Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Una pagina al giorno: la tentazione d'un prete, di Marino Moretti

Una pagina al giorno: la tentazione d'un prete, di Marino Moretti

di Francesco Lamendola - 26/03/2008

 

 

  

Dal romanzo La vedova Fioravanti di Marino Moretti (1941), cap. XIV (edizione Mondadori, 1944, pp. 281-291):

 

"Giunse don Dorligo alla Crocetta e il contadino della prossima casa colonica  l'aveva aspettato, benché fosse, disse, abituato  ad andare a letto coi polli. Ma era soltanto  per dargli la buona notte: il giovane sostituto  conosceva bene la casa e non aveva bisogno di nulla. Queste altre sere, si poteva star certi, il contadino non avrebbe  avuto lo stesso riguardo.

"Don Dorligo entrò, solo, nel tinello arredato all'antica,  con mobili anonimi, che non parevan di nessuno,  o almeno della stessa chiesetta contadina, su per giù come i poveri arredi racimolati, del resto, nei bugigattoli di qualche canonica dei dintorni. C'era un'ottomana gialla, una cantoniera, un orologio  a pendolo, fermo, e sulla tavola di mezzo pendeva la solita sproporzionata lampada a petrolio nella quale era stata innestata una lampadina elettrica di non più di dieci candele, sì che la luce pareva ancora quella del lume originario e il trucco quasi non si vedeva. Egli posò sulla tavola i libri, le cartelle, la bottiglietta di vin bianco, il breviario, poi fece l'ispezione nella casetta, di sotto e di sopra. Il suo lettino era pronto:  doveva averglielo preparato, la sera stessa, la figlia della contadina. Gli piacque che le lenzuola fossero rozze, pensò che sua madre amava lenzuola troppo fini, letti troppo morbidi e qui le foglie di granturco come crocchiavano! Sorrise. Non era questa una specie di preparazione al Monte Codruzzo? Certo, la casa parrocchiale lassù non era molto più comoda, e doveva farci anche molto più freddo. Pensò che il rettore di questa chiesetta fosse poverissimo, e così seguisse le sorti della sua chiesa che, non essendo parrocchia, non aveva neppur diritto al fonte battesimale, sicché lui, modesto rettore, non avendo archivio, non poteva celebrar matrimoni e neanche assolvere i pochi morti di tutta la borgata. La messa tutte le mattine e poco altro. Pensò don Dorligo che s'egli non si fosse indugiato in paese, il caro disagio sarebbe toccato a don Amos o a don Gustavo, e ringraziò mentalmente il caro arciprete che aveva pensato a questo bello scansafatiche.  Diede anche una capatina in sacrestia in cui restava a notte l'odor di campagna. Passò in chiesa e s'inginocchiò. Era una chiesa così piccolina! «E ora - disse - si farà qualche cosa in tinello».

"Seduto alla tavola ovale, sotto la lampada, cercò le cartelle, aprì uno di quei libri, s'armò della stilografica , allontanando per ora il breviario. Doveva scrivere per quelle Ephemerides Liturgicae una recensione impegnativa per una recente opera di Diritto Concordatario (l'articoletto contro il ballo l'aveva scritto in venti minuti). Quanti bei temi e quante idee! Feste religiose e loro profanazione…Divisioni di Confraternite…Assistenza religiosa ai soldati…Scriveva e scartabellava nel gran silenzio, non già con l'ansia di creazione di quando aveva come strappati dal cuore, di notte gli ultimi capitoli del suo bel racconto morale. Ora accadeva che la penna incespicasse, tornasse indietro, cancellasse, riprendesse da capo, perché questo era un lavoro serio: eh, eh, Diritto Concordatario… Quando finì, gli parve di sudare come se avesse dato un esame. Guardò l'orologio: erano quasi le undici. Allora ricordò che doveva ancora dire la seconda parte d'ufficio, e tese la mano verso il grosso breviario quando udì picchiare, quasi dolorosamente, all'uscio di casa. Aspettò che bussassero ancora. Pensò che qualcuno avesse visto trapelare il lume dagli interstizi della finestra. Pensò a un malato grave in una casupola lontana, sperduta.  A san Mauro in Fiume toccava quasi sempre a lui. Ci aveva fatto un bel tirocinio.

"Aprì, e per prima cosa vide una bicicletta con un fanalino piuttosto languido.

" - Qualcuno che sta male?

"Non s'era accorto ch'era una donna. Per solito, è il capo di casa che viene a chiamare col carrettino.

"- Don Dorligo - fece la donna - sono io, sono la Wanda…

"- Chi? La Wanda Buratti? A quest'ora?

"- Fatemi entrare, don Dorligo. Sono sfinita.

"Lui non avrebbe certo fatto in tempo a precluderle il passo, tanto la miracolata aveva spinto dentro la bicicletta con irruenza e forse forse contro di lui. Entrò, la porta del tinello era aperta e faceva luce al piccolo ingresso.  Nello stesso stupore don Dorligo non si stupì ch'ella entrasse in tinello prima di lui.

"- Come? Come? - badava a dire. - A quest'ora?

"Lei era caduta mezza distesa sull'ottomana, restava con gli occhi chiusi, immobili, senza dar segno di vita.

"- Che avete fatto? Di dove venite?

"Don Dorligo ripeté le domande, lei fece segno di aver pazienza ancora pochi minuti.

"- Sì - disse finalmente con vice fioca - non so che cosa mi sarebbe successo se non avessi trovato questo rifugio, se non avessi avuto la forza almeno d'arrivare in bicicletta  fin qui…

"- Che vi è successo? Da dove venite?

"- Dal paese? Credete che venga dal paese? No, al contrario, ci tornavo in paese: ho trascorso tutta la giornata con la mia amica levatrice, in città, e dovevo passar la notte con lei, , sì, con lei, perchénon mi sentivo bene, ero stata tutto il giorno indisposta… Ancilla non mi voleva lasciar partire, figuratevi ch'ero già a letto nella stessa stanza d'Ancilla, e diceva: non ti reggi, tornare in bicicletta a casa a quest'ora! Non capiva la mia risoluzione, non capiva che non avrei potuto restare un minuto di più in casa sua…

"- perché? - chiese lui senza volerlo

"- perché? Perché io, non l'amo Ancilla, non l'amo! Non ho nessuna fiducia in lei, non credo nella sua amicizia, non credo nemmeno nella sua onestà e non capisco nemmeno come io mi sia lasciata abbindolare… Una che è stata soprannominata Sempre Libera Deggio! Una levatrice! Già, il fidanzamento con Palin è rotto. Da troppo tempo, don Dorligo, l'uno non voleva più saperne dell'altro…

"In un improvviso richiamo alla realtà, don Dorligo capì che tutte queste erano inutili chiacchiere.  Si avvicinava forse mezzanotte e lui era qui nella casa del rettore della Crocetta insieme con una ragazza, solo con una ragazza.

" - Non m'interessa - disse infine severo. - Non m'interessa quel che voi dite. Non posso interessarmi alle vostre cattive amicizie a quest'ora. Se vi sentite meglio, salite in bicicletta  e tornate subito a casa.

"Lei lo guardò in modo come se gli dicesse che per ora non rispondeva. Era ridiventata brutta, zingaresca. Riappoggiò il capo fra spalliera e cuscino e chiuse gli occhi.

".- Non avete detto che vi sentite meglio?

"- Non ho detto che mi sentivo meglio.

"- Be', non potete fermarvi qui. C'è qui vicino la famiglia del contadino. Posso svegliare l'arzdora e dire che vi prenda in casa e v'assista.

"- No, no - disse lei, rialzando il capo, - non fate questo, abbiate pazienza un altro quarto d'ora, poi me ne vado… Non sapevo, - aggiunse dopo una pausa, - non sapevo ch'eravate così energico. Fate così anche coi vostri malati?

"Don Dorligo tacque, finse di riordinare le carte sparse sulla tavola: o almeno parve a lei che fingesse. D'un tratto, lui alzò il capo.

"- Voi sapevate che io ero alla Crocetta a quest'ora? Come lo sapevate?

"- Non lo sapevo.

"- Non lo sapevate? Credevate davvero di trovare qui il rettore don Guerino?

"Sì, sì, credevo di trovare il rettore don Guerino Spreti.

"- E vi siete stupita di trovare invece me?

"La ragazza alzò le spalle come a significare che lei difficilmente si stupiva di qualche cosa.

"- Non è vero. È chiaro che mentite. Voi avete saputo alla parrocchia che io sostituisco per qualche tempo il rettore. Qualcuno ve lo ha detto. Perché non confessate?

"-E se fosse? Che delitto avrei commesso, se così fosse?

"-No. Ma ora dovete uscire di qui.

"-Don Dorligo si ergeva severo puntando le mani sulla tavola. La ragazza stette un po' a guadare una piccola arteria che pulsava sulla fronte di lui, poi ricadde come esaurita.

"- Sì, - mormorò con gli occhi socchiusi, - ora me ne vado…me-ne va-do…

"Il prete si rimise a sedere. Aprì a caso l'opera sulla Celebrazione del matrimonio in Italia dopo il Concordato, chinò il capo per leggere, col cuore che gli tumultuava dentro per l'ira. Gli occhi non vedevano le parole. L'ira tumultuando  incontrava in fondo al cuore una strana pietà, e gli pareva che fosse stato sempre così, che la miracolata  avesse suscitato in lui come negli altri i sentimenti più discordi, i più ostinati contrasti, di congettura e di giudizio. Ebbe l'impressione che se l'avesse gettata sulla strada di notte  con la sua bicicletta, sarebbe stato troppo crudele. D'altronde, approvava che lei avesse deciso di rompere i rapporti con Ancilla Brighi, qui almeno la ragazza, la donna di chiesa, aveva dimostrato una certa saggezza.

" - Don Dorligo -- interruppe lei con una vocina che non era più la sua, - non avete mica un po' di caffè?

"- No, - rispose lui sinceramente addolorato - , - qui non c'è nulla.

"- Pazienza -, disse lei e richiuse gli occhi.

"Lasciò passare qualche minuto, poi s'alzò come a fatica e venne a sedersi alla tavola con dolce intima curiosità.

"- Che libri sono? Sì, continuate a lavorare. Io non vi disturbo. Mi piace così.

"Egli chinò di nuovo gli occhi sul libro. Non leggeva, sentiva anzi passare i minuti, e pensava per la prima volta che il silenzio d'una donna seduta, nella pace notturna, era in certi casi perfino attraente. La compagnia d'una giovane donna molto discreta… Ricordò di colpo il motto di don Amos: «Cave a muliere in omni casu», ricordò il motto: «A muliere initium  peccati», e chiuse il libro lasciandovi sopra un forte pugno.

"- Ora basta, ora debbo ritirarmi. Domattina bisogna alzarsi verso le cinque. Ora come vi sentite?

"- Mi sono riposata. Sto meglio. Se non fossi costretta a salire in bicicletta… ma è uno sforzo  che bisogna fare e lo farò. Lasciatemi seduta pochi minuti. Dieci altri minuti.

"Egli riaprì il libro.

"- Don Dorligo! - riprese lei carezzevole dopo una dolce pausa. - Si sta bene qui seduto sotto la lampada… Questo silenzio…che silenzio! Sentite? Oh Dio, perché questi libri? Mi pare che non siate fatto per studiare tutta la notte, su questi libri. Del resto, tolto il breviario, qui non c'è nulla di veramente sacro. Voi non avete il cuore così arido, don Dorligo, io lo so.

"- Che cosa sapete voi?

"- Parlate franco: vostra madre non vi ha mai detto nulla di me?

"- Non ricordo che mia madre m'abbia mai fatto il vostro nome

"- Meglio, molto meglio. Vostra madre  è una brava donna, una donna generosissima, e voi forse le somigliate benché non vogliate farlo capire. Sono convinta che anche vostra madre pensa di voi che non avete il cuore arido. Lei forse non ne ha l'assoluta certezza, ma io! A me, don Dorligo, le prove non mancano: dico, le prove.

"- Quali prove?

"Lei sorrideva con gli occhi sfavillanti, avidi.

"- Chi è Nicoletto da Modena? - chiese a voce bassissima. - Vedete? Diventate rosso!

"Il prete si sentiva infatti ardere il viso.

"- Il mio amico Palin ha parlato? Ha fatto male. Quanto a me, non ho inteso dare che un libro d'onesto svago alle nostre associazioni cattoliche. Esso è potuto uscire, del resto, con l'imprimatur. Di questi libri Pierre l'Ermite, un parroco, ne ha scritti a dozzine. In seminario, il nostro rettore…

"- Di che vi scusate? Credete che non mi sia accorta dell'imprimatir? Volevo dire soltanto che questo romanzo potrebbe anche dimostrare che voi non avete il cuore arido. Sotto sotto, è un romanzo d'amore.

"- Che dite? D'amore? Vi ripeto che io ho scritto il romanzo come collaboro al bollettino al bollettino parrocchiale, come ho finito ora di recensire questa opera sul Diritto Concordatario, perché… perché un giovane prete che sappia tenere la penna in mano deve saper are un po' di tutto…

"- Via, don Dorligo, parliamoci chiaro: si può scrivere un romanzo che non sia d'amore? Io direi di no. Voi stesso non vi conoscete. Avete accettato di portar questa veste perché vostra madre vi ha messo, quasi fanciullo, per questa via. Quando vi si è offerta l'occasione di dimostrare il vostro temperamento, avete scritto…che cosa? un romanzo. Potete scrivere versi latini quanti ne volete, potete scrivere anche sul Concordato, ma voi non siete don Dorligo Fioravanti , voi siete Nicoletto da Modena, io vi dico la verità.

"- Quale verità, quale?

"Qui egli s'era levato pallido d'ira.

"- Sì, don Dorligo, io vi conosco ormai come nessuno. Nessuno sa nulla di voi. La mamma vostra è troppo ignorante. I preti della parrocchia sono, per queste cose, anche più ignoranti di vostra madre. Che cosa potete sperare in questo ambiente? Quale credete debba essere d'ora in poi la vostra vita, quale, dite, quale? Non vedete com'è ridicolo sedere in quel vostro ufficio come un avvocato senza cause? Voi dite che vi basta la messa, ma io dico che il divin sacrificio non basta, non basta. E nemmeno basta il breviario. E nemmeno giornali e rivistine cattoliche, niente, niente. Voi dovete vivere, don Dorligo, vivere, vi-ve-re! Avete visto il vostro amico Palin?

"-Io? Io finirò…? - balbettava lui come annaspando. - Come finirò?

"- Ascoltate. Qel ch'io vi dico ora vi farà soffrire. Questa notte non dormirete. Io avrò il rimorso di non farvi dormire per tre, quattro, cinque notti d seguito. Non dormirò nemmeno io, ve l'assicuro.  Soffriremo insieme, caro, ciascuno nel suo lettino. Ma poi!

"- Eh via, - don Dorligo scattò - non mi conoscete tanto come credete se mi vedete sempre seduto in quel mio ufficio  come un avocato senza cause. Ebbene…io partirò, e presto, molto presto, cara miracolata. Sì, aspetto d'esser parroco, avrò in settimana il biglietto di nomina, andrò in montagna e precisamente sul Monte Codruzzo: ecco dove andrò e come finirò, signorina miracolata.

"Allora la ragazza gli si abbatté contro come impazzita:

"- Vigliaco! Hai accettato? Hai davvero accettato? Ma io non voglio, capisci? Io non voglio e non vorrò mai… Tua madre accetterebbe anche una relazione tra noi, la proteggerebbe, la nasconderebbe, purché io non chiedessi di strapparti per sempre la veste, di toglierti la 'professione'! ma io non accetto. Via la veste! Sposare… sposare…

"Lui la respingeva e lei tentava con le dite di sbottonargli la veste, e, con un paio di forbici uscite non si sa donde, tagliuzzarla, oltraggiarla: era già riuscita a un primo sfregio.

"- Tua madre dica e proponga ciò che vuole, per amore della professione, ma io non accetto e non accetterò mai, tu devi fare come il tuo amico Palin, cioè via la veste, via, via!

"Lui s'era difeso, l'aveva disarmata, l'afferrava alla gola, la respingeva verso il divano, senza lasciarle la gola, non essendovi altro modo di fermare tanta sozzura: non lasciava la presa: gli pareva così di difendere sé stesso prete e la madre del prete oltraggiata. Infine l'adagiò sul divano, e allora ebbe il primo sospetto d'averla finita e di vederle realmente sul collo e sul viso, un viso divenuto atroce, i segni orrendi della soffocazione e dell'angoscia. Fu per chiamare quando udì, o gli parve d'udire, il rumore di un'automobile alla porta di strada. Si precipitò ad aprire prima che bussassero. Non riconobbe la donna infagottata che scendeva dall'automobile, gli afferrava un braccio, chiudeva la porta dietro di sé: non riconosceva ancora sua madre.

"- Sono io, don Dorligo, io, io… Che avete fatto? La veste tutta strappata?

"Entrò nel tinellino quasi trascinandolo dietro.

"- Guardate, mamma. Guardate là…"

 

In questo brano de La vedova Fioravanti, nel quale don Dorligo, il protagonista maschile, resiste vittoriosamente alla seduzione di una giovane donna che vorrebbe farlo spretare e condurlo all'altare, si possono osservare le migliori qualità della narrativa di Marino Moretti, che molti conoscono più come poeta crepuscolare, benché la parte maggiore della sua opera, e quella che copre quasi l'intero suo percorso letterario, sia legata alla narrativa ed esorbiti, in gran parte, dai limiti sia cronologici che formali di quel movimento.

Uno stile piano, pulito, lucido e carezzevole; un particolare interesse umano per le psicologie irrisolte, bivalenti o, almeno potenzialmente, divise; una calda simpatia umana per tutti i suoi personaggi, per i loro casi grandi e piccini, per le loro piccole ambizioni, i loro piccoli sogni e le loro piccole e grandi delusioni; un'attitudine a osservare la vita senza giudicarla e senza imporle rigidi codici morali; una bonarietà soffusa di malinconia e dissimulata dietro una scrittura solo apparentemente semplice e quasi giocosa; un'atmosfera "minimalista", dalla quale emergono cose, persone e situazioni in tutto il loro umile eroismo, in tutta la loro coraggiosa fatica di vivere, di credere, di andar avanti. E, ancora, una istintiva repulsione per le svolte drammatiche, per i toni troppo seri, per la retorica in qualsiasi forma e travestimento si possa presentare; soprattutto per gli pseudo superomismi di un malinteso nietzscheanesimo.

Tale è il registro letterario preferito da Marino Moretti, scrittore senza orpelli e senza squilli di tromba, antidannunziano per temperamento oltre che per convinzione, cechoviano per  scelta e per intima essenza. In più, il Moretti narratore possiede quella propensione per una sottile ironia che è estranea, invece, al Moretti poeta ed è elemento caratteristico, piuttosto, dell'altro grande poeta crepuscolarista, Guido Gozzano. Ma essa, in Gozzano, è compiaciuta ed evidente, mentre in Moretti s'intravede appena fra le righe, come un timido sole di marzo che non osa uscire apertamente da dietro il baldacchino color cenere delle nuvole gonfie di pioggia.

Moretti rifugge dai toni troppo seri: e anche la tentata seduzione della Wanda, che pure si avvicina, per un momento, a una sorta di bilancio - molto serio - della vita presente e futura del giovane prete  e aspirante parroco, don Dorligo Fioravanti, scivola poi nel dramma semiserio della crisi isterica, della tentata aggressione a colpi di forbici, dello svenimento della donna, vistasi irrimediabilmente sconfitta nei suoi disegni…

Ma la vera vincitrice è lei, la vedova Fioravanti, la protagonista femminile del romanzo: lei, che veglia con infallibile istinto su quel figlio, giovane e piacente, in cui ha riposto tutto il suo orgoglio, tutte le sue ambizioni sociali, quale madre del futuro parroco don Dorligo: quando essere parroco, e sia pure - all'inizio - di uno sperduto paesetto di montagna, voleva pur dire qualche cosa. Una bella rivincita, un bel traguardo per la povera vedova, dal passato di moglie non proprio immacolato, che ha puntato tutte le sue carte su quel figlioletto messo ancora piccolo in seminario e adesso, finalmente, così vicino a cogliere il frutto di tanti sacrifici, di lui e, soprattutto, di lei…

 

Scrive Giuseppe Zaccaria nel suo saggio Invito alla lettura di Marino Moretti (Milano, Mursia, 1981, pp. 58-61):

 

"Pompeo Fioravanti, il «maggior macellaio», si è affidato per l'educazione del figlio Dorligo, all'arciprete, che ha collocato il ragazzo in seminario. Ma quella che doveva essere, nelle intenzioni dei genitori, una sistemazione provvisoria, accettata di buon brado per il basso costo della retta, risulta alla fine una vera e propria vocazione, che condurrà Dorligo al sacerdozio. Un viaggio in seminario diviene il pretesto ,da parte di Pompeo, per punire e umiliare la moglie, di cui il 'paese' , secondo una consuetudine crudele, si preparava a denunciare pubblicamente le infedeltà. Alla morte del marito, tuttavia, la vedova Fioravanti decide di consacrarsi interamente all'avvenire del figlio (…)

"Al contrario dell'Andreana, la vedova Fioravanti si trova in bune condizioni economiche, che decide di mettere a frutto della sua condizione di «madre di sacerdote e niente altro». Per prepararsi all'ordinazione del figlio, riassetta la casa, arredandovi un apposito 'ufficio', ma don Dorligo si mostra reticente di fronte alle eccessive attenzioni e, soprattutto, contrasta le sue ambiziose speranze. Pur mordendo il freno, la madre si adatta infine a dargli del 'voi', ma non rinuncia alle sue premure, ai regali sempre più costosi, alla tutela protettiva. Assumendosi addirittura non richiesti compiti amministrativi e promozionali.

"Don Dorligo, d'altro canto, teme che la madre scopra i suoi piccoli segreti: nel periodo del seminario ha iniziato un 'romanzetto morale', che, pubblicato con uno pseudonimo, otterrà un notevole successo. Prosegue intanto, nei suoi scarsi avvenimenti, la vita del paese: le riunioni con gli alri giovani preti sotto gli sguardi compiaciuti  e compiacenti della madre, che offre il tè e le sigarette, mentre continua, per conto suo, a curare le 'pubbliche relazioni'; la visita del compagno Palin, che ha rinunciato al seminario e gli presenta la sua fidanzata; l'incontro con Wanda, la 'miracolata', che segue con uno scrupolo eccessivo, ma sempre più formale, le pratiche religiose. A interrompere questa routine interviene la nomina di don Dorligo a cappellano di un lontano paese, ai confini della diocesi. Dopo aver provveduto di persona alla sistemazione del figlio, la vedova Fioravanti, nuovamente sola, rischia di cedere a una nuova tentazione della carne, ma il pensiero di don Dorligo la preserva appena in tempo, quando sta per cadere fra le braccia del pescivendolo Bruno Ghetti. L'esperienza di cappellano è peraltro destinata a concludersi dopo alcuni mesdi di intensa attività, perché don Dorligo si ammala e la madre, dopo averlo ricondotto a casa, ottiene dalle autorità ecclesiastiche l'autorizzazione a scioglierlo dai vincoli parrocchiali.  L'atmosfera dell'idillio iniziale è comunque destinata a venire meno.  La vedova Fioravanti appare sempre più combattuta fra il desiderio per Bruno Ghetti eil rispetto nei confronti del figlio. Nel frattempo si è accorta che su di lui ha messo gli occhi Wanda, che non tralascia occasioni per incontrarlo. Ceerca allora un colloquio con la ragazza e la diffida dal prosegue nelle sue intenzioni. Elusa però anche dalle resistenze che il figlio oppone alla sua volontà, dà nuovamente convegno al pescivendolo, approfittando di una temporanea assenza di don Dorligo, che sostituisce il rettore di una cappella del circondario. Ma ancora una volta, dopo aver spontaneamente offerto a Bruno Ghetti i soldi che gli occorrono per risolvere una difficile situazione finanziaria, si sottrae da ultimo alla consumazione del 'peccato' e si fa precipitosamente condurre in automobile dal figlio. Lo trova in compagnia di Wanda che, simulando una caduta dalla bicicletta,, è stata ricevuta in canonica ed ha dichiarato al giovane sacerdote il suo amore, tentando di strappargli di dosso, nonostante le ripulse, la veste talare. Wanda viene riaccompagnata in paese e la madre, rammendando la tonaca, veglia tutta la notte sul difficile riposo del figlio. Il mattino seguente li troverà entrambi pacificati, riuniti di fronte alla celebrazione del sacrificio della messa.

"Sebbene respinga le possibili infrazioni, la conclusione non intacca tuttavia lo spessore del racconto, legato a situazioni più sottilmente ambigue e contraddittorie. Esse riguardano, in primo luogo, il rapporto possessivo della madre nei confronti del figlio sacerdote ma, a differenza dei Puri di cuore, non lo risolvono nei termini di una linearità esemplare. Al contrario, si manifestano attraverso una serie di impulsi contrastanti, che, vissuti al livello della coscienza e dell'agire dei personaggi, conferiscono alla narrazione una più intima e drammatica conflittualità; una conflittualità che l'ironia alleggerisce, pur senza cancellarne le motivazioni profonde."

 

Marino Moretti  è nato a Cesenatico nel 1885  ed è morto nel suo paese natale nel 1979.

Interrotti gli studi classici, esordisce come poeta crepuscolarista con le raccolte Fraternità, del 1905, e Poesie scritte col lapis, del 1910, che risentono, fra l'altro, della lezione del Pascoli delle Myricae.

La sua narrativa, popolata di personaggi un po' sbiaditi e rinunciatari, ma anche di indimenticabili ritratti femminili straordinariamente 'moderni' per forza di carattere e coraggio di fronte alla vita, comprende romani e racconti come La voce di Dio (1920), I puri di cuore (1923), L'Andreana (1935; interpretata poi, nella versione televisiva, da una splendida e bravissima Ilaria Occhini), La vedova Fioravanti (1941), Il fiocco verde (1948), La camera degli sposi (1958), tutti ambientati nella 'sua' Romagna, specialmente nel mondo dei pescatori e dei commercianti di pesce, gente modesta e sena troppe pretese; e tutti ingentiliti da una vena di delicata ironia e, qua e là, da squarci di autentico umorismo.

Negli ultimi ani è tornato alla poesia con le tre raccolte L'ultima estate (1968), Tre anni e un giorno (1971), Le poverazze (1973).

Marino Moretti: uno scrittore bravo, sobrio e delicato, che onora la nostra letteratura contemporanea e che meriterebbe di essere riletto e riscoperto, specialmente da parte dei giovani che, temiamo, ne conoscono forse appena solo il nome.