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Perché le Filippine importano riso?

di Marina Forti - 10/04/2008

 

Sembrano un bollettino di guerra, le notizie giunte negli ultimi giorni dalle Filippine: il governo chiama l'esercito per aiutare nella distribuzione di riso a prezzo sovvenzionato e manda ispettori a controllare i magazzini dei grossisti per colpire gli accaparratori. Poi annuncia nuove importazioni di riso e misure speciali per aumentare la produzione interna: e promette riso «abbondante, accessibile e a buon mercato» per tutti. Intanto le agenzia di stampa pubblicano foto in cui si vedono militari con mitragliette M-16 sulla spalla mentre sorvegliano le lunghe code davanti ai centri di distribuzione del riso a prezzo sovvenzionato (18,25 pesos al chilo, pari a circa 50 centesimi di euro), nella capitale Manila.
I militari e le distribuzioni speciali dicono che il governo della presidente Gloria Arroyo ha una gran fifa che la penuria di riso diventi un motivo di proteste pubbliche, o che la tensione scoppi in disordini sociali. Timore comprensibile, anche se per il momento tutto sembra tranquillo.
E' meno chiaro però perché nelle Filippine manchi il riso, alimento base della dieta nazionale. La fiammata globale dei prezzi infatti spiega solo in parte i problemi di questi giorni. Certo, il mercato internazionale c'entra: dall'inizio di quest'anno il prezzo del riso è raddoppiato, e questo è in sé impressionante: da 373 a 760 dollari per tonnellata tra l'inizio di gennaio e la fine di marzo. Per contenere i prezzi sul proprio mercato interno, i maggiori paesi produttori (come India e Vietnam) hanno cominciato a limitare le esportazioni: e questo significa che chi importa - come le Filippine - ha più difficoltà nei rifornimenti, e comunque li troverà più cari. Il risultato è che il riso al dettaglio è rincarato fino al 30% in marzo riapetto all'anno prima, a seconda delle varietà.
Questo però non spiega perché d'improvviso, nelle ultime due o tre settimane, nelle Filippine il riso sia diventato scarso - tanto più che il governo aveva appena detto che la produzione interna è aumentata del 10%. Un illustre economista filippino, Cielito Habito, intervistato dall'Inter Press Service (7 aprile) afferma che o le statistiche sulla produzione sono falsate, non impossibile, oppure la penuria è artificiale: creata da importatori e grossisti, che fiutando la fiammata dei prezzi hanno cominciato a togliere il riso dal mercato. Per questo la presidente Arroyo ha annunciato pene severe per gli accaparratori.
Arroyo ha inoltre annunciato che il governo spenderà 20 miliardi di pesos (479 milioni di dollari) per distribuire crediti agli agricoltori, e altri 12 miliardi di pesos per progetti di irrigazione e infrastrutture: insomma, per rilanciare la produzione nazionale. In effetti è un paradosso che questa grande nazione agricola sia il più grande importatore mondiale di riso (quest'anno conta di cpmprare 2,2 milioni di tonnellate da Vietnam, Thailandia e Stati uniti, il volume più grande dal 1998). Ironico: nelle Filippine hanno sede due importanti istituti di ricerca sul riso, uno nazionale e uno internazionale (Irri), e nei decenni passati gli agronomi di Vietnam e Thailandia hanno studiato qui. Ora sono loro a vendere riso alle Filippine...
Secondo Habito le cause della débacle sono che la produzione locale è su piccola scala e poco produttiva (ma le organizzazioni contadine che aderiscono alla campagna Save our rice, «salviamo il nostro riso», del Pesticide action network Asia accusano piuttosto la monocoltura di varietà moderne e la progressiva eliminazione dei piccoli agricoltori). E poi che sempre più terre arabili sono convertite a usi commerciali o all'edilizia, e che gli agricoltori non hanno sufficenti incentivi e soprattutto ricevono un prezzo assai basso per il loro riso. Ora il governo annuncia che l'Ente di stato comprerà dai piccoli agricoltori il riso non brillato a 17 pesos al chilo (invece che 12): ma l'ente di stato compra tra l'1 e il 2% della produzione nazionale, per il resto gli agricoltori sono in mano ai grossisti privati, che fissano il prezzo come vogliono. Servono soluzioni più a lungo termineper rilanciare la produzione agricola.