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Avvocati di Stato e di portafoglio.

di Di Nicola e Gennaro Sangiuliano - 28/03/2008

L'inaugurazione dell'anno giudiziario

Si Ricchi stipendi. Gratifiche da capogiro. Incarichi esterni e consulenze milionarie. Arbitrati d'oro. Così i legali della pubblica amministrazione moltiplicano le entrate


Palazzo Chigi
Si chiama 'quadrimestre' e nel 2006 ha fruttato complessivamente 42 milioni 405 mila euro. Un autentico tesoretto. Ma non come quello messo insieme dall'Agenzia delle entrate inseguendo i redditi occulti degli evasori fiscali. E finito nelle casse dello Stato con grande sollievo delle finanze pubbliche. No, di quest'altro piccolo tesoro il pubblico erario non vede neanche un centesimo. Accumulato dall'Avvocatura generale dello Stato mettendo insieme i proventi relativi al pagamento delle parcelle delle cause patrocinate, il bottino finisce nelle tasche di pochi eletti, gli avvocati dello Stato appunto che, in questo modo, rimpinguano le proprie entrate.

Oscar Fiumara è il numero uno della categoria. E come avvocato generale dello Stato incassa ogni anno 275 mila euro lordi di stipendio: niente male visto che la sua retribuzione è ancorata a quella del procuratore generale della Corte di Cassazione. Ma grazie all'appannaggio assicurato dal quadrimestre (chiamato così perché viene distribuito ogni quattro mesi), i suoi introiti complessivi registrano un balzo notevole finendo per umiliare l'esimio magistrato al quale è equiparato. A Fiumara nel 2006 il quadrimestre ha fruttato infatti oltre 109 mila euro.

Un gruzzolo discreto, ma poca cosa se confrontato alla cifra incassata da un suo sottoposto, Giancarlo Genovese. Chi è costui? Il capo dell'avvocatura distrettuale di Messina: con 40 anni di servizio, alla retribuzione annua lorda di 222 mila euro l'avvocato messinese ha sommato un quadrimestre di oltre 300 mila euro. Un vero record, ma non il solo. Stipendio e quadrimestre non sono che due delle entrate che allietano la carriera degli avvocati dello Stato. Quasi tutti sono titolari di incarichi extragiudiziari, ruoli istituzionali e di governo, docenze, consulenze e soprattutto arbitrati che, con le ricche prebende che si trascinano, finiscono in molti casi per far apparire lo stipendio dell'avvocatura quasi come argent de poche. Per rendersene conto basta scorrere la

Un caso su tutti, quello di Vincenzo Nunziata, il recordman della categoria. Oltre lo stipendio di 222 mila euro e il quadrimestre di 92 mila, sommando i compensi per gli incarichi collezionati, come capo dell'ufficio legislativo della Funzione pubblica, capo di gabinetto al ministero delle Comunicazioni, consulenze varie e soprattutto arbitrati, in quattro anni, dal 2004 al 2007, Nunziata ha incassato entrate extragiudiziarie per 1 milione 521 mila euro. Ma cosa fanno esattamente gli avvocati dello Stato? E come riescono a mettere insieme redditi così ragguardevoli?

IN NOME DELLA LEGGE
I legali dell'Avvocatura rappresentano e difendono l'amministrazione statale in tutte le sue articolazioni, governo e ministeri, regioni e comuni, enti e rappresentanze diplomatiche, senza contare i dipendenti patrocinati nelle cause di servizio. Dai tribunali civili a quelli penali, dalla Corte costituzionale (ammissibilità dei referendum, legittimità di leggi, impugnative, conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato) alle commissioni tributarie (assistenza delle amministrazioni statali), dalla Corte dei conti al Consiglio di Stato agli organi di giustizia comunitari, non c'è procedimento che non veda comparire un avvocato dello Stato.
Chi non ricorda la causa sull'Irap (l'imposta regionale sulle attività produttive) svolta davanti alla Corte di giustizia europea alla fine del 2006? È stato l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis a difendere il ministero dell'Economia nel giudizio promosso dalla Banca popolare di Cremona che sosteneva la tesi della sovvrapposizione tra Irap e Iva e per questo ne chiedeva l'abolizione. Una causa che se persa poteva costare allo Stato 100 miliardi di euro. Andò bene, con grande sollievo del presidente del Consiglio Romano Prodi.

E come dimenticare la volta in cui, era il novembre 2004, dopo essersi costituita parte civile, la presidenza del Consiglio chiese alla corte di Milano la condanna di Silvio Berlusconi nell'ambito del processo Sme? Anche in quell'occasione toccò a un avvocato dello Stato, Domenico Salvemini, il compito di chiedere al Cavaliere un risarcimento di oltre 1 milione di euro per i danni subiti dallo Stato a seguito del suo tentativo di corruzione in atti giudiziari. Normale? Non tanto se si considera che in quel frangente Berlusconi era insediato a Palazzo Chigi. Ma nessuna sorpresa: l'Avvocatura dello Stato ha sempre fatto dell'autonomia una delle sue bandiere.

Organizzata in sezioni (ciascuna specializzata a difendere branche omogenee della pubblica amministrazione) e articolata sul territorio in 25 distretti, l'Avvocatura ogni anno vede affluire nei suoi uffici circa 200 mila nuove cause (in gergo, 'affari') che, su decisione dell'avvocato generale (nominato dalla presidenza del Consiglio), dei suoi vice o dei responsabili dei vari distretti, vengono poi assegnate ai 370 avvocati in organico.

Tanto lavoro, dunque, molto delicato, ma anche ben retribuito. A cominciare dallo stipendio che, stratificato su quattro classi e rivalutato ogni triennio (per il 2004-2006 l'aumento è stato del 12,3 per cento), in base all'anzianità e a seconda degli scatti di carriera parte dai circa 88 mila euro annui lordi dell'avvocato di prima nomina sino ai 222 mila dei vice avvocati generali inquadrati nella quarta classe di stipendio.

In aggiunta c'è il ricco quadrimestre frutto delle 'propine', cioè le competenze che gli avvocati e i procuratori dello Stato si vedono riconoscere per sentenza in tutte le cause vinte (circa il 57 per cento del totale) nei diversi giudizi. Equando non si vince, cosa che accade quasi regolarmente in appello (73 per cento), davanti al giudice di pace (73) e di fronte al giudice del lavoro (90) e si compensano le spese (ciascuna parte paga il proprio legale), neanche in questi casi l'avvocato dello Stato resta a bocca asciutta: l'amministrazione patrocinata paga comunque all'avvocatura la metà delle spese che il giudice avrebbe presumibilmente liquidato se la causa fosse stata vinta. E vai a capire perché.

CARISSIMI AVVOCATI
È comunque grazie a queste parcelle che si alimenta il famoso 'quadrimestre'. Soldi che potrebbero essere impiegati per risolvere i tanti problemi lamentati dall'Avvocatura, a cominciare dalla carenza di organico (piccolo dettaglio: questi legali hanno diritto a 50 giorni di ferie annue), e che finiscono invece nelle tasche degli avvocati in carica. Non senza sperequazioni. L'ammontare del quadrimestre è infatti ancorato agli introiti dei singoli distretti: l'80 per cento delle propine incamerate rimane in sede, il resto è distribuito tra le altre avvocature distrettuali. Può capitare così che i componenti delle piccole sedi possano arrivare a spartirsi i quadrimestri più ricchi.

Come è capitato nel 2006 a Messina dove sono piovuti onorari per 1 milione e mezzo di euro: essendo solo cinque gli avvocati del distretto, a ciascuno di loro sono andati in media 296 mila euro. Al secondo posto in graduatoria c'è Venezia con quasi 262 mila euro per avvocato; seguono Potenza con 247 mila, Bari con 244 mila e Lecce con 237 mila euro. Ultima la sede di Ancona, dove i legali hanno incassato circa 35 mila euro, mentre a Roma, la sede più importante, avvocati e procuratori dello Stato hanno ricevuto mediamente 91 mila euro che, ripartiti per progressione di carriera e anzianità di servizio, hanno comportato entrate di 103 mila euro per Claudio Linda; 92 mila per Vincenzo Nunziata e Ettore Figliolia; 90 mila per Pierluigi Umberto Di Palma, mentre poco meno, 89 mila euro, sono andati a Maurizio Greco e Massimo Massella Ducci Teri.

GOVERNO OMBRA
Stipendi e quadrimestre sono però solo le voci fisse delle entrate degli avvocati: professionisti pignoli che di recente hanno persino avviato una vertenza per vedersi riconoscere il buono pasto di 7 euro elargito ai comuni dipendenti pubblici. Il vero pozzo senza fondo dei loro guadagni sono gli incarichi extragiudiziari, a cominciare da quelli ministeriali. Scandagliando gli organici del governo Prodi si scopre che l'Avvocatura dello Stato è diventata ormai una sorta di governo ombra. I suoi legali sono dappertutto. E con compensi di assoluto riguardo che vanno a sommarsi naturalmente a stipendi e quadrimestri.

La delegazione più folta è a Palazzo Chigi: Carlo Sica, come vice segretario generale, riceve un compenso annuo di 110 mila euro; Ettore Figliolia, capo di gabinetto del vicepremier Francesco Rutelli, incassa 96 mila euro. Poi c'è la lista dei consulenti giuridici a cui vanno 16 mila euro: Maria Letizia Guida, Angelo Venturini, Paola Palmieri, Giulio Bacosi. Giacomo Aiello, consulente del dipartimento della Protezione civile e del commissario delegato all'emergenza rifiuti in Campania riceve invece un cachet di 80 mila euro.

Al ministero degli Esteri spiccano Ivo Maria Braguglia capo del servizio contenzioso diplomatico (52 mila euro) e Diana Ranucci, consulente giuridico per "le esigenze dell'Unità di crisi"(30 mila); allo Sviluppo economico i consulenti Antonio Palatiello, Vincenzo Russo e Maurizio Greco (tutti per 20 mila euro); alle Comunicazioni compaiono invece il solito Nunziata come capo di gabinetto (115 mila) e il capo dell'ufficio legislativo Mario Antonio Scino (78 mila).

Ancora: al ministero delle Politiche agricole Antonio Tallarida è capo ufficio legislativo (80 mila euro) e Attilio Barbieri consulente giuridico (30 mila); alle Infrastrutture, sempre come consulenti, ci sono Claudio Linda, Sergio Sabelli e Vittorio Cesaroni (tutti a 20 mila euro); alla Salute, Raffaele Tamiozzo (29 mila) è capo ufficio legislativo, mentre ai Beni culturali Gabriela Palmieri capo di gabinetto (105 mila euro), Francesca Quadri capo ufficio legislativo (70 mila) e Maurizio Fiorilli consulente (25 mila euro).

Ma gli orizzonti extragiudiziari degli avvocati non si limitano ai ministeri. Straripano negli organi di garanzia, agenzie, enti pubblici, commissariati, ospedali e università. Qualche caso tra i tanti. All'Autorità garante della concorrenza, presieduta dall'ex avvocato dello Stato Antonio Catricalà, Filippo Arena è consulente giuridico (26 mila euro); a quella per l'Energia elettrica e il gas Francesco Sclafani è responsabile della direzione legale (150 mila euro); all'Autorità portuale di Genova Giuseppe Novaresi (15 mila euro) è consulente giuridico ed è finito per questo indagato a causa di un parere sospetto fornito in una vicenda che, per turbativa d'asta, truffa e concussione, ha portato in carcere il presidente Giovanni Novi.

Ma la lista dei consulenti è ancora lunga: alla Camera c'è Ruggero Di Martino (50 mila), al Senato Federica Varrone (23 mila); all'agenzia delle Dogane Giuseppe Albenzio (25 mila); all'Agea Fabio Tortora, Giuseppe Cimino, e Paolo Marchini (tutti per 32 mila euro); alla Sace Alessandra Bruni (24 mila). Poi ci sono le Università, dove molti avvocati hanno incarichi di docenza anche se per poche migliaia di euro. Come consulenti giuridici, invece, incassano molto di più come capita a Messina (Giovanna Cuccia, 14 mila euro), Verona (Stefano Cerillo 27 mila), Lecce (Fernando Musio 25 mila) e Catanzaro (Giampiero Scaramuzzino, 20 mila). Neanche la lirica (Alessandro Bruni, 2.500 euro al Teatro dell'Opera di Roma) si salva nella corsa agli incarichi degli avvocati dello Stato. E nemmeno la Croce Rossa, dove Fabrizio Fedeli per prestare i suoi consigli riscuote 8 mila euro l'anno.

ARBITRI D'ORO
Ma la voce più ricca, e anche la più discussa, tra quelle che fanno lievitare i compensi extra degli avvocati è sicuramente costituita dagli arbitrati, controversie nelle quali i membri del collegio giudicante vengono retribuiti in proporzione (solitamente dal 3 al 5 per cento) al valore della lite. Al pari dei consiglieri di Stato i membri dell'Avvocatura fanno la parte del leone nell'assegnazione di questi lodi. Con grande disappunto del ministro Antonio Di Pietro. La ragione? Vero che gli arbitrati evitano alle parti, generalmente amministrazioni statali e aziende private titolari di appalti pubblici,le lungaggini della giustizia civile, ma è altrettanto vero che nel 95 per cento dei casi lo Stato finisce per soccombere. E proprio di questo il leader dell'Italia dei valori si lamenta.

MA CHE SI VINCA O SI PERDA GLI AVVOCATI COMUNQUE CI GUADAGNANO.
E bene. Come nel caso di Ivo Maria Braguglia, vice avvocato generale. Nei quattro anni (2004-2007) presi in considerazione da 'L'espresso' , proprio a lui spetta il record per un singolo arbitrato: 289 mila euro per una controversia tra il vecchio ministero dell'Industria e l'Icla costruzioni. Poco di più della parcella riconosciuta a Vincenzo Nunziata per l'arbitrato tra la società Calabria Ambiente e la presidenza del Consiglio: 252 mila euro. Solo che Nunziata finisce poi per surclassare Braguglia nell'intero periodo: grazie ad altre quattro parcelle arriva a compensi per almeno 800 mila euro. E siamo solo alla punta dell'iceberg. Nella classica degli arbitrati d'oro infatti se la cava benissimo Aldo Linguiti (altro vice avvocato generale) con i suoi 250 mila euro relativi al lodo Todini costruzioni-Anas, mentre a colpi di 120 mila euro a controversia seguono Ettore Figliolia (Marinelli-spa-Infrastrutture) e Francesca Quadri (Impresa Itinera-Anas).

Fonte: http://dagospia.excite.it/articolo_index_39168.html