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Italiani, la fiducia è locale

di Paola Springhetti - 21/03/2008


 
 I l Signor Ansia ha più di quarant’anni, è un artigiano o un precario, vive in una città medio­grande del Sud, non ne può più del traffico, e pensa che la qualità della vita negli ultimi anni è decisamente calata e che l’Italia non ha grandi prospettive di sviluppo.
  Probabilmente ha anche messo le inferriate alle finestre, anche se in realtà la sicurezza non è la sua preoccupazione maggiore. Eppure, il Signor Ansia nella sua città non ci vive poi così male, pensa che la qualità della vita sia buona, ed è perfino piuttosto contento di chi la amministra. Che cosa sono, allora, questi territori che costituiscono il nostro Paese e nello stesso sembrano diversi da esso, come se le città fossero il luogo del benessere e della civiltà, il Paese fosse il luogo del disordine e dell’incertezza? Dal 17 al 20 aprile Ferrara ospita la prima edizione del «Cittàterritorio festival», che sarà dedicato al tema «Centro e periferia».
  Due concetti che forse una volta erano chiaramente distinti, ma di cui oggi si fatica a delineare il significato, visto che le città non hanno più mura, bordi, confini, e che i centri si decentrano e si moltiplicano. Territori sempre meno definiti, insomma, anche se gli italiani sembrano invece percepirli nettamente, amandoli e identificandosi in essi assai più che nel Paese in generale. Sono ambivalenti, infatti, gli italiani. Se pensano al loro Paese sentono l’ansia crescere proporzionalmente ai problemi, se invece pensano al territorio in cui vivono, sentono l’ansia calare e la soddisfazione crescere. E più è piccolo il centro in cui risiedono, più sono contenti. Al primo posto, tra le preoccupazioni degli italiani, c’è l’occupazione e il lavoro (23%). Lo dice un sondaggio dell’Ipsos su «Le preoccupazioni degli italiani e la qualità della vita nelle città», realizzato nelle ultime settimane proprio per offrire materiale di riflessione al Festival Cittàterritorio. Ed è significativo che la preoccupazione per il lavoro sia così forte proprio nel momento in cui l’Italia ha un tasso disoccupazione attorno al 5,6%, il più basso da vari decenni (probabilmente la spiegazione sta nella difficoltà a fare i conti con un mercato del lavoro che è profondamente cambiato). Al secondo posto, tra i problemi più gravi dell’Italia, gli italiani collocano l’instabilità politica (19%); al terzo lo
sviluppo economico (16%) per il quale non vedono grandi prospettive; al quarto la sicurezza (12%). Tra le sorprese, il fatto che le tasse siano citate solo dal 3% degli interpellati, come la droga, e le pensioni dal 2%.
  Ma, come accennato, se si passa a parlare della dimensione locale, la percezione dei problemi è molto diversa: la preoccupazione per occupazione e sviluppo cala di un terzo e viene raggiunta da quella per la viabilità e la mobilità; il problema sicurezza scende al 9%, quello dell’instabilità politica crolla al 3%, mentre aumentano le preoccupazioni per il welfare e per l’inquinamento.
  Preoccupa il fatto che la qualità della vita è percepita come peggiorata negli ultimi tre anni, ma nonostante questo il 68% degli interpellati dà un voto positivo o molto positivo alla qualità della vita nel comune di residenza e il 55% lo dà anche all’amministrazione comunale. Ovviamente, ci sono forti differenze. Tra Sud e Nord, ad esempio: se il voto è positivo per le amministrazioni del Nord nel 67% dei casi circa, lo è solo per il 59% al Centro Nord, per il 40% al Centro Sud e per il
45% al Sud e nelle Isole. Allo stesso modo, in genere chi vive in un centro medio-piccolo dichiara una qualità di vita migliore di chi vive in uno grande. E il peggioramento che tutti avvertono rispetto al 2006 è molto contenuto al Nord, ma raggiunge e supera i 10 punti percentuali al Centro e al Sud.
  Insomma, secondo l’amministratore delegato dell’Iscos, Nando Pagnoncelli, «sembra che si stia acuendo la frattura tra i due Paesi, il Sud e il Nord. Inoltre emerge il ritratto di un Paese ambivalente, in cui la gente, quando parla di sé, mostra un lieve ottimismo, mentre quando proietta la propria percezione sull’intero Paese, materializza un quadro negativo». Proprio questo rende il festival di Ferrara un appuntamento interessante, perché il problema delle città oggi non è più solo quello di migliorare la qualità della vita dei propri abitanti, ma di saldarsi – sia sul piano culturale che su quello dello sviluppo – con il resto del Paese. E di come quelle che vengono definite le «nuove soggettività territoriali» possano diventare una risorsa per l’Italia.
 




Bambini davanti al castello Estense di Ferrara, che sarà sede del «Cittàterritorio festival»