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Zero Voto: l'ora dei Ribelli

di Andrea Marcon - 09/04/2008

     

 

Non siamo quindi soli nel praticare e predicare l’astensione. Forse qualcosa comincia a muoversi, forse i ribelli si moltiplicano, come potete leggere qui sotto nelle prime di una serie di testimonianze sulla sempre più diffusa coscienza della truffa elettorale. O forse a moltiplicarsi sono solo coloro che vogliono facce nuove, che si indignano leggendo “La Casta” e credono che essere contrari sia a Berlusconi che a Veltroni significhi essere contro il Sistema.
Noi non ci accontentiamo di così poco: non puntiamo solo ai picciotti, puntiamo ai boss. Questa classe politica di inetti parassiti non merita neppure attenzione, preferiamo scagliarci contro i veri poteri forti e per farlo sappiamo che non basta cambiare gli attori ma lo spettacolo.
Zero Voto è prima di tutto un no alla democrazia rappresentativa, un no a questa farsa che vorrebbe regalare al popolo l’illusione di contare davvero qualcosa. E’ l’unica scelta logica e coerente, ma non può rimanere la sola. Non votare non basta, anzi di per sé può addirittura risultare funzionale al Sistema quanto il voto. E’ora di agire, di accompagnare il rifiuto alla legittimazione dell’esistente con la ricerca di un’alternativa. Basta rappresentanti, basta deleghe: è venuto il momento di agire in prima persona, di riappropriarsi della dignità politica perduta, di tornare protagonisti. E’ l’ora dei Ribelli.

Grillo e il non voto utile

Vocabolario Garzanti:
Voto [vó-to]:
1. espressione della volontà, quando si deve eleggere qualcuno o si deve decidere qualcosa collettivamente.
Utile [ù-ti-le]:
1. che può essere usato, che può appagare un bisogno
2. che apporta un vantaggio, un profitto; che è di giovamento efficace.
Il voto del 13 aprile non è contemplato dal vocabolario, non possiamo infatti eleggere qualcuno, ma solo fare una croce su un simbolo di un partito. Anche la decisione collettiva è esclusa dalle elezioni politiche. Non è infatti un referendum e neppure una proposta di legge popolare.
Per un utilizzo aggiornato della parola “voto” va quindi introdotto un nuovo significato:
1. manifestazione di carattere rituale con cui i cittadini ratificano le scelte dei partiti.
Passiamo all’aggettivo “utile”. Qui andiamo senz’altro meglio.
L’aggettivo “utile” insieme alla parola “voto” risignificata è perfetto: “voto utile”.
Il voto utile può “essere usato, può appagare un bisogno”. E’ facile dimostrarlo. Sottrae ai processi i condannati, riabilita i pregiudicati, sistema le mogli, stimola le amanti e piazza i figli di. Il voto utile “apporta un vantaggio, un profitto ed è di giovamento efficace”. Il ritorno economico è indubbio 25.000 euro al mese, la pensione dopo due anni e mezzo, le auto blu e, solo per i trasgressivi, coca e puttane e gli elicotteri dell’Aeronautica Militare.
La campagna per il voto utile è senza confini. Morfeo Napolitano lo ha ricordato in suo raro momento di veglia dal lontano Cile. Ha difeso i partiti, espressione della democrazia, e attaccato i facili populismi. Poi ha ripreso a dormire.
Lo psiconano e Topo Gigio sono da sempre in prima fila per il voto utile. Se li voti sei utile, altrimenti no. Testa d’Asfalto senza il vostro voto non avrebbe più Rete 4, i suoi amici pregiudicati, i conflitti di interessi. Il sindaco de Roma sarebbe costretto a andare in Ruanda o in Madagascar a scrivere libri e a salvare l’umanità in pericolo. Fatelo per loro. Fatelo per voi. Mandateli a fanculo il 13 aprile con un “non voto utile” alle elezioni politiche.
[nón] [vó-to] [ù-ti-le]:
1. riconquista dello Stato da parte dei cittadini
2. delegittimazione del parassitismo dei partiti.
V-day 25 aprile. Informazione libera in libero Stato.
Beppe Grillo

Cardini e l'astensione civica

I firmatari del presente documento confermano anzitutto di ritenere il voto un diritto e un dovere inalienabile del cittadino. Ciò premesso,  è con profondo dolore, ma in piena coscienza, ch’essi ritengono di dovere, nelle prossime elezioni politiche del 13-14 aprile del 2008, esercitare eccezionalmente il loro diritto-dovere astenendosi dal voto.
Tale astensione non ha affatto carattere di rinunzia e tantomeno di qualunquistico disinteresse. Al contrario, essa nasce da una piena e profonda assunzione della responsabilità di un così grave gesto, nel nome e al servizio di  una più alta coscienza civica.
Molti, e tutti fondamentali, sono i motivi che hanno condotto i firmatari a questa necessaria scelta, il fine ultimo della quale è la denunzia non solo dell’inadeguatezza, ma anche della sostanziale illegittimità della classe politica e parlamentare che uscirà dalle urne del 13-14 aprile, e pertanto della sostanziale illegittimità della maggioranza e del governo che sulla base di tale responso elettorale saranno espressi.
Pregiudiziale motivo, che rende obiettivamente impossibile il partecipare come parte dell’elettorato attivo alle prossime elezioni,  è il fatto che le liste presentate sono frutto dell’insindacato arbitrio delle singole segreterie di partito le quali – attraverso lo strumento della negata possibilità di esprimere preferenze – hanno già fin d’ora disegnato la composizione delle due Camere e designato coloro che come senatori o deputati dovranno sedervi. Ciò riduce il ruolo dell’elettorato attivo a quello di semplice sanzionatore di decisioni prese senza il suo minimo contributo, sulla sua testa e in sua assenza. Si tratta nella pratica – come hanno già notato i componenti della Commissione Episcopale Italiana – di un colpo di mano di natura oligarchica, già messo in atto nelle precedenti elezioni. Ad esso si sarebbe potuto rimediare con un’opportuna riforma elettorale, che avrebbe dovuto  precedere le prossime elezioni. Le segreterie dei vari partiti hanno concordemente scelto di perseverare nella pessima e forse addirittuta incostituzionale legge elettorale ancora vigente. Ora, poiché errare humanum est, sed perseverare diabolicum, anche quelli di noi che alle precedenti elezioni scelsero di votare nel nome del principio del “male minore” sono costretti ad arrendersi all’evidenza che esso è nell’attuale fattispecie inapplicabile. Da un Parlamento nominato dall’attuale vertice politico, espresso dalle segreterie, non può uscire che sempre e comunque un male di cui noi non vogliamo comunque e in alcun modo renderci complici. (continua...)
Franco Cardini
Alessandro Bedini