Sala gremita, con gente anche nei corridoi del Ridotto del teatro Verdi di Fiorenzuola (PC), per ascoltare Maurizio Pallante, il teorico della decrescita in Italia, fondatore del Movimento della Decrescita Felice, collaboratore della trasmissione Caterpillar, ospite d’eccezione nei giorni scorsi della rassegna “Uomo e ambiente tra utopia e apocalisse”, organizzata dalla cooperativa Galassia Gutenberg e promossa dall’assessore alla cultura Nicoletta Barbieri. Titolo dell’incontro: “Crescita e decrescita. Risparmiare energia, vivere meglio, spendere meno
L’impostazione della decrescita anzitutto mette in discussione il concetto corrente di crescita: Che il Pil aumenti - avverte Pallante - non significa che un Paese cresca. E’ un valore che misura le merci e gli scambi di denaro, non i beni. Non facciamo confusione: i beni non equivalgono alle merci, vi sono beni che non sono merci e merci che non sono beni. Sempre rifacendosi al titolo dell’incontro: si può risparmiare e stare meglio? Pallante porta un esempio (emblematico anche per il concetto di “decrescita felice”): In una stanza correttamente coibentata non c’è una temperatura eccessivamente alta e si ha un ricambio d’aria con un recupero del calore. Si sta meglio in una stanza di questo tipo che in una con temperatura a 22 gradi. Non sprecando energia ho anche ridotto l’emissione di biossido di carbonio. Diminuendo il consumo di una merce (petrolio o gas) che non è un bene, diminuisco il Pil (misuratore della crescita) ma aumento il benessere. Rotta l’equazione merce - bene, e quella crescita del Pil - crescita dei beni, Pallante smonta anche un’altra presunta corrispondenza tra lavoro e occupazione: L’occupazione è solo una parte del lavoro: pensiamo alle casalinghe il cui lavoro non viene considerato perchè non c’è scambio di danaro.
Secondo Pallante occorre un cambiamento di paradigma culturale, per realizzare la decrescita felice, agendo in particolare sul fronte della scienza e della tecnologia, degli stili di vita, senza dimenticarsi del piano della politica. Lo studioso parla di un valore della sobrietà come capacitàࠤ di ridurre la propria impronta ecologica. In sostanza si tratta di riscoprire l’autoproduzione di beni e servizi (come coltivare l’orto o fare lo yogurt in casa), ma anche di fare le cose con amore, con la logica non dello scambio di merci, ma del dono, all’origine della comunità (parola che non a caso viene dal latino: cum, insieme e munus, dono).
La politica può favorire questa trasformazione, ponendo ad esempio vincoli sulle nuove costruzioni, incentivando al risparmio energetico, riducendo la produzione dei rifiuti, premiando chi fa la raccolta differenziata. E in questo senso Pallante non è solo un “teorico” della decrescita. Agisce: oltre ad avere stili di vita improntati al risparmio energetico, all’autoproduzione e all’autoconsumo, fondatore (20 anni fa) con Mario Palazzetti del Comitato per l’uso razionale dell’energia, è stato assessore all’ecologia ed energia del comune di Rivoli, attualmente consulente del Ministero dell’ambiente e membro del comitato scientifico di “M’illumino di meno”.

da Libertà