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Il senso del selvatico

di Federica Del Guerra - 26/03/2008

 
 
 
Le piante spontanee offrono preziose indicazioni sulla salute del terreno e su cosa vi può crescere meglio: estirparle non è sempre la cosa migliore.

Con l’arrivo della primavera, in giardino e nell’orto spuntano milioni di germogli e di nuovi getti. È tempo di approfittare della stagione seminando e piantando, ma per assicurare la sopravvivenza delle nuove piante è necessario affrontare il dilemma del diserbo.
Certo, si può sempre decidere di non diserbare e godersi una sorpresa dopo l’altra mentre la terra si riveste nel microcosmo del giardino.
Ma per molti la priorità è quella di garantire la crescita di ortaggi, fiori e fogliame.

La nuda terra non rimane nuda a lungo e una spruzzatina di cotiledoni, le prime «fogliette» di un seme che germina, appaiono dopo appena pochi giorni di tepore primaverile.
È il momento di accarezzare la terra con una zappa o un rastrello appena quel tanto che basta per disturbarne la superficie e sradicare le prime piccole germinazioni.
Se le lasciate crescere sarà poi necessario zappare più in profondità e affidarsi alla forza del sole per seccare le piantine al livello del terreno.
Lasciandole ancora più a lungo – come faccio di solito io – sarà poi necessario un cesto o una carriola per portare via i mucchi soffocanti di fogliame, fiori e semi.

Imparare a riconoscerle
In realtà diserbare dovrebbe essere uno dei più grandi piaceri del giardiniere, perché le piante spontanee parlano delle condizioni del terreno.
Le piante che si autoseminano ci deliziano con la varietà delle loro forme e in più ci insegnano quello che è meglio coltivare. L’identificazione delle specie che crescono spontaneamente sul terreno nudo infatti dà indicazioni sulla salute del suolo e sucosa vi può crescere meglio, oltre a suggerire cosa fare per migliorare la situazione.

Un tappeto di centocchio (Stellaria media), così come la presenza di ortica (Urtica dioica), indica un’area ricca di azoto. L’euphorbia (Euphorbia sp.1), il senecione (Senecio sp.), il farinello comune (Chenopodium album) e la veronica (Veroniilca sp.) se la cavano anche in suoli più poveri e arricchire il terreno rende più facile la loro eliminazione perché crescono prima di produrre il seme....

La versione completa dell'articolo "Il senso del selvatico" di Brigitte Norland è disponibile sul numero di Marzo di Terra Nuova.