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Iraq, Sette iracheni su 10 vogliono il ritiro delle forze straniere

di redazionale - 18/03/2008


Oltre due terzi degli iracheni ritengono che le forze di occupazione dovrebbero andarsene dal loro Paese. Sono i risultati di un sondaggio condotto per la televisione britannica in vista del quinto anniversario dell'invasione del 2003.

 Il 70% degli intervistati ha risposto che le truppe straniere dovrebbero ritirarsi.

Il 40 % pensa tuttavia che gli Stati Uniti debbano avere un ruolo maggiore nella ricostruzione dell'Iraq, e il 36% vuole un maggiore coinvolgimento britannico.

Nel complesso, i risultati del sondaggio, realizzato per Channel 4 da ORB, un istituto di rilevazioni britannico che segue l'andamento dell'opinione pubblica irachena dal 2005, presentano un quadro diversificato dell'atteggiamento degli iracheni, a cinque anni dall'invasione guidata dagli Usa che – nel marzo 2003 - ha rovesciato il regime di Saddam Hussein.

Affermazioni sconfortate sulla realtà della loro esistenza quotidiana contrastano infatti con una visione del futuro sorprendentemente positiva.

Questo malgrado l'impatto della violenza sulla vita personale. Un quarto degli intervistati ha detto infatti di avere perso un familiare assassinato. A Baghdad, il dato sale quasi alla metà (il 45 %).

Decisamente negativi i dati sulle condizioni materiali.

Circa l'81% ha avuto interruzioni di elettricità nel mese precedente alle rilevazioni, e il 43 % scarsità di acqua potabile. Oltre un quarto degli intervistati (il 28 %) ha sofferto mancanza di generi alimentari – un dato che sale al 44% nelle province del sud.

Per quanto riguarda i progressi verso la democrazia, le opinioni variano. Tuttavia, solo il 23% pensa che l'azione militare sia stata nell'interesse a lungo termine dell'Iraq, mentre il 46% ritiene che non lo sia stata.

Nonostente ciò, il 51% preferisce la vita oggi a quella sotto il regime di Saddam Hussein.

Il 55% è ottimista sul futuro, anche se fra i sunniti la percentuale scende al 48 per cento.

E il 68 % dice che l'Iraq "un giorno sarà tranquillo e normale".

Il sondaggio è stato condotto fra il 24 febbraio e il 5 marzo da ORB e dal suo partner locale IIACSS mediante interviste dirette su un campione di 4.000 iracheni sopra i 18 anni di età. Il margine di errore del campione nazionale è di 3,1 punti percentuali.

Un Paese profondamente diviso

Un altro sondaggio, i cui risultati sono stati resi pubblici oggi, conferma che gli iracheni hanno una maggiore speranza nel futuro, ma attribuiscono il merito dei miglioramenti relativi rilevati nel proprio Paese al governo, all'esercito, e alla polizia iracheni, e non agli Stati Uniti.

Oltre la metà degli intervistati, il 53 %, pensa anzi che l''aumento delle truppe statunitensi nella provincia di al Anbar e a Baghdad abbia peggiorato – non migliorato - la situazione complessiva della sicurezza.

Tuttavia, sulla questione del ritiro delle truppe straniere, la percentuale dei favorevoli è del 38%, una diminuzione del 9% rispetto al 47% dello stesso sondaggio condotto nell'agosto scorso.

Per quanto riguarda la sicurezza, il dialogo politico, la capacità del governo iracheno, e lo sviluppo economico, una percentuale compresa fra il 42 e il 53 % degli intervistati dice che la situazione è peggiorata.

I risultati disaggregati delle rilevazioni mostrano che in Iraq la spaccatura confessionale continua a essere significativa.

Complessivamente, alle domande sulla propria vita, l'attuale situazione del Paese, e le aspettative per il futuro dei propri figli, lo stato d'animo degli arabi sunniti è molto più cupo di quello sia degli sciiti che dei kurdi.

Fra gli arabi sunniti, infatti, più di otto su 10 dicono che la situazione dell'Iraq è brutta; fra i kurdi, invece, questa percentuale è di poco più della metà – comunque alta.

Fra gli sciiti, al contrario, meno di 4 su 10 pensano che le cose stiano andando male.

Particolarmente critica è la situazione dei servizi. L'88% definisce la disponibilità di acqua "pessima" o "quite bad". Per il carburante è l'81%, e per l'elettricità il 61%.
Nel complesso, tuttavia, nella mente della maggior parte degli iracheni la sicurezza rimane il problema principale del Paese.

Per quanto riguarda le speranze per il futuro, meno della metà degli intervistati prevede che l'Iraq sarà migliorato fra un anno. Ad ogni modo, questa percentuale – il 46% - è il doppio di quella rilevata ad agosto, quando solo il 23% si aspettava un anno migliore. Anche qui, la spaccatura confessionale è notevole, con il 59% degli sciiti ottimisti, contro solo il 17% dei sunniti.

Questo secondo sondaggio è stato commissionato dalla rete televisiva Usa ABC News e dalla BBC, assieme alla televisione tedesca ARD, e alla giapponese NHK. E' il quinto di questo genere.

Le rilevazioni sono state condotte dal 12 al 20 febbraio su un campione casuale di 2.228 iracheni di età superiore ai 18 anni. In aggiunta al campione nazionale, è stato preso un oversample (campione aggiuntivo) per la provincia di al Anbar, il quartiere di Sadr City a Baghdad, e le città di Bassora, Kirkuk, e Mosul. Il margine di errore è di 2,5 punti percentuali.

Secondo il caposervizio esteri della BBC, John Simpson, le profonde divisioni fra i diversi gruppi rendono "piuttosto privo di significato parlare di opinione pubblica 'irachena' ".

Quello che conta è la percezione dei singoli gruppi – sunniti, sciiti, e kurdi – e in particolare quella dei sunniti, dice Simpson, "dato che gran parte della violenza proviene da lì". E, "nonostante tutti i miglioramenti, la popolazione sunnita irachena rimane chiaramente profondamente alienata, e profondamente ostile", conclude il giornalista della BBC.

[O.S.]

Fonti: Agence France Presse, Associated Press, BBC News


I risultati integrali del sondaggio ORB

I risultati integrali del sondaggio ORB  (tabelle) [pdf]

I grafici riassuntivi del sondaggio di ABC News, BBC, ARD e NHK
I risultati del sondaggio per esteso [pdf]