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Il nuovo governo e la questione ambientale

di Pietro Greco - 16/04/2008

Silvio Berlusconi ha già annunciato che la prima riunione del suo nuovo governo si terrà a Napoli. Ordine del giorno: risolvere l’emergenza rifiuti in Campania. Il nuovo premier resterà in città tre giorni ogni settimana finché il problema non sarà risolto.
L’annuncio ha un suo valore simbolico, che forse va oltre le intenzioni immediate del leader della maggioranza che ieri ha vinto le elezioni. Perché è una decisione che ricorda a lui – e a tutti noi – che i temi dell’ambiente domineranno la scena politica nazionale e internazionale per tutti i cinque anni della nuova legislatura.

Il nuovo governo oltre quello dei rifiuti dovrà, infatti, sciogliere almeno quattro nodi della questione ecologica italiana, tra loro peraltro interconnessi.

Dovrà portare, a tappe forzate in soli quattro anni, le emissioni italiane di gas serra entro i limiti previsti dal Protocollo di Kyoto: pena pesanti sanzioni economiche dall’Unione europea. Dovrà avviare, altrettanto rapidamente, il dopo Kyoto iniziando a incamminare il paese lungo i binari previsti in Europa (taglio di almeno il 20% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020).

Dovrà dotare il paese di una politica energetica che sia, al contempo, coerente con il processo di lotta ai cambiamenti climatici, capace di superare la crisi del petrolio e in grado di restituire all’Italia un minimo di indipendenza nel settore.
Dovrà dotare il paese di infrastrutture moderne senza devastarlo, ma al contrario riducendo la pressione sul territorio.

E, infine, il nuovo governo Berlusconi dovrà indurre il paese a uscire dal declino – che, come dimostra plasticamente il problema dei rifiuti in Campania, è anche ecologico – facendo dell’Italia un produttore competitivo e non solo un mero consumatore delle nuove tecnologie energetiche e più in generale ambientali.

L’impresa è titanica. E non sarebbe facile per nessuno. Ma è nelle possibilità della nuova maggioranza che, da sempre, guarda ai vincoli ambientali più come a lacci e laccioli da sciogliere, che non come a delle opportunità di sviluppo (sostenibile) e di ammodernamento da cogliere?