La tv: il serpente sotto il letto
di Paolo Cortesi - 17/09/2005
Fonte: Nexus Italia
Chi è nato dopo il dicembre 1991 ha della televisione un concetto decisamente diverso di chi è più vecchio: i nostri quattordicenni, infatti, considerano realtà ovvia che durante l’intero arco delle 24 ore quotidiane la tv trasmetta programmi. A qualunque ora, dallo schermo vengono immagini e suoni. Nelle notti insonni, quando qualche preoccupazione o qualche malanno ci tengono svegli, uno dei gesti più frequenti è ciabattare fino al divano che sta davanti all’elettrodomestico e osservare ottusamente ciò che viene trasmesso.
La programmazione sulle 24 ore, alla Rai, è iniziata nel dicembre 1991. Prima di quella data, esistevano momenti in cui dallo schermo non usciva che un sibilo abbastanza sgradevole ed un’immagine (il monoscopio…) che sembrava il bersaglio d’un tiro a segno. Diamo un’occhiata ad un documento che può sembrare più arcaico d’una tavoletta cuneiforme: lo “schema settimanale delle trasmissioni televisive della Rai per il 1958”, oggi si dice palinsesto. Vediamo che le trasmissioni iniziavano alle ore 17 (sì: alle cinque del pomeriggio) e terminavano immancabilmente alle 23,20. La pubblicità era drasticamente confinata fra le 20,45 e le 21: quindici minuti che davano vita all’inimitabile “Carosello”. Nel corso della giornata esistevano tempi in cui non si trasmetteva nulla: dal lunedì al sabato, dalle 18 alle 18,30 non esistevano programmi. Cosa si trasmetteva ? Leggiamo il palinsesto 1958:
“Spettacolo in pubblico. Giuochi e indovinelli. Lezioni di lingue. Varietà musicale. Rubrica culturale storica o scientifica. Rivista. Film o ripresa teatrale esterna. Concerto musica sinfonica o da camera. Programma per la donna. Programma per le fanciulle”. Rigorosamente controllata dal governo, minuziosamente monitorata dalla censura di pura marca cattolica, strutturata da un codice comunicativo rigidissimo (vietato usare parole che potevano scivolare nel doppiosenso, quali membri, seni, falli…), la paleotelevisione era considerata un potente strumento di educazione popolare, ma anche temuta come “potenza malefica e più sconvolgitrice degli spettacoli cinematografici perché capace di introdurre tra le stesse pareti domestiche quell’atmosfera avvelenata di materialismo, di fatuità e di edonismo che troppo sovente si respira nelle sale cinematografiche”, come tuonava il papa nel 1957.
Alla fine di aprile, è stato diffuso un documento della Società Italiana di Pediatria, le cui conclusioni sono agghiaccianti: “Se un bambino guardasse per due ore al giorno Italia 1 nella fascia oraria compresa tra le 15 e le 18, durante la quale è trasmessa una programmazione specificatamente destinata all’infanzia, quel bambino rischierebbe di vedere in un anno 31.500 spot pubblicitari”. (La Repubblica, 29.4.2005)
Dai 15 minuti giornalieri di Carosello siamo arrivati alle 4 ore di spot quotidiani, e il dato è ancora riferito alla sola fascia riservata al pubblico più piccolo. Direi che non occorre un dottorato ad Oxford per poter immaginare le conseguenze di questa situazione che trova un corrispettivo solo nelle fantasie inquiete dei romanzi di sociologia apocalittica. Viviamo, infatti, immersi in una realtà doppia: la televisione, proprio perché onnipresente e continua, si sta sostituendo (o si è già sostituita?) alla realtà vera.
E non è un caso che lo spettacolo di moda ora è il “reality”: un’infame sceneggiata che si propone come momento di vita vissuta sul quale aleggia l’occhio inevitabile della telecamera, e dunque dello spettatore. Che uomo sarà, che padre sarà il ragazzino del 2005 la cui mente è solcata da migliaia di spot pubblicitari ? Quale sarà il codice etico del bambino che viene allevato nella certezza che la vita è degna di essere vissuta solo se sei bello, magro, forte, ricco, veloce, furbo e spregiudicato quanto basta per far fuori i concorrenti ? La dose di esposizione al trattamento è così massiccia che risulterebbe dannosa anche se i messaggi trasmessi fossero educativi, formativi e sani piuttosto che l’intossicazione attuale.
Anche i fondamenti morali di Kant, che pure sono quanto di meglio abbia prodotto l’uomo nella storia della sua riflessione morale, risulterebbero “pericolosi” se ripetuti con l’ossessivo martellante stillicidio con cui si esprime oggi la tv. Perché questo è il nodo della questione: se il medium è il messaggio (McLuhan), oggi il medium è la modalità con cui esso si esprime: la ripetizione sistematica, inestinguibile. La reiterazione non dà scampo, non dà tempo per pensare e scegliere, per decidere. La televisione è oggi un colossale laboratorio in cui noi tutti siamo le cavie e lo scienziato pazzo è costituito dai gruppi di potere.
Le tecniche pubblicitarie sono state applicate alla propaganda elettorale: questa è la prova più chiara, e preoccupante, di cosa pensino della tv coloro che governano. Ciò che non pare ancora abbastanza acquisito dalla gente è che la tv non si presta affatto all’esercizio della scelta consapevole. Chi fa la tv dice: se non ti piace, spegnila. Sembra tutto così facile… ma non è vero: la televisione è oggi l’ambiente: è possibile vivere indifferenti all’ambiente in cui ci troviamo ? Sì, ma non è certo facile. Anche perché chi rifiuta la tv è comunque costretto a vivere in mezzo ai milioni di persone che dipendono dalla tv. È la tv che oggi crea, modifica e influenza il linguaggio, ma anche i gusti, i costumi, il pensiero comune.
È la tv che crea funzioni: chi avrebbe pensato, solo fino a dieci anni fa, che le gente sarebbe ricorsa ad un goffo pupazzo di stoffa rossa per esporre reclami e per ottenere una spicciola giustizia amministrativa ? Credo che la televisione sia oggi lo strumento più potente del controllo di massa esercitato dai gruppi di potere occulto, i quali hanno trovato il mezzo ideale per mantenere il dominio: uno strumento messo in funzione dalla stessa “vittima”. Ma il controllo che viene agito ora non è quello rudimentale modello Big Brother, bensì un dominio più stringente perché colpisce le fondamenta stesse del pensiero. Ciò che spaventa di più non è che la tv ci induca a comprare questo o quello, ma che essa sta profondamente mutando la nostra percezione mentale, la nostra facoltà di scelta morale, la nostra capacità di valutare gli eventi e le persone.
La tv sta diventando un culto osceno terribile, scandito da riti demenziali officiati da sacerdoti dementi. Pio XII sbagliava: la televisione non è sentina di vizio e teatrino delle vanità; è una gigantesca brain machine che sta mutando la specie umana, sostituendo alla libertà, alla volontà e alla critica l’adesione incondizionata agli stereotipi di massa decisi in qualche invisibile consiglio d’amministrazione.
La programmazione sulle 24 ore, alla Rai, è iniziata nel dicembre 1991. Prima di quella data, esistevano momenti in cui dallo schermo non usciva che un sibilo abbastanza sgradevole ed un’immagine (il monoscopio…) che sembrava il bersaglio d’un tiro a segno. Diamo un’occhiata ad un documento che può sembrare più arcaico d’una tavoletta cuneiforme: lo “schema settimanale delle trasmissioni televisive della Rai per il 1958”, oggi si dice palinsesto. Vediamo che le trasmissioni iniziavano alle ore 17 (sì: alle cinque del pomeriggio) e terminavano immancabilmente alle 23,20. La pubblicità era drasticamente confinata fra le 20,45 e le 21: quindici minuti che davano vita all’inimitabile “Carosello”. Nel corso della giornata esistevano tempi in cui non si trasmetteva nulla: dal lunedì al sabato, dalle 18 alle 18,30 non esistevano programmi. Cosa si trasmetteva ? Leggiamo il palinsesto 1958:
“Spettacolo in pubblico. Giuochi e indovinelli. Lezioni di lingue. Varietà musicale. Rubrica culturale storica o scientifica. Rivista. Film o ripresa teatrale esterna. Concerto musica sinfonica o da camera. Programma per la donna. Programma per le fanciulle”. Rigorosamente controllata dal governo, minuziosamente monitorata dalla censura di pura marca cattolica, strutturata da un codice comunicativo rigidissimo (vietato usare parole che potevano scivolare nel doppiosenso, quali membri, seni, falli…), la paleotelevisione era considerata un potente strumento di educazione popolare, ma anche temuta come “potenza malefica e più sconvolgitrice degli spettacoli cinematografici perché capace di introdurre tra le stesse pareti domestiche quell’atmosfera avvelenata di materialismo, di fatuità e di edonismo che troppo sovente si respira nelle sale cinematografiche”, come tuonava il papa nel 1957.
Alla fine di aprile, è stato diffuso un documento della Società Italiana di Pediatria, le cui conclusioni sono agghiaccianti: “Se un bambino guardasse per due ore al giorno Italia 1 nella fascia oraria compresa tra le 15 e le 18, durante la quale è trasmessa una programmazione specificatamente destinata all’infanzia, quel bambino rischierebbe di vedere in un anno 31.500 spot pubblicitari”. (La Repubblica, 29.4.2005)
Dai 15 minuti giornalieri di Carosello siamo arrivati alle 4 ore di spot quotidiani, e il dato è ancora riferito alla sola fascia riservata al pubblico più piccolo. Direi che non occorre un dottorato ad Oxford per poter immaginare le conseguenze di questa situazione che trova un corrispettivo solo nelle fantasie inquiete dei romanzi di sociologia apocalittica. Viviamo, infatti, immersi in una realtà doppia: la televisione, proprio perché onnipresente e continua, si sta sostituendo (o si è già sostituita?) alla realtà vera.
E non è un caso che lo spettacolo di moda ora è il “reality”: un’infame sceneggiata che si propone come momento di vita vissuta sul quale aleggia l’occhio inevitabile della telecamera, e dunque dello spettatore. Che uomo sarà, che padre sarà il ragazzino del 2005 la cui mente è solcata da migliaia di spot pubblicitari ? Quale sarà il codice etico del bambino che viene allevato nella certezza che la vita è degna di essere vissuta solo se sei bello, magro, forte, ricco, veloce, furbo e spregiudicato quanto basta per far fuori i concorrenti ? La dose di esposizione al trattamento è così massiccia che risulterebbe dannosa anche se i messaggi trasmessi fossero educativi, formativi e sani piuttosto che l’intossicazione attuale.
Anche i fondamenti morali di Kant, che pure sono quanto di meglio abbia prodotto l’uomo nella storia della sua riflessione morale, risulterebbero “pericolosi” se ripetuti con l’ossessivo martellante stillicidio con cui si esprime oggi la tv. Perché questo è il nodo della questione: se il medium è il messaggio (McLuhan), oggi il medium è la modalità con cui esso si esprime: la ripetizione sistematica, inestinguibile. La reiterazione non dà scampo, non dà tempo per pensare e scegliere, per decidere. La televisione è oggi un colossale laboratorio in cui noi tutti siamo le cavie e lo scienziato pazzo è costituito dai gruppi di potere.
Le tecniche pubblicitarie sono state applicate alla propaganda elettorale: questa è la prova più chiara, e preoccupante, di cosa pensino della tv coloro che governano. Ciò che non pare ancora abbastanza acquisito dalla gente è che la tv non si presta affatto all’esercizio della scelta consapevole. Chi fa la tv dice: se non ti piace, spegnila. Sembra tutto così facile… ma non è vero: la televisione è oggi l’ambiente: è possibile vivere indifferenti all’ambiente in cui ci troviamo ? Sì, ma non è certo facile. Anche perché chi rifiuta la tv è comunque costretto a vivere in mezzo ai milioni di persone che dipendono dalla tv. È la tv che oggi crea, modifica e influenza il linguaggio, ma anche i gusti, i costumi, il pensiero comune.
È la tv che crea funzioni: chi avrebbe pensato, solo fino a dieci anni fa, che le gente sarebbe ricorsa ad un goffo pupazzo di stoffa rossa per esporre reclami e per ottenere una spicciola giustizia amministrativa ? Credo che la televisione sia oggi lo strumento più potente del controllo di massa esercitato dai gruppi di potere occulto, i quali hanno trovato il mezzo ideale per mantenere il dominio: uno strumento messo in funzione dalla stessa “vittima”. Ma il controllo che viene agito ora non è quello rudimentale modello Big Brother, bensì un dominio più stringente perché colpisce le fondamenta stesse del pensiero. Ciò che spaventa di più non è che la tv ci induca a comprare questo o quello, ma che essa sta profondamente mutando la nostra percezione mentale, la nostra facoltà di scelta morale, la nostra capacità di valutare gli eventi e le persone.
La tv sta diventando un culto osceno terribile, scandito da riti demenziali officiati da sacerdoti dementi. Pio XII sbagliava: la televisione non è sentina di vizio e teatrino delle vanità; è una gigantesca brain machine che sta mutando la specie umana, sostituendo alla libertà, alla volontà e alla critica l’adesione incondizionata agli stereotipi di massa decisi in qualche invisibile consiglio d’amministrazione.