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Il Tibet, il petrolio, il dollaro. Fino a quando potrà durare il grande inganno?

di Carlo Gambescia - 17/03/2008

 

Lo spettacolo dell’impotenza europea è veramente avvilente. Davanti a questioni della massima importanza come la crisi del dollaro, la crescita vertiginosa del prezzo del petrolio, e da ultimo, la rivolta tibetana, l’Europa sta mostrando che non ha alcuna forza necessaria per intervenire e decidere del proprio destino. Ma diremmo, ancor prima che forza, volontà…
In pratica, l’Europa vive a rimorchio delle decisioni altrui e si prepara, come sempre, a piegare il capo agli interessi statunitensi. Purtroppo, quando in politica estera ed economica, si rinuncia al conflitto e all’indicazione del nemico, di regola, è l’alleato più forte a designarlo: in questo caso gli Stati Uniti. Per farla a breve: a ordinare all’Europa quel che deve fare. Di qui, prima la guerra al “terrorismo internazionale”, imposta dagli Stati Uniti; poi l’accettazione europea dell’alto prezzo di un barile di petrolio, volto e tenere costanti i profitti dei petrolieri americani "danneggiati" dal calo del dollaro; e infine la non interferenza, che si va profilando, nella questione cino-tibetana. Anche qui, evidentemente, per non turbare i rapporti economici e politici con la Cina, principale partner degli Usa e di conseguenza (ma molto meno) dell’Europa.
L’aspetto più grave è che l’intera classe dirigente europea, politica ed economica, ha ormai “introiettato” totalmente questa condizione - per dirla pane al pane… - di pesante servilismo verso gli Stati Uniti. E come accade, proprio in questi giorni, in Europa quasi ci si scusa per la straordinaria crescita dell’euro. Oppure, come sulla crisi tibetana in corso, si attende, con ansia crescente, il pronunciamento ufficiale degli Stati Uniti. Insomma, uno spettacolo penoso: l’Europa sta alla finestra, in attesa, di ricevere ordini.
Mentre in realtà sull’euro forte e su una politica di contrattazione diretta in euro del prezzo del petrolio con i paesi produttori, l’Europa potrebbe costruire una nuova politica estera, indipendente dalle decisioni americane. Ma una politica del genera imporrebbe la rottura con Washington… Non sia mai detto…
Lo stesso discorso vale per la crisi cino-tibetana. Che potrebbe rappresentare un’autentica occasione d’oro per usare la difesa dei diritti dell’uomo in funzione anticinese, anche come deterrente economico. Dal momento che la Cina con il suo basso costo (sociale) del lavoro, penalizza i lavoratori europei, rendendo difficile la difesa del nostro welfare state. Ma anche qui: non sia mai detto…
Purtroppo, allo stato attuale delle cose, le nostre critiche, hanno, al massimo, il valore, se ci si passa lo scivolone stilistico, di chiacchiere da bar sport. Dal momento che le classi dirigenti europee - tutte - sono pesantemente asservite agli Stati Uniti. Tuttavia - ecco il punto - questa grave condizione di dipendenza viene presentata come frutto di profonda saggezza, e quel che peggio, quale portato di una “sincera” comunione di interessi, politica ed economica tra Europa e Stati Uniti.
Che invece come abbiamo visto non esiste. Ma che, grazie pure a una sistematica opera di disinformazione mediatica, viene tenuta nascosta ai lavoratori e consumatori europei. I quali però tutti i giorni devono recarsi a fare la spesa e alla pompa di benzina… Pertanto, fino a quando potrà durare il grande inganno?