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Europa? Una realtà sub-economica e valutaria

di Oliviero Beha/Sonia Toni - 10/04/2008


 

Oliviero Beha intervistato da Sonia Toni - tratta da Consapevole 14

Europa: una realtà geografica, culturale, politica. Ovviamente non ti chiedo di commentare la prima definizione ma le altre due.
Più che una realtà culturale, credo che l'Europa sia il postumo di una realtà culturale, dato da una base comune, che è quella, definita per tradizione, del “vecchio continente”.
Non è una realtà politica, bensì economica e valutaria, dal momento che l'economia gestisce e prevarica la politica. Insomma l’economia che fa la politica e non viceversa come dovrebbe essere. Questo spiega il motivo per cui l'Europa non ha una vera identità politica. Di solito, gli esempi rendono perfettamente l'idea: l'entrata in Europa dei Paesi dell'Est non è avvenuta per motivi politici, ma economici: la politica vi ha sì giocato un ruolo, ma molto genericamente. Insomma non è certo stata una scelta politico-culturale. Per esempio: era così impensabile che, al di là delle polemiche sterili nei confronti dei Rom, ci fossero dei problemi con la Romania o con un certo tipo di popolazioni dell'Est? Non era impensabile, semplicemente bisognava pensarci prima.
Forse ricorderai qualche anno fa, quando Bossi pose il problema della Turchia. Come spesso accade in Italia – ma in quel caso anche in Europa e sempre per motivi economici – per arrivare al problema non si andò oltre l'indicatore del problema stesso, in quel caso, Bossi.
La stessa cosa è accaduta con Grillo: si è guardato a lui e non ai problemi da lui sollevati e questo perché della questione non vuole parlare nessuno. La questione turca è serissima da tutti i punti di vista ma non viene trattata seriamente, non viene trattata politicamente. Adesso però sono costretti a farlo. Ecco perché ho detto all'inizio che l'Europa è un postumo dal punto di vista culturale e non ha identità politica bensì economica, o sub economica e valutaria.

Secondo questa tua lucida analisi, se non ci fossero le distanze geografiche che sappiamo, paradossalmente anche la Cina potrebbe entrare nella Comunità Europea…
Poco ci manca e, del resto chiunque abbia visitato – e io l'ho fatto – le zone della cosiddetta Eurasia, a cavallo fra l'Europa e l'Asia, può cogliere certe caratteristiche: qui la popolazione è un po' asiatica e un po' europea. Queste sono terre di passaggio, non solo geograficamente, ma anche storicamente: sono a metà strada fra il passato e il futuro. Gli uzbeki o i kazaki, con le loro immense ricchezze di depositi di gas naturale, sono il passato o il futuro? Sono l'ex Unione Sovietica o il mondo che verrà? Queste sono le cose interessanti del Pianeta.

Ma l'Europa, appartiene ai governanti o ai suoi cittadini?
Il nostro punto di osservazione è l'Italia e l'Italia non è l'Italia dei cittadini. Esistono Paesi che hanno tradizioni diverse e che potrebbero “contagiarci” per quanto riguarda la cittadinanza, il rispetto dello Stato, della pubblica amministrazione, che non risponde necessariamente alle divisioni politiche, ma che descrive un popolo di servitori dello Stato. Tutto questo si potrebbe insegnare, ma non lo si fa perché, paradossalmente, da noi si dice spesso “ci salverà l'Europa”. Ma, attenzione: se pensiamo che la ’ndrangheta si sta comprando dei pezzi di Norvegia – la ’ndrangheta coi colletti bianchi intendo, non quella con la lupara…

L'Europa però, spesso ci bacchetta…
Esatto, e in questo senso c'è anche il pericolo che venga contagiata in negativo! Mi aspetto poco dai governanti e pochissimo dai governanti italiani.

Ci sono degli Stati che hanno indetto un referendum per chiedere alla popolazione se era d'accordo o meno sull'entrata nella Comunità Europea. Una dimostrazione di rispetto verso i cittadini o una semplice operazione di facciata?
Il problema è sempre l'informazione. I referendum vanno benissimo se si vota su qualcosa che si conosce, qualcosa di cui si sanno i pro e i contro, ma vanno molto meno bene se sono una recita.

Assolutamente. Se tu non sai fino in fondo cosa significa stare in Europa…
Ma come farebbe l'Europa, Oliviero Beha?

Fatico a pensare come farei Roma o l’Italia, figuriamoci l'Europa. Adesso ti dico una scemenza. A volte le scemenze hanno una forza di comunicazione strepitosa – troppo spesso devo dire – però, nel mio caso, cerco di far ricorso alle scemenze il meno possibile. Hai presente i gemellaggi fra questi paesi italiani e altri all’estero? Ecco, se questa operazione avesse una reale valenza politica, invece che solo folkloristica, queste operazioni “dal basso” potrebbero cambiare il costume.
Farei funzionare meglio gli organismi politici, il difficile compromesso fra un'organizzazione sovranazionale, continentale, e l’autonomia dei vari governi. Non sono argomenti semplici da trattare, basti pensare ad un tema importantissimo e complicato come la giustizia: ogni volta che sale alla ribalta mondiale qualche caso di nostra competenza, la giustizia italiana viene fatta a pezzi dalla Comunità Europea.

Qual è l'opinione di Oliviero Beha sulla Svizzera che, pur non essendo nella Comunità Europea, è forse l'unico Stato che ne riassume le caratteristiche?
In un certo senso hai ragione, ma se uno si mette a leggere Dürrenmatt* o qualche altro autore dello stesso periodo, qualche dubbio gli viene di sicuro. Non dimentichiamoci che la Svizzera non è solo un Paese, ma un forziere. I suoi rapporti con gli altri Stati se li è già creati sulla base di una certa idea del denaro. È anche vero che, checché se ne dica, la Svizzera rimane più vivibile di tanti posti dell’Italia.

Tornando alla definizione che tu hai dato dell'Europa all'inizio di questa chiacchierata, la Svizzera mi sembra che incarni proprio il modello economico/valutario del quale tu parlavi, ma questo non impedisce a questo Stato di possedere anche forti valenze politico-culturali. Sei d'accordo?
Sì è vero, ma qui stiamo parlando di dimensioni molto diverse. Un conto è essere la Svizzera, un conto l'Europa. Sicuramente è molto più difficile mettere insieme l'Europa che i cantoni svizzeri i quali, per altro, non sono nati ieri, hanno una loro storia e il tempo non è una mano di vernice sopra una lavagna, il tempo è un fattore determinante del quale – molto spesso e sbagliando – non si tiene conto.


*Friedrich Dürrenmatt scrittore e drammaturgo svizzero (Ndr).