato insieme a due ex presidenti nella finora tetragona che «il tempo della timidezza rispetto alla natura, creazione di Dio, è finito». Tanya Erzen, esperta del mondo evangelico Usa alla Ohio State University, ha spiegato al quotidiano inglese Guardian che il tema dei cambiamenti climatici è ormai di quelli che dividono: la base dei fedeli, insieme ai pastori più giovani, sta facendo molte pressioni, abbastanza ascoltate, per timore di emorragie di credenti. Certo, i tradizionalisti ci sono ancora: la Cornwall Alliance for Stewardship of Creation sostiene che impegni vincolanti sul clima porterebbero alla perdita di 1,3 milioni di posti di lavoro fra i neri e gli ispanici. E alcuni pastori ambientalisti come Richard Cizik, presbiteriano, sono stati costretti a ritirare il proprio nome da petizioni ecologiste.
Comunque nel 2006 l'arcivescovo di Londra elencò fra i «sintomi di peccato» l'utilizzo di auto di grossa cilindrata e di aerei, per via del loro pesante impatto ambientale. Parallelamente introdusse il concetto di «virtù ambientale»: contenersi nei consumi per un senso di responsabilità nei confronti dei più poveri e delle future generazioni; «qualcosa che potrebbe portare più gioia». E Leo Hickman, giornalista inglese di «stili di vita», guarda con molto interesse al recente annuncio, da parte dell'arcivescovo cattolico Gianfranco Girotti, dei nuovi sette peccati capitali. Per memoria ricordiamo i classici sette peccati capitali: superbia, avarizia, invidia, gola, accidia, lussuria, ira. I nuovi invece sono: inquinamento ambientale, manipolazioni genetiche, accumulare eccessive (?) ricchezze, infliggere la povertà ad altri, traffico e consumo di droghe, esperimenti eticamente discutibili, violazione dei diritti fondamentali della natura umana. Tutti «modi di offendere Dio». Il commentatore Hickman si chiede: «Il cattolico che viaggia a Barcellona in aereo per un week end o non ricicla a dovere, e poi non confessa il peccato di inquinamento, andrà all'inferno?».
Anche nel mondo laico gli innumerevoli attentati alle risorse sono ormai spesso definiti con il termine «colpa grave». E da ogni dove si indicano nuovi decaloghi per comportamenti virtuosi. L'anno scorso un gruppo di esperti inglesi, sollecitati dalla governativa Agenzia per l'ambiente, ha elencato 50 «comandamenti» per l'azione pubblica, apparsii sulla rivista periodica Your Environment. Guardacaso al secondo posto per importanza c'è: «Convincere i leader religiosi a fare dell'ambiente una priorità per i fedeli». E perfino, al nono posto, «incoraggiare le persone a comprare meno, di ciò che non è indispensabile». Insomma, secondo uno dei compilatori della lista, bisogna arrivare a vedere il consumo come un'eccezione, qualcosa che è scusata solo in caso di vero bisogno.
Di «grande colpa di cui si macchia il mondo con il suo perverso uso delle risorse», anche di quelle economiche - parla Rajendra Pachauri, coordinatore dell'Ipcc, il gruppo di scienziati dell'Onu vincitori del Premio Nobel per la pace per i loro rapporti sul riscaldamento del clima. Come sostenitore della campagna «illuminare un miliardo di vite umane», lo scienziato indiano ha confrontato i 15 miliardi di dollari che sarebbero necessari appunto per fornire energia elettrica solare a un miliardo di persone, con i 12 miliardi di dollari finora spesi per distruggere l'Iraq con la guerra iniziata nel 2003. Del resto la guerra è il più mortale dei peccati, sociali e ambientali.