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Iraq, Muqtada al Sadr ordina ai suoi di smettere di combattere

di Ornella Sangiovanni - 31/03/2008




Con una mossa a sorpresa, Muqtada al Sadr ha ordinato all’Esercito del Mahdi di porre fine ai combattimenti, a Bassora e nel resto dell’Iraq, e ritirarsi dalle strade, per fermare lo spargimento di sangue e mantenere la stabilità e l’indipendenza del Paese.

Dopo aver respinto ieri al mittente il nuovo ultimatum del premier Nuri al Maliki, invitando i suoi sostenitori a consegnare le armi solo a un governo che “possa cacciare gli occupanti dall’Iraq” - nel giorno in cui caccia statunitensi bombardavano nuovamente Bassora, e all’attacco in corso partecipavano per la prima volta anche truppe britanniche, Sadr ha deciso ora un contrordine.

La sfida del leader sciita era arrivata ieri attraverso uno dei membri dell’ufficio politico del suo movimento, Haider al Jabari.

"Sadr ci ha detto di non consegnare le nostre armi eccetto a uno Stato che possa cacciare l’occupazione", aveva detto al-Jabari da Najaf, in risposta a Maliki, che, dopo un ultimatum iniziale di 72 ore, aveva dato ai combattenti fino all’8 aprile per consegnare le armi pesanti e di medio calibro, minacciando, in caso contrario, “gravi conseguenze”.

Oggi, con una delle mosse a sorpresa che spesso hanno caratterizzato il suo modo di agire, il leader sciita ha ordinato l’alt ai combattimenti.

"A causa della responsabilità religiosa, e per fermare lo spargimento di sangue iracheno, e mantenere l’unità dell’Iraq e mettere fine a questa sedizione che gli occupanti e i loro seguaci vogliono diffondere fra gli iracheni, chiediamo che finiscano le apparizioni armate a Bassora e in tutte le altre province”, ha detto Sadr in un comunicato, diffuso dal suo quartier generale a Najaf, sottolineando che "chiunque porti un’arma e prenda di mira istituzioni governative non sarà uno di noi".
Muqtada ha chiesto inoltre al governo di applicare l’amnistia generale, rilasciare i detenuti, e porre fine ai “raid illegali”, dicendo al tempo stesso ai suoi seguaci di “lavorare assieme agli uffici del governo iracheno per raggiungere la sicurezza e presentare denunce contro coloro che hanno commesso crimini".

Tuttavia, questo non significa che i combattenti dell’Esercito del Mahdi consegneranno le armi, ha detto ai giornalisti a Najaf Hazem al-Araji, un collaboratore del leader sciita.

Il governo iracheno ha definito la decisione di Sadr “positiva”.Ad ogni modo, a quanto dichiarato dal generale Abdul Karim Khalaf, portavoce del ministero degli Interni, le operazioni a Bassora continueranno, ma avranno come obiettivo i "criminali".


Un bilancio pesante

Anche se non ci sono cifre precise e le stime variano, il bilancio di sangue è pesante. Secondo alcune fonti, sarebbero almeno 260 le persone rimaste uccise nei cinque giorni di combattimenti fra i sostenitori di Sadr e le forze governative in tutto l’Iraq.

La maggior parte delle vittime sono a Bassora, Sadr City, l’enorme slum nella parte est di Baghdad, in cui vivono oltre due milioni di persone, roccaforte del movimento di Muqtada al Sadr, Nassiriya (dove fonti mediche locali citate dal quotidiano iracheno Azzaman un paio di giorni fa parlavano di 36 morti nei combattimenti), Kut (almeno 44 morti), e Hilla (sei le persone uccise).

Ieri gli scontri si erano estesi anche a Karbala, una delle due città sante sciite, dove, secondo il capo della polizia locale, Raed Jawdat Shakir, sarebbero stati uccisi 12 "criminali".

A Sadr City, intanto, la situazione andava deteriorandosi.

"Gli ospedali traboccano di feriti. Non possono più accettarne. Persino le farmacie sono chiuse", diceva ieri alla Agence France Presse (AFP) Ahmed, uno dei residenti. "Non c’è elettricità, né acqua, né carburante. Abbiamo paura degli scontri a fuoco. Anche i mercati principali sono chiusi".

A Bassora, il maggiore Tom Holloway, portavoce delle forze britanniche, aveva parlato di almeno 50 persone uccise e altre 300 ferite; tuttavia, secondo fonti mediche locali, ci sarebbero fino a 290 morti.

Ieri, caccia americani avevano bombardato per la seconda volta dall’inizio dell’attacco, colpendo in mattinata il quartiere di al-Ba’ath, nella zona nord-ovest della città.

Secondo un fotografo della AFP, nel raid sarebbero rimaste uccise almeno 8 persone – versione confermata da fonti della polizia locale, secondo le quali un caccia Usa aveva colpito una casa, uccidendo 8 civili, fra cui due donne e un bambino. Fonti che avevano voluto rimanere anonime, in quanto non autorizzate a divulgare l’informazione.

Le forze statunitensi avevano negato che fossero stati uccisi civili nell’attacco, mirato – avevano detto – a una "postazione di mortaio nemica".

Holloway, il portavoce militare britannico, aveva invece ammesso di essere a conoscenza di informazioni relative a incidenti in cui ci sarebbero state delle vittime civili, in particolare nel distretto di Hayaniya, nella parte ovest della città. Incidenti, aveva aggiunto, sui quali sono in corso indagini, e al momento non sono disponibili altri dettagli.

Nella stessa giornata c’erano stati altri due raid.

Verso le 12.30 ora locale (le 9.30 del mattino di Greenwhich), i caccia Usa avevano sganciato due bombe “di precisione” sul quartiere di Qarmat Ali, nella zona nord, aveva detto il maggiore Holloway, secondo il quale obiettivo dell’attacco sarebbero state “roccaforti dei miliziani”.

E’ la seconda volta che raid aerei Usa intervengono a supporto delle forze irachene all’attacco dei combattenti ‘sadristi’.

Ieri, per la prima volta, all’offensiva in corso avevano partecipato anche truppe britanniche, sparando colpi di artiglieria contro una "postazione di mortaio nemica" nel quartiere di Halaf, secondo le informazioni diffuse dal portavoce militare Holloway, che non aveva fornito ulteriori dettagli.

Finora, le forze britanniche si erano limitate a fornire supporto aereo, e si trattava quindi del primo intervento di forze di terra nell’offensiva - avvenuto, a detta di Holloway, su richiesta degli iracheni. Le truppe britanniche avevano fatto fuoco dalla base nella quale si trovano, nei pressi dell’aeroporto internazionale di Bassora.

Tolto il coprifuoco a Baghdad

A Baghdad, dove ieri il coprifuoco era stato esteso a tempo indeterminato, la superfortificata Green Zone, in cui si trovano numerose ambasciate occidentali (fra cui quella Usa), la sede delle Nazioni Unite, e le sedi di molte istituzioni irachene, era stata nuovamente colpita da attacchi di missili o mortai, anche se non erano state diffuse informazioni su vittime o danni.

Oggi la TV di Stato irachena ha annunciato che il coprifuoco sarà tolto alle 6 del mattino ora locale di domani (le 3 del mattino di Greenwich), anche se in tre zone sciite della capitale  - Sadr City, Kadhimiya, e Shula - rimarrà in vigore un divieto di circolazione per i veicoli.

Tuttavia, il bilancio delle vittime di questi giorni è pesante - non solo a causa dei combattimenti, ma anche degli attacchi aerei.

Secondo un portavoce del direttorato alla Sanità di Baghdad, Qassim Mohammed, fino a ieri i morti erano almeno 75. Altre 500 persone sarebbero rimaste ferite in una settimana di scontri e raid aerei a Sadr City e in altri quartieri della parte est di Baghdad.

Fonti della polizia irachena hanno detto alla BBC che i combattimenti a Baghdad negli ultimi tre giorni hanno provocato 117 morti.


Secondo le forze Usa, invece, le vittime sarebbero per la maggior parte miliziani.

L’appello del rapito

Funzionari iracheni ieri avevano detto di aver ricevuto una telefonata di Tahsin Sheikhly, il portavoce civile dell’ “operazione di sicurezza per Baghdad”, sequestrato da uomini armati due giorni prima dalla sua abitazione in un quartiere sciita della capitale.

Una televisione privata irachena, al Sharqiya, aveva mandato in onda quello che ha definito un nastro registrato di una conversazione, in cui un uomo che diceva di essere Sheikhly aveva detto di essere tenuto prigioniero "assieme a un gruppo di ufficiali" in una località sconosciuta.

"Il nostro rilascio dipende dal ritiro di Maliki da Bassora e dall’allentamento delle operazioni militari contro i sadristi in tutte le province", aveva detto. "Facciamo appello al Primo Ministro e al governo iracheno perché lavorino assieme al movimento sadrista, che rappresenta la base popolare della società".

“Battaglia finale e decisiva”

Ieri, il premier Maliki aveva promesso di restare a Bassora finché le forze governative non avessero avuto la meglio sulle milizie, definendo la battaglia per il controllo della città "una battaglia finale e decisiva".

In città, i residenti contattati al telefono dicevano che i combattenti dell’Esercito del Mahdi mantenevano le loro posizioni e gestivano i checkpoint nelle loro roccaforti. Dovunque echeggiava il suono intermittente di colpi di mortaio e mitragliatrici, e anche il quartier generale delle forze governative, in un ex hotel nel centro, ieri era stato ripetutamente colpito.

Anche se il coprifuoco totale era stato allentato per permettere alla popolazione di fare provvista di cibo e altri generi essenziali, in pochi osavano uscire. Il rischio, spiegavano, è quello di trovarsi nel mezzo del fuoco incrociato, oppure di essere colpiti da cecchini dell’esercito iracheno che potrebbero scambiarli per miliziani, o dai miliziani che presidiano i quartieri di cui hanno il controllo.

Corani e ramoscelli di olivo

Nel frattempo, c’è chi le armi aveva cominciato a consegnarle, ma in un modo assai diverso da quello chiesto dal premier al Maliki.

Mentre continuavano ad arrivare informazioni secondo le quali fra le forze governative le defezioni sarebbero state numerose, a Sadr City, a Baghdad, un gruppo di poliziotti aveva abbandonato le proprie postazioni e consegnato le armi all’ufficio locale di Sadr.

"Non possiamo combattere i nostri fratelli dell’Esercito del Mahdi, quindi siamo venuti qui a consegnare le nostre armi", aveva detto un poliziotto che aveva voluto restare anonimo per ragioni di sicurezza alla Associated Press, aggiungendo che circa 40 poliziotti sarebbero passati nelle fila della milizia di Sadr.
 
Sono ovviamente cifre che non c’è modo di confermare; tuttavia, alcune immagini della APTN (la televisione della Associated Press) avevano mostrato una decina di poliziotti in divisa, con il volto mascherato per proteggerne l’identità, mentre incontravano lo sceicco Salman al-Feraji, il principale rappresentante di Muqtada al-Sadr Sadr City. Al-Feraji salutava i poliziotti uno per uno, dandogli una copia del Corano e un ramoscello di olivo, mentre consegnavano le loro armi e le munizioni.



Fonti: Agence France Presse, Associated Press, BBC News