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Sussidi perversi alle auto in India

di Marinella Correggia - 04/04/2008

 

 

Da tempo è crisi della mobilità nelle città indiane, si tratti di megalopoli come di centri di medie dimensioni. Continua ad aumentare la percentuale di viaggi fatti su automobili individuali, che inquinano di più, usano più energia per passeggero dunque contribuiscono maggiormente ai cambiamenti climatici, e prendono anche più spazio. Perfino a Delhi, che rispetto ad altre città ha molto spazio stradale (il 20 per cento del totale), la congestione è totale. Quella megalopoli ha 4,5 milioni di automobili e ogni giorno se ne aggiungono 1.000.
L'associazione ecologista e di ricerca Centre for Science and Environment che ha sede a New Delhi e pubblica il quindicinale Down to Earth denuncia il fatto che inquinamento e congestione sono favoriti anziché combattuti dal denaro pubblico. Questo può sembrare incredibile, o meglio scandaloso dal momento che l'India ha ancora una gran parte della popolazione in stato di povertà assoluta, e i tre quarti degli indiani vivono tuttora in villaggi; per loro la mobilità basata sull'auto privata è assolutamente fuori dai pensieri e dalle urgenze.
Gli amministratori non si pongono l'obiettivo di ricoprire con tasse l'intero costo dell'uso delle automobili private. Strade o parcheggi, la manutenzione costa. Spiegano gli ambientalisti indiani che il prezzo dei parcheggi dovrebbe aumentare di 4 o 5 volte per diventare proporzionale al costo (pubblico) legato alla loro realizzazione e mantenimento in funzione. Attualmente il governo penalizza i bus imponendo loro in proporzione tasse superiori a quelle delle auto. Anche uno studio della Banca mondiale realizzato nel 2004 mostra che nelle città indiane il carico fiscale totale per veicolo al chilometro è 2,3 volte superiore a quello delle auto; a Delhi un bus (privato) paga 43 volte più tasse stradali di un'auto. Ovviamente l'industria automobilistica preme perché si riducano ulteriormente le tasse alle auto così da rendere queste ultime sempre più accessibili.
Ci si è messa qualche mese fa la Nano, l'automobile ultraeconomica (2.500 dollari) della Tata, osannata da molti come «la macchina del popolo». Così il mercato indiano dell'automobile agisce sui due estremi della piramide: da un lato la base, le classi medio-basse che avranno la loro vetturetta quasi di cartone a basso costo, sul lato opposto i ricchi che comprano sempre più auto di grossa cilindrata e fuoristrada. Ovviamente una Nano consuma molto meno benzina - e dunque produce meno gas serra - di un Suv; ma se saranno milioni il modello di mobilità diventerà simile a quello occidentale e sarà un disastro climatico. Quanto all'inquinamento atmosferico nelle città indiane, il problema è che il boom delle auto economiche si verifica prima che si siano messi in atto standard di emissioni più stringenti. A eccezione di 11 città, il resto dell'India è indietro dieci anni rispetto all'Europa quanto a standard per le emissioni.
Grandi o piccole, molte auto vanno a diesel. La quota di mercato delle diesel aumenta in modo fenomenale: sono il 30 per cento, nel 2010 saranno il 50 per cento del totale. Una crescita che può essere devastante in città avvelenate da smog, particolato e ossidi di azoto. Il particolato del diesel è certamente cancerogeno. Però il trasporto pubblico non è certo finito: auto e moto occupano circa il 90 per cento dello spazio ma soddisfano solo il 20 per cento della domanda. Il resto lo fanno soprattutto i mezzi pubblici. A Mumbai l'80 per cento dei tragitti avviene sui mezzi pubblici; a Calcutta è il 70 per cento e a Delhi il 60 per cento. Secondo la valutazione del Cse, ogni giorno a Delhi gli autobus pubblici e privati trasportano 8,7 milioni di passeggeri; un altro mezzo milione sono pendolari su rotaia. «Ecco la forza che dobbiamo consolidare e far crescere per allontanarci da una crescita urbana autocentrica; dobbiamo ridisegnare le politiche pubbliche per promuovere una mobilità davvero per tutti: trasporto pubblico efficiente e politiche che frenino l'uso delle auto».