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Expo 2015. Solo cosmesi, e per pochi.

di Carlo Gambescia - 01/04/2008

 

Gioite, gioite! Milano si è aggiudicata l’Expo 2015 (http://www.adnkronos.com/IGN/Economia/?id=1.0.2024888356). Tutti mostrano di essere felici, a destra come a sinistra. Fingendo di non sapere che si tratta di una città in crisi, se non in decadenza sociale, come attesta il recente studio di Aldo Bonomi (Milano ai tempi delle moltitudini, Bruno Mondatori 2006), che consigliamo per un approfondimento.
Ma torniamo a noi. Expo 2015 significa soltanto buoni affari e un’iniezione di denaro fresco per coloro che già godono di rendite di posizione, in particolare il settore edilizio e quello finanziario (che gestirà i fondi). Per il resto nulla cambierà. A cominciare dai problemi legati alla triste vittoria del lavoro nero, all’assenza di vera mobilità sociale, alla costante precarizzazione della vita lavorativa, anche nei cosiddetti “lavori creativi” minori : quelli della "manovalanza" no collars nei settori pubblicitari, editoriali, eccetera. Per non parlare della crescente crminalità, dei ricorrenti conflitti interrazziali e religiosi, e della sempre più cattiva qualità della vita.
Insomma vincono i "già vincenti", coloro che hanno trasformato Milano, fin dai tempi del craxismo, in ciò che è oggi: una città fruibile solo da coloro che possono permetterselo. Una Milano che è sempre da bere, ma solo per pochi, ricchi, vincenti e fortunati.
E qui il discorso si allarga al ruolo della grande città, in genere, nell’attuale fase di globalizzazione neo-liberista. Questa Milano, con le sue rendite, che riflettono, la natura poco innovativa e parassitaria dell’economia italiana rispetto a quella europea e mondiale, è in grado di competere come città-rete? Mah…
Si ha l’impressione che la politica, come al solito, si parli addosso, e che si limiti a gestire l’esistente. E che la èlite economica (milanese) sia lì pronta ad intascare le rendite politiche, fatte di intrecci finanziari, come ai tempi di Craxi. Puntando su pure operazioni, in fondo, di cosmesi. Come Expo 2015.
Una Milano, insomma, pronta a "beccarsi" con Roma per Malpensa, ma incapace di competere con le grandi città-mondiali, come New York e Londra.
Povera Milano. E povera Italia.