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I piani USA per distruggere Hamas

di comaguermarseille - 19/03/2008



La rivista statunitense Vanity Fair pubblica, nel numero di aprile, un lungo articolo sui piani e le azioni del governo USA finalizzati ad imporre i suoi uomini alla guida della Palestina. Il suo autore è David Rose, giornalista britannico che collabora regolarmente con la rivista inglese The Observer.

Non si tratta di cospirazioni di gruppi o di lobby all’interno della macchina politica ed amministrativa statunitense, bensì d’una azione direttamente organizzata da Condoleeza Rice, dal Dipartimento di Stato e da Elliott Abrams, consigliere per Sicurezza nazionale.

L’operazione inizia con la morte di Yasser Arafat, nel novembre del 2004. Washington decide di mettersi subito in moto per portare alla guida dell’Autorità palestinese un leader ed un gruppo dirigente totalmente sottoposto a Washington.

L’uomo chiave di questo dispositivo è Muhammad Dahlan, uomo forte di Al Fatah, consigliere nazionale per la Sicurezza di Mahmoud Abbas; Dahlan ha strette relazioni con la CIA e l’FBI fin dagli anni 90. Bush lo definisce, in pubblico, “un leader concreto”, in privato “un nostro uomo”.

Il piano consiste nell’organizzare velocemente le elezioni per mettere Hamas in difficoltà. Abbas vuole evitare la precipitazione, ma Washington insiste. Le elezioni quindi hanno luogo e Hamas le vince: la sua vittoria traduce il rifiuto, da parte della popolazione palestinese, della corruzione di Al Fatah e dei suoi legami con gli USA.

La vittoria di Hamas genera costernazione a Washington. Secondo una delle fonti d’informazione dell’articolo di Vanity Fair, nel corso di una riunione al Pentagono, gli ufficiale si chiedono “Chi è quell’imbecille che ci ha proposto questo piano?

La decisione della Casa Bianca è quella di escludere il riconoscimento del governo scelto dal popolo palestinese. Un funzionario del Dipartimento di Stato precisa: “Dobbiamo schiacciarli”.

Le misure immediatamente prese sono note:
- gli Stati Uniti fanno adottare dal Quartetto (USA, ONU, UE, Russia) la decisione di sopprimere qualsiasi aiuto al nuovo governo palestinese
- Israele sigilla Gaza per impoverire i Palestinesi e farli rivoltare contro Hamas
- Israele arresta 64 responsabili di Hamas, di quali circa la metà sono deputati eletti (la maggioranza sono in prigione), rendendo impossibile la capacità di funzionamento del nuovo governo.

Benché preoccupato di evitare la guerra civile, Hamas cerca di mettere su, insieme ad Abbas, un “governo d’unità nazionale”. Nell’ottobre del 2006, Condoleeza Rice si reca sul posto per impedire ad Abbas di proseguire questo tipo di discussioni e gli ordina di organizzare nuove elezioni.

Poiché Abbas non passa immediatamente all’azione, Condoleeza Rice gli fa pervenire, quindici giorni dopo, tramite Jake Walles, console generale degli USA a Gerusalemme, un ultimatum: obbligare Hamas ad accettare nuove elezioni entro una precisa data limite.

Abbas tarda ancora ad eseguire quest’ordine. Washington allora si dà da fare per orchestrare la guerra civile e Dahlan, ex ufficiale della sicurezza di Arafat e notorio sbirro entra in gioco. E’ il “figlio di puttana” (*) che gli Stati Uniti riescono sempre a trovare ed utilizzare per difendere i loro interessi contro quelli delle popolazioni straniere.
* (l’espressione, d’uso corrente negli ambienti dirigenti statunitensi, è attribuito a Franklin Roosevelt che, parlando del dittatote nicaraguense Somoza, precisava « è un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana »)


Dahlan orchestra azioni violente contro i militanti di Hamas, che risponde.

La macchina è partita. Ma i mezzi militari e quelli di polizia di cui dispongono Dahlan e Al Fatah sono scarsi: durante l’attacco al quartiere generale di Arafat del 2002, l’esercito israeliano li aveva quasi annientati. Occorre quindi ricostituirli; ma bisogna farlo clandestinamente, giacchè non è affatto possibile chiedere ufficialmente al Congresso USA di armare una milizia partigiana per rovesciare il governo eletto dai Palestinesi. Allora Condoleeza Rice chiede aiuto ai governi arabi amici: Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, affinché assicurino la formazione della milizia Dahlan, il suo equipaggiamento e il suo finanziamento.

La fine di dicembre del 2006, quattro camion egiziani attraversano i check point israeliani e penetrano nella Striscia di Gaza. Contenuto: 2000 fucili mitragliatori, 2 milioni di proiettili. Israele, evidentemente complice, ma poiché teme che un giorno quelle armi potrebbero essergli rivolte contro, non concede di più e rifiuta di lasciar passare armi pesanti.

Dahlan, nel gennaio del 2007, conduce una prima azione contro l’Università di Gaza. Un ultimo tentativo di evitare la guerra tra Palestinesi ha luogo l’8 febbraio del 2007 alla Mecca, ma Hamas, pur ammettendo il governo d’unità, rifiuta il riconoscimento di Israele.

E’ l’impasse. Viene lanciato il piano B.
Ormai è Abbas che deve condurre l’operazione, Dahlan ne è soltanto l’esecutore. Questo piano è descritto in un documento intitolato: “Piano d’azione per la Presidenza palestinese”. Lo scopo è quello di portare le forze della Presidenza palestinese a circa 20000 uomini, di cui 4700 corrispondenti a forze speciali addestrate in Giordania e in Egitto, e a garantire un finanziamento dell’ordine di un miliardo di dollari spalmato su cinque anni. Elaborato sul posto dal Tenente generale statunitense Dayton, è convalidato da Abbas, che si trova in tal modo direttamente impegnato nell’eliminazione “manu militari” di Hamas e del suo governo.

A fine aprile, il piano viene svelato da un quotidiano giordano. Poco dopo, arrivano dall’Egitto i primi 500 nuovi “poliziotti” di Al Fatah. Possiedono un equipaggio superiore. Iniziano gli scontri con i militanti di Hamas, ma i miliziani di Al Fatah hanno livelli di motivazione diversi e i combattenti, benché feriti, non permettono loro di prendere vantaggio.

Viene dunque deciso di rinforzare l’armamentario dei “poliziotti” e, a partire dal 7 giugno, Israele permette l’ingresso a Gaza di blindati, di lancia-granate, di razzi e di grandi quantità di munizioni. Gli scontri sono violenti. Hamas ne esce vincitore e tutte le armi egiziane cadono nelle sue mani. L’azione sotterranea conro Hamas si è rivelata un colossale flop.

Il seguito è noto… I razzi d’origine egiziana e pagati dai Sauditi che si trovano a Gaza vengono lanciati sulle colonie ebraiche. Israele reagisce a suo modo, con mano pesante e gli abitanti di Gaza si fanno massacrare.


A questo punto c'è da chiedersi, ciò che non fa l'articolo di Vanity Fair, se Israele, cui nulla di questo scenario desolante è sfuggito, non abbia lasciato gli Stati Uniti organizzare questo spaventoso pasticcio che gli ha fornito nuova occasione per ristabilire l'ordine nel sangue, con mezzi militari pesanti ed una deplorevole soddisfazione di sé, consolidata da un'impunità internazionale sempre inammissibile.

Questo interrogativo è indotto da un altro. Esiste, è noto, un dibattito permanente per conoscere se le lobby sioniste controllino totalmente la politica estera statunitense in Medio Oriente – di ciò Ariel Sharon si è vantato pubblicamente – oppure se non siano semplicemente uno degli elementi di tale politica, restando la “superpotenza”, alla fine, padrona del gioco.

Gli avvenimenti descritti da David Rose permettono di procedere nel dibattito.
La “superpotenza”, soprattutto quando è diretta da uno stupido, ma non soltanto, è una macchina molto lenta, attraversata da contraddizioni, che trovano la propia ricomposizione solo nel parossismo demenziale dell’assalto esterno, nell’orgasmo dei combattimenti. Essa può allora commettere errori enormi. Il nano sionista, al contrario, è una piccola unità di potere, molto ristretta, molto bellicosa, in stato d’assedio da 60 anni, che è contemporaneamente più reattiva e completamente preda della psicosi d’assedio.
In una relazione morbosa tra il nano e il gigante, spesso il più monomaniaco domina.


Oltre le confusioni della "superpotenza" che, ahimè, sono garantite dagli altri tre membri del Quartetto, l'articolo di Vanity Fair mostra una volta ancora lo spessore della menzogna e dell'ipocrisia che caratterizzano la politica imperialista degli Stati Uniti.

Questa menzogna ha ovviamente fatto molto rumore a Washington. Ma una menzogna tira l'altra e la Rice ora afferma che le armi ad Hamas sono state fornite dall'Iran. Come si dice, più grossa è...


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