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I nuovi movimenti cattolici sono equiparabili a delle sette?

di Francesco Lamendola - 07/04/2008

 

 

 

 

Come dobbiamo valutare la spettacolare diffusione dei nuovi movimenti in seno alla Chiesa cattolica, che costituisce la grande novità nel panorama religioso dell’Occidente contemporaneo (insieme al proliferare di nuovi culti non cristiani dalle origini più diverse e dalle connotazioni più inedite, spesso con accentuati caratteri di sincretismo), e il grande spostamento di forze che ne è derivato, all’interno della Chiesa post-conciliare?

Comunione e liberazione, Focolare e Neocatecumenato, per citare i tre più noti e universalmente diffusi, hanno portato indubbiamente una ventata di aria nuova nella vita del popolo cristiano, ma - e questa è la frattura con il passato - al di fuori e, in certi casi, in contrasto con le strutture tradizionali dell’istituzione ecclesiastica: diocesi e parrocchie. Il loro successo si basa su un intenso dinamismo, sulle capacità organizzative dei loro fondatori e, soprattutto, sulla valorizzazione del laicato, mobilitando forze che erano rimaste sinora latenti e inespresse. Al confronto con il loro tumultuoso sviluppo, le altre organizzazioni della Chiesa cattolica che si rivolgono ai laici mediante le strutture istituzionali, compresa la più importante di esse, l’Azione Cattolica, appaiono vincolate a una strategia di mantenimento, né mostrano alcun segno di quella caratteristica capacità di espansone propria dei nuovi movimenti.

Il fatto è che questi ultimi, a differenza dell’Azione Cattolica e delle altre associazioni tradizionali, partono dall’assunto che l’Occidente è già, di fatto, tornato a svariate forme di paganesimo, e che il problema non è più quello di fare appello a un sentimento religioso già esistente, bensì di operare delle conversioni su un terreno vergine, in una società che si è laicizzata e che si è progressivamente allontanata da Dio e dalla Chiesa. Essi, pertanto, si rivolgono di preferenza agli agnostici, ai non credenti o a coloro che, per varie ragioni, hanno smesso di frequentare la Chiesa, di osservare la pratica religiosa o che, di fatto, hanno perso la fede.

Notevolissimo è il successo dei nuovi movimenti cattolici fra le giovani generazioni, e anche questo è un segnale che merita di essere interpretato. Dopo la stagione dell’impegno politico generalizzato e della prevalenza della categoria del pubblico su quella del privato, i giovani hanno vissuto un momento di riflusso, a partire dall’inizio degli anni Ottanta, caratterizzato da un disamoramento nei confronti delle ideologie politiche e del concreto impegno sociale, che si è ancora più accentuato dopo il tracollo dell’Unione Sovietica e dell’ideologia marxista, che esso ha trascinato nella sua ingloriosa caduta. In questo vuoto ideologico e spirituale, hanno trovato terreno propizio i nuovi movimenti religiosi, alcuni dei quali – come Comunione e liberazione – già erano nati proprio come reazione alla politicizzazione studentesca di sinistra, e che si presentavano ora con le caratteristiche idonee a fornire una risposta a quella domanda di senso che vedeva “orfani” milioni di giovani in tutto il mondo.

Oltre a riempie un evidente vuoto ideologico, i nuovi movimenti cattolici hanno anche saputo cogliere la domanda di attenzione individuale che nasce dalla spersonalizzazione sempre più accentuata dei rapporti sociali, frutto della omologazione e dell’efficientismo insiti nella società dei consumi. I giovani che si accostano a tali movimenti si sentono importanti in quanto persone, si sentono accolti, valorizzati e amati. In un certo senso, trovano in essi quel calore, quella disponibilità e quella capacità di ascolto che sta diventando sempre più ara nelle famiglie (cfr. il nostro precedente articolo Gli effetti morali dell'industrializzazione sono all'origine della crisi della famiglia moderna, consultabile sempre sul sito di Arianna Editrice).

La percezione di questi movimenti, soprattutto all'interno della comunità cattolica, è molto diversificata: si va dalla simpatia e dall'ammirazione più vive fino alla aperta diffidenza e, in certi casi, all'ostilità dichiarata. Da un lato essi sono visti come una preziosa boccata di ossigeno per un cattolicesimo che, affidato alle sole istituzioni tradizionali, sembra incapace non solo di espandersi, ma anche soltanto di fermare la continua emorragia di vocazioni e di partecipazione; dall'altra,  suscita perplessità l'atmosfera di integralismo, di unanimismo, di esclusivismo che sembra avvolgerli, il loro scavalcare vescovi e diocesi per stabilire un rapporto privilegiato - per non dire esclusivo - con la Santa sede. Paradossalmente, si potrebbe dire che quegli aspetti che li rendono preziosi e, anzi, insostituibili nella presente situazione complessiva della Chiesa cattolica, sono proprio quelli che suscitano anche le reazioni più forti: la rigida gerarchia interna, l'integralità del loro impegno ecclesiale, la tendenza a emanciparsi sia dalle parrocchie che dalle diocesi, per porsi come 'lievito del mondo' ma dando, al tempo stesso, l'impressione di essere una sorta di chiesa nella chiesa, ovvero una "chiesa parallela".

Alcuni membri dei movimenti cattolici, che ne sono usciti dopo una militanza più o meno lunga, riferiscono di condizionamenti, indebolimento dello spirito critico, pressioni psicologiche, allentamento e perfino rottura dei vincoli familiari; insomma, di aver subito una sorta di "lavaggio del cervello", in tutto e per tutto paragonabile a quello che è caratteristico di numerose sette non cristiane, dominate da un "maestro" carismatico e improntate a una rigida disciplina e a una drastica separazione dal mondo della società profana. Tra essi l'inglese Gordon Urquhart, autore di un libro che ha suscitato molte polemiche, nel quale ha descritto, fra l'altro, la sua militanza nel movimento dei focolarini e le difficoltà sostenute per uscirne, dopo essersi reso conto che esso era una struttura ben diversa da quella che aveva creduto all'inizio.

Urquhart prospetta l'ipotesi che il forte appoggio dato a questi movimenti dagli ultimi due pontefici, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI possa avere a che fare con una ben precisa strategia vaticana, mirante a utilizzarli non solo per l'espansione e l'evangelizzazione di un mondo moderno ormai in gran parte post-cristiano, ma anche per tenere a freno le tendenze autonomistiche delle conferenze episcopali nazionali, per rafforzare l'autorità assoluta dell'istituto pontificale e per riguadagnare terreno a una impostazione conservatrice degli equilibri interni alla Chiesa, dopo la stagione "modernista" del Concilio Vaticano II.

Avendo conosciuto personalmente persone che aderiscono a tali movimenti, siamo propensi a credere che la testimonianza di Urquhart, e altre simili, contengano una certa dose di esagerazione. D'altra parte, è possibile che nei suddetti movimenti esistano livelli differenziati di conoscenza della natura e delle finalità ultime degli stessi, e che gli aderenti ai livelli "inferiori", proprio come accade in tutte le società segrete 'classiche', sappiano - in perfetta buona fede - molto meno di ciò che è dato conoscere a quanti si trovano a occupare posizioni e responsabilità più elevati.

Sta di fatto che, se da un lato è difficile, se non impossibile, negare che questi movimenti hanno potentemente contribuito a rendere la Chiesa cattolica capace di affrontare le sfide della post-modernità - cosa che, appena qualche decennio addietro, non appariva affatto scontata -, dall'altro è pur difficile non vedere che essi hanno introdotto un elemento di discontinuità, di dubbio e, a volte, di disagio e divisione, all'interno della Chiesa stessa.

 

In fondo, quel che maggiormente piace in essi, e che ne costituisce il vero elemento di forza, è proprio il loro porsi in termini di ritorno integrale al Vangelo, al messaggio cristologico paolino, saltando a pie' pari molti di quei "compromessi" con il mondo che la Chiesa cattolica ha realizzato, nel corso della sua storia bimillenaria, al fine di trovare un modus vivendi tra sacro e profano, tra Civitas dei e civitas hominum.

In altre parole, piacciono la radicalità della loro impostazione, del loro linguaggio, la forza e la freschezza del loro richiamo al Vangelo, la sottolineatura del rapporto intimo e personale con Dio, perché tutte queste cose richiamano all'esperienza storica del cristianesimo antico e medioevale, quando  i cristiani dicevano pane al pane e vino al vino e non temevano la solitudine, perché erano certi di essere i depositari e i portatori di una parola di salvezza valevole per ogni uomo e per ogni comunità umana. Piace, in altre parole - in un'epoca come la nostra, ove il dubbio sembra aver eroso ogni certezza -, una capacità così vigorosa di mettere da parte incertezze, esitazioni e paure, sfidando senza tante cerimonie la società secolarizzata, edonistica e materialistica che, oggi, si sta diffondendo in tutto l'Occidente, anzi su scala planetaria; piace vedere qualcuno così sicuro di sé, mentre ormai tutti - a cominciare dai teologi - sembrano scossi sino in fondo all'anima da mille dubbi e da mille turbamenti.

Non stentiamo a credere che proprio così dovessero configurarsi le prime comunità cristiane, agli albori della Chiesa cattolica, poco dopo la morte di Gesù Cristo. Nessun compromesso con il mondo, nessun compromesso con la propria coscienza: basta porre mente alla vicenda terrena del più grande santo del Medioevo, Francesco d'Assisi, per convenire che una fede vissuta con intensità radicale non può che portare a uno scontro aperto con il "mondo", sia pur esso rappresentato dal proprio padre e dalla propria famiglia. In questo senso, vi sono pochi dubbi - a nostro avviso - che i nuovi movimenti cattolici sono quelli che meglio riproducono l'atmosfera complessiva e le prospettive escatologiche delle prime comunità cristiane, a cominciare dalla prima di tutte: quella formata da Cristo e dai suoi dodici apostoli.

Tuttavia - e qui sta il punto veramente centrale della questione - quello che dobbiamo chiederci è se la pratica del cristianesimo, nelle condizioni date del terzo millennio - politiche, sociali, economiche, culturali, religiose - un simile ritorno all'antico sia veramente possibile; e se non rischi, nel migliore dei casi, di provocare tensioni e, forse, lacerazioni con le strutture organizzate della Chiesa, che, a prima vista, possono anche apparire come tendenzialmente autoritarie - ad esempio, i vescovi posti a capo di ciascuna diocesi - ma che, in realtà, sono il risultato  di una lotta millenaria all'interno della Chiesa stessa, fra tendenze centraliste e autonomiste, fra assolutismo e democrazia, fra Papa e vescovi. Affiancandosi alle diocesi ma scavalcando, in un certo senso, l'autorità dei vescovi, i fondatori e i dirigenti dei movimenti cattolici sono in grado di vanificare un lungo e sofferto cammino storico che ha portato la Chiesa cattolica a temperare l'istituto monarchico e assolutista del papato, accogliendo alcune istanze tipiche del mondo moderno - a cominciare dal principio di rappresentatività.

Così, se è fuor di dubbio che tra i focolarini, ad esempio, si respiri un'atmosfera di entusiasmo, vitalità e assoluta fiducia nel potere santificante della Grazia, che è la più vicina possibile a quella dei primi cristiani, è altrettanto vero che noi, oggi, figli della civiltà del terzo millennio, non possiamo puramente e semplicemente ignorare le trasformazioni sociale degli ultimi tre o quattro secoli: il distacco della politica dalla morale e dalla religione; l'avvento del concetto di libertà (a cominciare dalla libertà di coscienza), il rifiuto di sottomissione piena e incondizionata a un'autorità assoluta, sia essa immanente o trascendente. Quel che vogliamo dire è che, con tutta probabilità, se qualcuno avesse sottoposto ad indagine la vocazione dei primi seguaci di san Francesco o di santa Chiara con gli attuali strumenti di lettura della realtà, molto probabilmente sarebbe giunto alla conclusione che essi erano stati accalappiati da una pericolosa setta di fanatici religiosi, dominati da una visione fondamentalista ed usi a pratiche sistematiche di lavaggio del cervello e raffinata pressione psicologica.

Ecco perché, a nostro avviso, anche se è giusto - da un punto di vista metodologico - studiare il "fenomeno" dei nuovi movimenti cattolici con gli stessi criteri, storici e antropologici, con cui si studiano le cosiddette "sette" non cristiane, non è però altrettanto corretto valutare un fenomeno di profondo coinvolgimento religioso, all'interno di un gruppo (quale che esso sia), senza tenere conto del fatto che, giudicato dall'esterno, sempre e comunque esso farà un'impressione completamente diversa rispetto al modo in cui esso viene vissuto dalla coscienza dell'individuo il quale,  autonomamente ed in piena libertà, scelga di aderirvi.

Da questo punto di vista, il fatto che molte delle critiche ai movimenti provengano da persone che ne sono uscite, quasi sempre con amarezza e sofferenza, per lo studioso costituisce sì un vantaggio, ma anche un limite: un vantaggio, perché gli permette di venire a conoscenza di risvolti e sfumature che, altrimenti, difficilmente potrebbe cogliere; un limite, perché in quelle testimonianze vi è sempre l'elemento negativa del risentimento nei confronti di una esperienza che, per una ragione o per l'altra, si è rivelata fallimentare, e quindi non è valutata in termini di obiettività, ma con una forte dose di delusione a posteriori.

Tale ci sembra essere il caso della testimonianza di Gordon Urquhart, che ha destato - come dicemmo -, fin dal suo apparire, un acceso dibattito fra sostenitori e detrattori di tali movimenti, in particolare dei focolarini di Gran Bretagna, ai quali l'autore apparteneva.

 

Scrive, dunque, Gordon Urquhart nel suo libro Le Armate del papa (titolo originale: The Pope's Armada, Bantam Poress, London, 1995; traduzione dall'inglese di Irene Geronico e Gloria Gordigiani, Firenze, Ponte alle Grazie, 1996, pp. 12-23 passim):

 

"«Mi sono potuto rendere conto - ha dichiarato il papa nel 1985 - del grande e promettente fiorire dei movimenti ecclesiali e li ho individuati come motivo  di speranza per la Chiesa intera e per tutta l'umanità». Quello dei neocatecumenali è solo uno dei movimenti dai nomi strani che, negli ultimi trent'anni, hanno avuto una rapida espansione all'interno della Chiesa cattolica propagandati dall'entusiastico appoggio del papa. Altri due movimenti sono stati favoriti in modo particolare: Comunione e Liberazione (CL) e il Focolare, entrambi nati in Italia. Questi tre movimenti sono tra i più grandi - e sicuramente tra i più ricchi e potenti - di una serie di organizzazioni (che dal punto di vista morale, teologico e politico si collocano a destra), che vantano un totale di trenta milioni di iscritti  tra i cattolici nel mondo. Tutte queste organizzazioni hanno ricevuto il loro maggior impulso negli anni ottanta grazie all'appoggio incondizionato di Giovanni Paolo II. È allarmante: esse sembrano destinate a superare numericamente l'ala moderata della Chiesa cattolica e da tempo l'hanno già superata per quanto riguarda il potere che esercitano all'interno delle gerarchie ecclesiastiche.

"Sebbene siano tutti nati nell'Europa meridionale e abbiano ancora le loro basi amministrative in Italia, oggi i movimenti sono una forza universale. Il Focolare è nato a Trento nel 1943, nel pieno dei bombardamenti alleati, per opera di un'insegnante elementare, Chiara Lubich, che aveva allora venticinque anni. Oggi esiste in 1.500 diocesi in più di 180 paesi e ha un seguito di parecchi milioni di' seguaci' con un nucleo di 80.000 membri che hanno fatto voti, promesse o hanno assunto impegni sotto altre forme. Il fervido richiamo del movimento all'amore universale e all'unità di tutti gli esseri umani è in realtà espresso in una rigida gerarchia incentrata sulla figura della fondatrice, oggi settantaseienne [ma è morta il 13 marzo 2008: nota nostra].Il culto della sua personalità è espresso nella cieca obbedienza che ella esige dai suoi seguaci, anche se per quasi due anni, dal 1992 al 1994, ha vissuto in un luogo appartato in Svizzera, sofferente per una misteriosa malattia. È inutile dire che correva voce che potesse addirittura essere morta, invece, nel 1995 ha fatto la sua ricomparsa sulla scena pubblica.

"Comunione e liberazione si è sviluppata in Italia nei primi anni Settanta sotto la guida di un piccolo prete milanese, don Giussani, come reazione degli studenti conservatori alla tensione studentesca del decennio precedente. Negli ultimi venti anni è stato il movimento cattolico di più alto livello in Italia; gli appartenenti a CL sono stati soprannominati nei modi più vari, «cortigiani di Wojtyla», «monaci di Wojtyla», «samurai di Cristo» e «stalinisti di Dio» per il loro modo aggressivo e intransigente di promuovere i valori e la dottrina della tradizione cattolica e per la loro devozione al papa. Comunione e liberazione, che ha scatenato il caos all'interno della Chiesa e della vita politica italiana, ha una vasta rete di attività laiche  in tutto il Paese, incluse molte pubblicazioni influenti  e, fino a poco tempo fa, una propria ala politica, il Movimento popolare,  considerato da molti come un vero e proprio partito politico. Sebbene la visione del mondo di Comunione e libera<zione sia la più vicina a quella del papa,  e questa simpatia si concretizzasse nei primi anni ottanta nel suo appoggio entusiastico, i ridicoli comportamenti trasgressivi in campo politico ed ecclesiastico - incluso l'ambiguo coinvolgimento di molti suoi esponenti negli scandai di tangentopoli - ha fatto sì che negli anni novanta il vaticano prendesse decisamente le distanze dal movimento.

"Il movimento dei neocatecumenali ha avito inizi nella bidonville Palomeras Altas alla periferia di Madrid nel 1964 per iniziativa di un artista spagnolo, Kiko Arguello, a cui si è poi unita Carmen Hernandez, una ex suora. Dopo aver fondato una comunità fra gi zingari e i vagabondi della baraccopoli, Arguello e la Hernandez decisero di trasferire i duri metodi di reclutamento che avevano sviluppato nelle normali parrocchie che, secondo loro, avevano altrettanto bisogno di una conversione radicale.

"Nella Chiesa cristiana delle origini, il battesimo veniva preceduto da periodi di iniziazione e di insegnamento chiamati 'catechesi'. Arguello è convinto che i cristiano battezzati oggi siano in realtà pagani in tutto eccetto che nel nome e che quindi abbiano bisogno di sperimentare un simile processo di iniziazione anche se, nel loro caso, dopo il battesimo. Di qui è nato il movimento dei neo (o nuovi) catecumenali. La principale differenza è che,m mentre la catechesi dei primi cristiani durava tre anni, la versione di Arguello dura più di venti. Questa serie di riti arcani, di 'passaggi' e di livelli di impegno crescente verso il movimento viene rivelata soltanto gradualmente agli iniziati, a cui non è permesso fare domande su ciò che seguirà e che non possono rivelare particolari sul 'Cammino', nemmeno agli altri membri di livello inferiore al loro." Dopo lo strategico trasferimento a Roma nel 1968, ad appena quattro ani dalla fondazione, il movimento rapidamente diffusosi in tutte le parrocchie della diocesi della capitale, ha avuto una velocissima espansione in tutto il mondo. Oggi è presente in 780 diocesi, con 13. 500 comunità in 400 parrocchie. Attualmente si calcola che conti circa un milione di membri. Con i suoi metodi sinistri, il Neocatecumenato è considerato da molti teologi eretico nel suo insegnamento dei principi fondamentali della dottrina cattolica; tuttavia, paradossalmente, dei nuovi movimenti è quello più vicino al tradizionalismo teologico del Papa. Si dice che i suoi fondatori, Kiko Arguello e Carmen Hernandez, siano 'di casa' negli appartamenti papali, che pranzino con il Santo padre, andando e venendo a piacimento.

"Con origini diverse, gerghi differenti e metodi elitari peculiari ,a prima vista potrebbe sembrare che questi movimenti abbiano poco in comune. A un'indagine più accurata, mostrano di condividere molti più aspetti, oltre a quello del conservatorismo. Per esempio,  è tipico di          questi movimenti - come lo era per il loro precursore., l'organizzazione segreta spagnola Opus Dei - rifiutare tutte le definizioni o descrizioni date su di loro, anche quelle delle autorità ecclesiastiche. A loro interessa più dire quello che non sono che quello che sono. Il loro rifiuto di essere classificati è il modo in cui esprimono la loro convinzione di essere chiamati a una missine unica. Di conseguenza non si ritengono né associazioni né ordini religiosi. Nonostante il loro atteggiamento fortemente clericaleggiante, sono fermamente attaccati al loro status laico. Come molte sete protestanti classiche, questi movimenti sostengono di tornare alla fede autentica dei primi cristiani (c'è stati un momento in cui i focolarini si definivano ambiguamente «i primi cristiani del XX secolo»), inoltre questi movimenti si propongono come l'espressione più autentica del Concilio Vaticano II. (…)

"La Chiesa preconciliare era caratterizzata dal trionfalismo, espresso nella pompa e nello sfarzo monarchico della corte pontificia. Il mondo e le attività umane erano visti, se non proprio come male, almeno come neutrali dal punto di vista morale a meno che  non venisse loro dati un contenuto specificamente religioso da parte della Chiesa o dei suoi rappresentanti. Perciò, prima del Concilio, le cerimonie specificamente religiose di 'consacrazione', o benedizione, esprimevano il bisogno di attirare la sfera del profano in quella del sacro. I padri del Concilio, d'altro canto, proclamarono che il mondo e le attività umane erano bene in quanto tali, non avevano bisogno di venir 'consacrate'. Di conseguenza, i cattolici potevano lavorare in armonia con gli altri.  Fra i tanti sconvolgimenti del periodo postconciliare, questo cambio di mentalità fu probabilmente uno dei più importanti.

"È interessante notare che i movimenti nati prima di quell'evento - come l'Opus Dei, il Focolare e Comunione e liberazione - non abbiano ritenuto opportuno riesaminare o adattare la loro  impostazione alla luce del Concilio, anche se ogni altra istituzione tradizionale della Chiesa ha sentito il bisogno di farlo. Lungi dall'attribuire importanza al mondo, essi rifiutano la sfera umana come assolutamente priva di valore e condannano la società contemporanea nel modo più virulento. I loro membri sono incoraggiati a vivere ogni singolo aspetto della loro vita entro i protettivi confini del movimento, dato che tutte le influenze esterne sono viste come fonte di contaminazione. Con chi è all'esterno non ci può essere dialogo sui temi centrali della fede, poiché ogni movimento si considera in possesso della pienezza della verità e quindi solo in condizione di insegnare, non di imparare. (…)

"Poiché ogni movimento crede di avere un ruolo messianico, la maggior parte delle grandi risorse ed energie dei movimenti  viene riversata nelle intense attività di evangelizzazione.  Se le ambizioni di proselitismo fossero limiate al mondo cattolico, i nuovi movimenti rappresenterebbero poco più di una curiosità per coloro che sono al di fuori della Chiesa cattolica. Ma non lo sono: essi mirano non tanto ai cattolici o agli ex cattolici, quanto piuttosto ai 'lontani', ai non credenti o addirittura  a coloro che in qualche modo si oppongono alla religione, ed è proprio fra questi che hanno raccolto i maggiori successi. Credono di avere nelle loro mani il futuro non solo della Chiesa ma del mondo intero.

"Le loro ambizioni si estendono quindi al potere temporale. Con il loro zelo fanatico e le enormi risorse di danaro e forze umane di cui dispongono, hanno ottenuto successi sbalorditivi in campo politico, economico, e dei mezzi di comunicazione; successi che sono stati interpretati come passi verso la creazione di uh nuovo ordine mondiale. Uno dei loro principali obiettivi è di imporre alla maggioranza le loro idee morali estremamente conservatrici, e per farlo sono pronti a usare la forza numerica come leva politica. S sono impegnati attivamente nelle campagne antiabortiste e contro le leggi sul divorzio in paesi formalmente cattolici come l'Italia e l'Irlanda.

"Pur con tutte le loro stranezze, i movimenti avevano molto da offrire a papa Giovanni Paolo II all'inizio del suo pontificato, nel 1978. I vorticosi cambiamenti degli ani successivi al Concilio avevano scosso la Chiesa dalle fondamenta. Migliaia di preti avevano lasciato il sacerdozio; gli ordini religiosi femminili e maschili avevano subito forti perdite numeriche; incoraggiati dai nuovi orizzonti aperti dal Concilio, i teologi che ne erano stati gli artefici cercarono di spingere ancora più avanti i confini della dottrina; la nuova autonomia de laici e l'enfasi sul ruolo della coscienza, piuttosto che sull'assoluta obbedienza all'autorità della Chiesa, portò le coppie sposate a rifiutare il divieto del controllo artificiale delle nascite, riaffermato nel 1968 dall'enciclica Humanae vitae; in risposta all'appello del Concilio per la giustizia e la pace, preti e suore, specialmente in America, si  impegnarono direttamente in politica, mentre alcuni fecero un patto col marxismo, il più accanito nemico della religione cattolica per oltre un secolo. (…)

"All'interno della Chiesa sembrava che i movimenti fossero in grado di  fornire alcune soluzioni ai molti problemi del Pontefice: portavano un numero immenso di vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa e alle nuove forme di vita comunitaria create  all'interno delle loro strutture, approvando caldamente l'adesione del papa al celibato sacerdotale; erano conservatori al punto di essere fondamentalisti nell’interpretazione delle Sacre scritture e in campo teologico; non solo rifiutavano il ‘relativismo’ morale condannato da Giovanni Paolo II ma, fra i loro membri e all’interno della loro sfera d’influenza pastorale, applicavano rigorosamente i valori morali assolutisti promossi dal Pontefice; evidenziavano infine l’importanza di un programma spirituale introspettivo, privando le istanze di pace e giustizia di urgenza e rinviandole a un futuro ‘mondo migliore’ che verrà creato dai movimenti stessi. (…)

“Il Concilio vaticano II aveva accentuato il ruolo delle Chiese locali e quindi il ruolo dei vescovi. La collegialità o l’autorità ei vescovi intesi come un corpo unito al papa, era stata messa in rialto come contrappeso all’infallibilità del Pontefice. Giovanni Paolo II vedeva la cosa in modo diverso: durante gli ani ottanta si è adoperato per riportare all’obbedienza i vescovi e i loro consigli Nazionali, le conferenze episcopali. La centralizzazione era una materia in cui i movimenti avevano una lunga esperienza.  Nelle loro strutture non c’era posto per la democrazia ed erano convinti sostenitori dell’idea che anche nella Chiesa non ci fosse posto per la democrazia.

“L’appoggio del papa diventò il biglietto da visita dei movimenti nelle diocesi locali, utili specialmente dove i movimenti avevano un atteggiamento ostile. In cambio, i movimenti predicavano il vangelo del nuovo ultramontanismi. L’artefice della restaurazione in Vaticano fu il cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina delle fede, meglio nota come Sant’Uffizio o Inquisizione. Ratzinger, teologo del Concilio vaticano II, negli ani settanta prese improvvisamente una posizione di destra e durante il decennio successivo, dall’alto del rango raggiunto, si diede a perseguitare i suoi ex colleghi, inclusi alcuni dei più illustri teologi cattolici del mondo. Sua è la firma dei provvedimenti disciplinari più severi del vaticano. Nel tentativo di ristabilire con la forza la suprema autorità del papato, le potenti conferenze episcopali sono diventate il bersaglio ei suoi attacchi. Quindi non ci si deve meravigliare se Ratzinger è stato il più ardente sostenitore dei movimenti. (…)

“Non ci sorprende sapere che l’entusiasmo del papa e di Ratzinger per i movimenti non è condiviso da molti all’interno della Chiesa, inclusi alcuni vescovi e cardinali influenti. Il cardinale martini di Milano, gesuita e biblista, è il loro più famoso oppositore in Europa; mentre anche persone di primo piano nella Chiesa dell’America del Sud, come i cardinali brasiliani Arns e Lorscheider si sono dichiarati contrari. I movimenti vengono criticati per i loro atteggiamenti intransigenti e per la loro presenza come chiese parallele all’interno delle diocesi locali. Le polemiche scatenate hanno provocato divisioni nelle parrocchie, tra i sacerdoti e i vescovi, tra i vescovi e il Papa e persino all’interno dello stesso Vaticano, nel cuore della Chiesa istituzionale. Sebbene l’appoggio del Pontefice abbia costretto gli oppositori dei movimenti  a tenere segrete le loro opinioni, le tensioni sono in aumento  in molti ambienti della Chiesa e potrebbero portare a contrasti  più seri, se non addirittura a uno scisma.

“Nonostante ciò, anche gli oppositori più seri sono costretti a riconoscere lo zelo e l’efficacia di queste nuove organizzazioni. Il cardinale moderato Danneels del Belgio ha fatto notare che «Sta di fatto che la maggior parte delle ‘conversioni’ de nostri giorni si registrano in questi movimenti, mentre le nostre strutture classiche sembrano relegate a un ruolo di intrattenimento e di servizio. Il lavoro veramente missionario in Europa non s fa forse nei movimenti e gruppi (piccoli e grandi) che non appartengono alle strutture profonde del popolo di Dio, ossia diocesi e parrocchie?»”.

 

I focolarini, il più importante dei nuovi movimenti cattolici, ha conosciuto, negli ultimi anni, uno sviluppo impetuoso, diffondendosi in tutti e cinque i continenti. Anche se i focolarini in senso stretto, il nucleo vero e proprio (con voto di castità, povertà e obbedienza), sono alcune migliaia, vi sono numerosissimi aderenti non a tempo pieno, tanto laici - comprese coppie sposate - che ecclesiastici (tra i quali ultimi, centinaia di vescovi). Vi sono tre organizzazioni giovanili: Gen (generazione nuova, Giovani per un mondo nuovo e Ragazzi per l'unità. Vi è una cittadella ideale, Loppiano (vicino a Firenze), dove essi hanno cercato di mettere in pratica i loro ideali. Poi c'è una casa editrice, Città Nuova, presente in 27 paesi del mondo; e un periodico dallo stesso titolo, che si stampa con 38 edizioni in 22 lingue (tra le quali l'arabo e il cinese); un bimestrale di cultura, Nuova Umanità. Infine un opuscolo mensile, Parola di vita, scritto da Chiara Lubich, che viene tradotto in 80 lingue e che ha una tiratura di 3.400.000 copie.

Una cosa particolarmente interessante è che, per aderire al movimento, non è necessario convertirsi al cristianesimo; si può anche rimanere buddhisti o musulmani.. I focolarini non cristiani erano stimati, fino a una decina d'anni fa, in 30.000 circa. Chiara Lubich ha avuto modo di parlare ai monaci buddhisti, in Thailandia, e al loro gran maestro, Ajahn Tong, nonché di predicare nella moschea dei Musulmani neri di Harlem, quella del mitico Malcom X: ed è stata la prima donna bianca a farlo.

 

Tra le voci critiche nei loro confronti, quella di Sandro Magister che, su L'Espresso del 3 luglio 1997, scriveva tra l'altro:

 

"(…) Oggi ai focolarini nella chiesa vogliono tutti un gran bene e tutti aprono le porte: cardinali, vescovi, e curati di campagna. I focolarini con voti sono tenuti a spogliarsi delle loro ricchezze. Fanno vita comune e non trattengono una sola lira di ciò che guadagnano. Anche gli sposati devono versare il 'superfluo'. Ma niente paura. «Più date e più vi sarà dato». Di tutto, di più.

"La comunità prende, la comunità dà, a discrezione dei suoi capi e, su su, della fondatrice. Dall'acquisto di un libro a una vacanza, tutto nella vita di ciascuno è vidimato e spesato dalla comunità. Per chi merita, anche con larghezza: l'elegante e vario guardaroba di Chiara Lubich, firmati "I gigli del campo", non assomiglia proprio a quello ascetico di madre Teresa di Calcutta. Il mondo dei focolarini vuol essere un generoso assaggio di 'terra nuova e cieli nuovi', dove tutto sia buono, abbondante e soprattutto ben ordinato. Le loro cittadelle (dopo Loppiano ne hanno create altre 20, in tutti i continenti) vogliono essere piccoli Eden prima del peccato originale. «Per far vedere come sarà il mondo una volta trasformato dall'ideale di Chiara». Millenarismo in versione soft. Anche i gesuiti del Seicento avevano costruito in Paraguay le loro città del sole. E proprio da quelle parti, in Brasile, Chiara Lubich ha avuto nel 1991 un'altra delle sue folgorazioni.

"Ha lanciato un 'nuovo modello economico'. Nuovo rispetto rispetto a quelli  dell'«uomo vecchio», sia collettivisti che liberisti. L'ha battezzato 'economia di comunione': un terzo dei profitti all'azienda, un terzo ai poveri, un terzo all'Opus Mariae [che è il nome ufficiale del movimento]. In tanti tra i seguaci l'hanno presa in parola: 750 piccole aziende di focolarini si sono già votate a questa 'economia del dare', in tutto il mondo Italia compresa."

 

Tra le voci a favore, non solo dei focolarini, ma di tutti i nuovi movimenti cattolici, lo studioso delle religioni Massimo Introvigne, il quale, fra l'altro, se l'è presa con il disegno di legge contro la "manipolazione mentale" (approvato il 4 marzo 2004 dalla Commissione Giustizia del Senato italiano), che potrebbe volgersi anche contro movimenti e associazioni cattolici.

Sul numero 260 di Cristianità (1996), polemizzando direttamente con il libro di Gordon Urquhart Le Armate del Papa, Introvigne scrive fra l'altro:

 

"Le Armate del Papa costituisce uno dei tanti prodotti della letteratura contro le 'sette cattoliche' che ormai non attacca più soltanto un movimento o due, ma se la prende con qualunque realtà cattolica che abbia il difetto di esistere, di prosperare e di mettere in discussione il laicismo dominante. (…) La ricetta per pubblicare un libro di successo dove un movimento o una realtà cattolica viene additata al pubblico ludibrio come 'setta' è semplice: si prendono uno o più 'ex' del movimento in questione, a cui si offre una splendida occasione per regolare vecchi conti; si traducono i loro resoconti - avendo cura di impiegare termini come 'setta distruttiva', 'lavaggio del cervello', 'violazione dei diritti della persona' - nel gergo dei movimenti anti-sette, e si chiede aiuto a questi ultimi per lanciare i volumi che ne risultano. Da questa ricetta nessuno è salvo: perfino le suore di Madre Teresa di Calcutta - che sembrerebbe veramente al di sopra di ogni sospetto - diventano una setta nel libro di Christopher Hitchens The Missionary Position. Mother Theresa in Theory and Practice (…).

"Se si vuole risalire, al di là degli elementi di circostanza, al cuore del problema, occorre mettere in discussione le premesse stesse da cui partono libri come quelli di Gordon Urcu Hart o di Maria del Carmen Tapia. Naturalmente vi è un prezzo da pagare: una volta rifiutata l'accettazione acritica di quanto raccontano gli 'ex', le teorie del 'lavaggio del cervello' e la definizione quantitativa di 'setta' a proposito dei Focolarini, dell'Opus Dei o delle suore di Madre Teresa di Calcutta, non sarà più possibile usare le stesse teorie neppure per criticare i testimoni di Geova o i seguaci del reverendo Moon. Forse non è un gran male: anche nei confronti di questi gruppi anni di esperienza insegnano che le critiche quantitative e non religiose lasciano il tempo che trovano, mentre soltanto prendendo sul serio le dottrine dei nuovi movimenti religiosi e criticandole sul piano, appunto, religioso è possibile difendere seriamente la fede cattolica."

 

Conclusione metodologica che ci sentiamo, sostanzialmente, di condividere.

Se poi dovessimo esprimere una valutazione di merito più precisa, diremmo che ci è capitato di conoscere personalmente diversi appartenenti a questi movimenti cattolici, specialmente focolarini: alcuni (la maggioranza, dobbiamo dire) erano delle belle persone; altri, lo erano un po' meno. Ma questo, probabilmente, ha a che fare molto più con le caratteristiche morali dei singoli individui, piuttosto che con i movimenti di cui facevano parte.

Non bisognerebbe mai dimenticare che è il singolo individuo a portare, nei gruppi cui sceglie di aderire, il proprio bagaglio umano; e che la somma di tali bagagli determina il clima complessivo dei gruppi stessi. Ragionamento che si può estendere a ogni tipo di gruppo organizzato, compresi i movimenti o i partiti politici.

In altri termini, non crediamo che un gruppo 'cattivo' possa corrompere persone fondamentalmente buone, né che un gruppo 'buono' possa santificare persone sostanzialmente cattive. Sarebbe troppo semplice.

Del resto, ricordiamo sempre l'aurea massima: Riconoscerete l'albero dai frutti. Non è possibile che l'albero buono dia frutti cattivi, né che l'albero cattivo dia frutti buoni.