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Abbasso lo stipendio

di Massimo Gramellini - 18/03/2008

Mi ha davvero impressionato la quantità di reazioni politiche alla proposta di ridurre la paga dei parlamentari, avanzata ieri a Novara da Veltroni.

Nessuna.

E’ già tanto che qualche suo collega non si sia levato a dargli del demagogo e del moralista, che sono gli strani insulti con cui in Italia si mette a tacere chiunque sostenga un’opinione di buonsenso senza neppure infarcirla di barzellette e ammiccamenti sessuali. Meglio essere demagoghi che incoscienti, comunque. Dalla nomenklatura ci si aspettava a questo giro un sussulto di dignità. Un’astensione di massa dalle candidature per favorire il ricambio. E invece persino gli ottuagenari hanno fatto a cazzotti per un posto in lista, perché il desiderio di rimanere dentro la Casta resta superiore al discredito sociale che ormai deriva dall’appartenervi. Ridurre lo stipendio dei politici e il numero allucinante di coloro che lo percepiscono, a Roma e negli enti locali, non servirà a mettere a posto i conti dello Stato, ma avrebbe un significato simbolico straordinario, perché per la prima volta dal dopoguerra una classe dirigente imboccherebbe la strada della sobrietà: non con le parole ma con l'esempio. L’invito a tirare la cinghia ha sempre un suono sgradevole. Ma se viene fatto da chi continua a tenere larga la propria, acquista un retrogusto strafottente che lo rende intollerabile. Chiedo scusa per la caduta demagogica e moralista. Per penitenza reciterò cinque «Ave Velina» e dieci parabole sulla carica erotica del leader del popolo della virilità.