Sabato scorso ho avuto la possibilità di entrare in contatto con alcuni fra i maggiori intellettuali del nostro tempo, frequentando un seminario, Cultures of sustainability, organizzato a Londra (GB) dallo Schumacher College.

Tra gli ospiti c’erano anche Gustavo Esteva, scrittore ed attivista messicano, noto per la sua pluriennale collaborazione con il movimento Zapatista nei suoi rapporti col governo messicano, nonché grande amico di Ivan Illich, e Vandana Shiva, carismatica, energica ed entusiastica fisica, filosofa ed instancabile attivista indiana.

Il seminario, incentrato appunto sul concetto di sostenibilità, è stato suddiviso in tre parti, in modo da potere approfondire altrettanti temi di primaria importanza: ecologia, sviluppo ed educazione.

Come prima cosa mi ha impressionato e mi sono compiaciuto nel vedere come l’idea di decrescita accomunasse tutti gli ospiti dell’evento.

Per esempio, secondo David Goodwin, scrittore, professore di biologia e ora di scienze olistiche presso lo stesso Schumacher College, bisogna riprogettare il nostro sistema economico e lasciare da parte il mito della crescita, poiché anche parlare, come in molti stanno iniziando a fare, di economia sostenibile, per come è oggi l’economia è una contraddizione in termini.

Anche Stephan Harding, zoologo ed anch’egli insegnante presso il College, ritiene che oltre ad abbandonare il concetto di crescita, si dovrebbe dare importanza a tre punti fondamentali: ridare vita alle comunità locali (ritrovando piaceri quali la conversazione o il fare musica insieme, piuttosto che isolarsi fra ipod e dvd), fermare la distruzione di foreste primarie e specie animali, e preservare la biodiversità. Come? Soprattutto tramite la politica (democrazia dal basso) e l’educazione. Secondo Harding tutto è collegato, poiché il semplice tornare ad antichi e più profondi valori porta oggi come oggi a voler cambiare la propria vita, e già questo diventa automaticamente una sorta di attivismo politico.

Un’altra cosa che propongono Harding e Goodwin è quella di avviare tali processi di trasformazione localmente, per poi “reclutare” sempre più persone, ben consapevoli della scarsa possibilità di partecipazione da parte degli attuali governi. E noi italiani ne sappiamo qualcosa!

Insomma, la causa di questo rinvigorimento della crescita è stata la famigerata globalizzazione. La soluzione? La “localizzazione”.

I protagonisti della seconda parte del seminario sono stati appunto Vandana Shiva e Gustavo Esteva, i quali sono subito partiti dal fatto che purtroppo i termini “crescita” e “sviluppo” sono oggi diventati sinonimi. E se a dirlo sono una indiana ed un messicano, personalmente tendo a credergli.

Il concetto di sviluppo, secondo Vandana Shiva, è sorpassato ed ha portato (e continua a portare) nel suo paese e nel mondo più problemi, devastazione e sfruttamento che altro. Inoltre trova assurdo che se non c’è transazione economica non è ritenuto nemmeno esserci sviluppo!

Gustavo Esteva ironizza invece sul sinonimo crescita/sviluppo, ricordando come in Messico, quando si vuol far notare a qualcuno che ha messo su pancia, gli si dice che è “ben sviluppata”.

In conclusione anche per loro la soluzione è nel localismo, senza però farlo diventare fondamentalismo, che non porta a niente, come Esteva ci ricorda hanno fatto alcuni gruppi di indios o di rivoluzionari in Messico.

La terza ed ultima parte è stata, come già accennato, dedicata all’educazione.

Secondo Karen Blincoe c’è bisogno di una grande e radicale riforma nell’educazione e, da buona direttrice dello Schumacher College, riprende grosso modo ciò che il Prof. Schumacher stesso affermava nel suo più celebre libro, “Piccolo è bello” (un libro scritto nei primi anni settanta, ma tuttora di grande attualità, e che consiglio a chiunque), ossia che bisognerebbe riavvicinarsi all’aspetto metafisico dell’educazione. Ciò significa, per Schumacher come per la Blincoe, che è molto importante insegnare ai giovani ad essere degli esseri umani, consapevoli dell’enorme potenziale che è in ognuno di loro, prima di trasformarli in tecnici.

Le fa eco l’americano David Orr, professore presso l’Università del Vermont e l’Oberlin College, il quale afferma che, per attuare la suddetta riforma e fare dell’educazione un vero e proprio investimento a lungo termine per la società, bisogna dare importanza a tre punti in particolare: imprimere nei giovani l’amore per la natura, un love affair, sin da quando sono piccoli, fornire competenze sia teoriche che pratiche che gli permettano di far fronte al grande processo di trasformazione a cui assisteremo e, infine, ridare la (o anche solo il senso della) speranza ai ragazzi, che Orr vede troppo spesso latente o addirittura inesistente nei suoi studenti americani.

La parte finale ha portato tutti i sei ospiti e Satish Kumar (uno dei fondatori del College, nonchè moderatore dell’evento) a fare un quadro della situazione, rispondendo alle domande del pubblico e tracciando i punti salienti del seminario, ossia:

  • Non portare più la gente a lasciare le campagne per le città (Shiva).
  • Lasciare l’artificialità adottata nel corso degli ultimi vent’anni nella nostra alimentazione (Shiva).
  • Lasciare l’attuale sistema educazionale e passare il più possibile alla descolarizzazione della società, così come suggeriva in un suo celebre libro Ivan Illich (Esteva).
  • Ricordarsi che professionalizzare disabilita.
  • Nonostante la primaria importanza dell’educazione, e forse proprio per questo motivo, ricordarsi che il mondo è stato rovinato da persone con molte lauree, non da ignoranti (Orr).

Inoltre, dobbiamo iniziare lentamente e gradualmente a smettere di essere dei meri consumatori, affinchè le cose possano cambiare.

Insomma un seminario molto interessante che, sebbene abbia trattato tematiche ed esposto concetti di cui la maggior parte dei presenti era sicuramente già a conoscenza, ha realizzato il suo scopo di unire temi quali l’ecologia, l’equità e l’economia.

Il grande merito di questo incontro è stato però un altro, a mio avviso: quello di essere molto obiettivo, pragmatico ed assolutamente coinvolgente, mentre troppo spesso in occasioni di questo tipo si sfocia nella retorica e si finisce con un frustrante senso di inconcludenza, tipico delle situazioni in cui si ha avuto solo la sensazione di aver fatto o ascoltato un gran parlare, senza essere venuti a capo di niente.

E bellissima è stata la citazione di un vecchio proverbio africano, con cui Satish Kumar ha voluto salutare i presenti:

“Se vuoi andare veloce, vai da solo.

Ma se vuoi andare più lontano, stai in gruppo.