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La vera causa dell’inflazione e del debito pubblico

di Claudio Bianchini - 21/03/2008

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Terza parte

«L’ammontare totale del denaro in circolazione determina la quantità di soldi di cui disponiamo per le nostre transazioni e, in ultima analisi, determina il livello globale dei prezzi dei prodotti e dei servizi» (1).
Il sistema è pensato affinché gli Stati nazionali e la collettività intera facciano sempre ricorso al debito su cui chi emette la moneta incassa interessi.
Ecco perché per i banchieri le Banche Centrali devono essere private e avere, senza alcun controllo da parte di terzi, il monopolio dell’emissione della moneta.
In questo modo il sistema bancario controlla e determina il livello degli interessi, il livello di inflazione ed il livello globale dei prezzi, nonché la massa monetaria in circolazione su cui incassa interessi.
E senza possibilità di interferenza da parte di alcuno.
In pratica tengono in scacco l’intera economia reale, Stati nazionali inclusi.

I fondamentali di economia ci dicono che per non creare inflazione la base monetaria dovrebbe variare nello stesso modo in cui varia l’andamento economico.
Così se in Italia l’economia aumenta e richiede un maggior numero di scambi, anche la massa monetaria deve aumentare nello stesso modo.
L’aumento della ricchezza è misurato dal PIL (Prodotto Interno Lordo).
Se il PIL in un dato anno aumenta del 2%, anche la massa monetaria deve aumentare del 2%.
Se aumenta di più ciò genera inflazione, se aumenta meno ostacola lo scambio dei beni e dei servizi.
Immaginiamo ora che l’aumento del PIL in un dato anno consenta all’Italia di aumentare la propria base monetaria di 100 Euro.
Non è lo Stato che emette la nuova moneta, ma la Banca Centrale privata (la BCE).
Ecco cosa succede in sintesi.

Primo effetto

La BCE emette 100 euro di cartamoneta nominale e la consegna (tramite Bankitalia) allo Stato.
Questi in cambio si indebita verso la BCE per l’ammontare nominale della cartamoneta ricevuta (100 euro).
Su questi titoli lo Stato dovrà riconoscere alla BCE degli interessi passivi, il cui tasso viene deciso dal sistema bancario.
La BCE iscrive tra le sue riserve un valore pari alla nuova cartamoneta consegnata (euro 100).
Su questo ammontare, ma al netto delle proprie spese di gestione, la BCE riconosce allo Stato italiano interessi attivi (il cui tasso è deciso sempre dai banchieri, non dallo Stato).
Nel tempo, quindi, l’ammontare sul quale lo Stato deve riconoscere gli interessi alla BCE (rappresentato dai titoli ceduti) è costante, mentre l’ammontare su cui la BCE riconosce gli interessi passivi allo Stato è decrescente in quanto questo valore viene annualmente decurtato dai costi di gestione della BCE.
Si genera quindi un primo gap sfavorevole allo Stato.
Inoltre a carico dello Stato rimane la cartamoneta distrutta.
Si calcola che mediamente una banconota resta in circolazione circa 2 anni.
Quella usurata viene consegnata a Bankitalia che provvede a sostituirla con nuove banconote.
Ma per la cartamoneta distrutta incidentalmente dai cittadini lo Stato non può chiedere la corrispondente restituzione dei titoli emessi.
Il costo rimane quindi a carico dello Stato.

Secondo effetto


I titoli ricevuti dallo Stato italiano vengono girati dalla BCE alle Banche Centrali nazionali e da queste alle banche commerciali per la collocazione al pubblico.
Questi titoli, sia quelli venduti che quelli non collocati, giacciono sino alla scadenza nei conti titoli delle banche.
Questi conti sono considerati dal sistema bancario come veri e propri depositi (2).
Su di essi pertanto il sistema bancario può generare ulteriore moneta (cosiddetta «moneta bancaria») attraverso un meccanismo denominato «di riserva frazionaria».
Il meccanismo prevede che su ogni ammontare ricevuto in deposito un istituto di credito deve conservarne a titolo di riserva solo una frazione, ed il resto può essere utilizzato per effettuare prestiti.
In ipotesi di riserva frazionaria del 2% (nella realtà oggi è ancora più bassa - si parla infatti di una percentuale inferiore al 1%), con questi 100 euro di titoli in deposito le banche possono prestare sino a 4.900 euro e lucrare interessi su tale ammontare.
L’effetto è evidenziato nella seguente tabella:

Banca

Capitale ricevuto

Capitale a riserva

Ammontare prestato

1

100,00

  2,00

    98,00

2

  98,00

  1,96

    96,04

3

  96,04

  1,92

    94,12

4

  94,12

  1,88

    92,24

5

  92,24

  1,84

    90,39

6

  90,39

  1,81

    88,58

7

  88,58

  1,77

    86,81

.....

.....

.....

.....

.....

.....

.....

.....

.....

5.000

  100

 4.900


La banca 1 presta 98 euro e ne tiene 2 a riserva.
La banca 2 ne presta 96,04 e ne tiene 1,96 a riserva, e così via, sino ad avere generato crediti virtuali per complessivi 4.900 euro, ma coperti sempre e solo da quegli unici 100 euro iniziali.
Ad un tasso ipotetico ma attuale del 6%, questo comporta un guadagno per il sistema bancario, di euro 294, pari al 294% del capitale iniziale ricevuto di 100 euro.

Terzo effetto

Quando lo Stato riceve i 100 euro di nuova cartamoneta emessi dalla Banca Centrale (a fronte dei quali ha emesso i 100 euro di titoli) li mette in circolazione.
Questo ammontare, distribuito alla collettività, inevitabilmente entra nel circuito bancario sotto forma di depositi.
Pertanto, sempre con la ipotizzata riserva frazionaria del 2%, le banche potranno creare  un’ulteriore credito di moneta bancaria di 4.900 euro e realizzare, sempre in ipotesi di un tasso di interesse medio del 6%, altri 294 euro di profitti.
Non male davvero.
A fronte di un’unica erogazione di 100 euro di cartamoneta da parte della Banca Centrale (non coperta da alcuna garanzia o bene reale), cui ha corrisposto un’emissione da parte dello Stato di 100 euro in titoli coperti da garanzie reali al 100%, sui quali i cittadini vengono tassati per pagare i relativi interessi, il sistema bancario, che non produce nulla ed i cui costi pesano sulla collettività, nell’esempio citato ha guadagnato qualcosa come  il 588% di profitto in un anno emettendo moneta bancaria virtuale, non coperta da alcunché,  per complessivi 9.800 euro.
Moneta virtuale emessa nella maggioranza dei casi chiedendo garanzie reali agli utilizzatori.
Sono soldi che comportano un ulteriore e perenne indebitamento dell’economia reale verso il sistema bancario in quanto non potranno mai essere restituiti.
Nell’economia reale, infatti, sono stati immessi solo 100 euro, non 588!

In realtà il guadagno delle banche è anche maggiore se consideriamo gli interessi sugli interessi che le banche addebitano periodicamente ai clienti.
Qualcuno obietta che comunque le banche si accollano un certo rischio di insolvenza in quanto il titolare di un deposito  bancario potrebbe sempre richiedere i propri soldi alla banca, e che sui depositi comunque il sistema bancario deve riconoscere interessi attivi.
E anche su questi punti emerge l’assoluto dominio del sistema bancario sull’economia reale: la lobby si muove come un unico monopolista imponendo al mercato una forbice su cui lucrare tra interessi attivi da riconoscere sui depositi dei clienti (oggi più o meno lo 0,25%) e quelli passivi da incassare per i prestiti erogati (oggi mediamente oltre 8%), ed in secondo luogo fa in modo che i soldi rimangano il più possibile all’interno del sistema bancario, facendo promuovere norme che scoraggiano l’uso del contante a favore della moneta elettronica.
I pretesti non mancano (3).
Ma sono solo pretesti.
La verità è che puntano a una legge che impedisca ai cittadini di portare i propri soldi fuori dal sistema bancario.
In questo modo non servirà più alcuna riserva.
Le banche si appoggiano l’un l’altra in questo gioco.
E nel frattempo incassano interessi su questa moneta virtuale.
Il funzionamento del sistema bancario è più complesso del semplice esempio sopra riportato, ed include altre variabili.
Tuttavia gli effetti deleteri evidenziati in questa esemplificazione trovano piena conferma nella realtà italiana.

Al 31 dicembre 2006, la massa monetaria di cartamoneta in circolazione era di circa 105 miliardi
di euro (4) contro una massa di moneta bancaria su cui le banche incassano interessi - il cosiddetto «M3» (5) - di circa 1.124 miliardi di euro (4).
Un rapporto di 10 ad 1.
Se applichiamo un tasso indicativo del 6% annuo ai 1.124 miliardi di moneta bancaria circolante (M3), otteniamo 67 miliardi di euro annui che potenzialmente il sistema bancario sottrae all’economia reale per la sola Italia (il terzo effetto dell’esempio).
Di contro lo Stato italiano ha riconosciuto per il solo 2006 circa 70 miliardi di euro per interessi passivi a fronte di circa 0,8 miliardi di euro di interessi attivi riconosciuti dalla BCE all’Italia.
L’ammontare degli interessi pagati dai cittadini italiani e dallo Stato al sistema bancario vale, complessivamente, l’effetto di due intere manovre finanziarie annuali: 136 miliardi circa di euro annui!
Questo ammontare, per il quale non vi è traccia di prelievo fiscale a carico delle banche,  corrisponde a circa l’8% del PIL (dati di bilancio dello Stato al 31/12/2006) (6).
Ecco perché con questo sistema tutti gli Stati affondano nel debito pubblico, e tutti noi siamo, chi più chi meno, indebitati con le banche.

Se restituissimo la sovranità monetaria allo Stato, come dovrebbe essere, in pochi anni il debito pubblico italiano scomparirebbe.
E senza alcun aggravio fiscale per i cittadini.
Per arrivare a questa conclusione basta usare il buon senso.
Non servono degli Einstein.
E allora perché non si cambia?
Perché questa soluzione non viene proposta dai vari economisti di giornata intervistati in TV o alla radio?

Quello che bisogna capire, allora, è se siamo di fronte ad un sistema da riformare in quanto sbagliato oppure se si tratta di un sistema volutamente architettato per tenere in scacco la collettività e gli Stati nazionali.
A questo cercheremo di rispondere nella prossima parte.

Fine terza parte


Claudio Bianchini

Prima parte
C’è qualcosa che non va

Seconda Parte
La vera causa dell’inflazione e del debito pubblico



1) Rudo de Ruijter «I segreti del denaro, dell’interesse e dell’inflazione».
2) Gertrude Margaret Coogan «I creatori di moneta», edizioni di Ar.
3) Si veda in questo sito l’articolo dello stesso autore «Varato il controllo degli italiani da parte delle banche nel silenzio generale di tutti» del 02 ottobre 2006.
4) Lino Rossi  www.voceditalia.it/articolo.asp?id=4163 del 28 dicembre 2007:
«Al 31/12/2006 il circolante era circa 113 miliardi di euro, dei quali 105 cartacei e 8 metallici; l’aggregato monetario M1 era 667 miliardi di euro, M2 era 941 miliardi di euro e M3 era 1.124 miliardi di euro».
5) Esistono 3 livelli su cui il sistema bancario incassa interessi e genera inflazione:
M1 = denaro circolante e depositi a vista;
M2 = M1 + depositi con scadenza fissa fino a 2 anni + depositi rimborsabili con preavviso fino a 3 mesi;
M3 =  M2 + pronti contro termine + quote di fondi di investimento monetario e titoli di mercato monetario + obbligazioni con scadenza fino a 2 anni).
6) Relazione Previsionale e Programmatica per il 2006 dello Stato, pagina 21.