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Domani è un altro giorno

di Alessio Mannino - 16/04/2008

     

 

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Il teatrino dei pupi ha calato il sipario sullo spettacolo elettorale, momento culminante e legittimante della baracca "democratica". Scartati i manifesti e ripiegati gli striscioni da circo, da oggi si torna alla normalità: i commedianti dei partiti a occupare la scena e le poltrone, e i loro pupari e compagni di merende - grande industria, sistema bancario, media di regime - a tenere saldamente in mano le leve del potere reale.
Il nemico rimane sempre lo stesso: uno Stato affamatore, centralizzatore, ostaggio delle cosche politiche ed economiche. Nulla cambia, dunque. Perchè la regola prima di questo sistema montecitoriesco è: tutto cambi perchè nulla cambi. E infatti, è proprio così.
Ma noi siamo contenti. Sì: contenti. Perchè c'è un quarto degli italiani che non ha creduto alla votocrazia - questo il nome più adatto al regime di saltimbanchi che in giro chiamano "democrazia". Questa è la forza da cui cominciare. Questa è la nostra - anche nostra - vittoria.
E per noi ce ne sono altre, di soddisfazioni. La Lega Nord ha fatto il pieno di voti di chi non si fida più di destra e sinistra, di chi cerca la facile certezza di un'identità territoriale, di chi si rifugia nella parvenza di un partito anti-sistema ben inserito nel sistema. In realtà il Carroccio è un cadavere tenuto in vita dall'inarrestabile tendenza al bipartitismo, ai due maxi-partiti fotocopia, al Veltrusconi (e dai soldi del Berluskaz). La Lega è un morto che cammina e che vince. Per ora. Dopo altri cinque anni di cura romana, a meno che Bossi non subisca un elettroshock e s'inventi l'ennesimo ribaltone, la ragion d'essere leghista sarà scomparsa. Per sopravvivere e ingrassarsi, l'immaginaria Padania non deve realizzare il federalismo di cui ciancia da ormai trent'anni. E questa volta, se non lo attuerà anche in minima parte, sarà spacciata.
Altro motivo di allegria è la cancellazione dal parlamento della sinistra paleomarxista, verdognola e cadregara. Gli avanzi non pentiti del vecchio Pci saranno costretti, poverini, alla lotta extraparlamentare. Lo stalinista del gruppo, Oliviero Diliberto, ha detto a caldo due cose che sarebbe bene segnarsi. Una, che il nuovo ideale rosso sarà la sobrietà, la rielaborazione del modello di vita. L'altra, che sarà imprescindibile riscoprire l'orgoglio della falce e martello. Cari italiani che avete voltato le spalle ai sinistri dell'ultim'ora, ci rivolgiamo a voi: se darete ancora credito a questi sopravvissuti del Novecento (anzi dell'Ottocento), finirete punto e daccapo. Vi ritroverete in un batter d'occhio a braccetto col partito delle banche (il Pd, no?). Vi confonderanno con grandi sventolìi di bandiere rosse e vi stordiranno con la ritrovata retorica della "sinistra dei lavoratori e dei deboli, della sinistra che fa la sinistra" e altra paccottiglia simile. Vi parleranno persino di decrescita, di opposizione allo Sviluppo. In realtà, vorranno solo tornare ai loro comodi posti nella cabina di comando coi compari con cui erano al governo fino a due mesi fa
L'eclissi della sinistra cosiddetta radicale e il montante voto di "diversità" elargito a mani basse alla Lega significano questo: si apre da oggi uno spazio potenzialmente molto ampio per chi ha le idee e il coraggio di battersi contro lo Stato usuraio e antidemocratico, contro il sistema in quanto tale. Sempre che si abbia anche la capacità di porsi fin da subito come testa di ponte per quando la crisi economica prossima ventura inizierà a scardinare la fiducia di massa (80% di votanti) che ancora sussiste in mezzo al popolo. (Per piacere, non prendiamocela con la gente. Che i servi e sciocchi siano maggioranza, questa non è una novità. Ma perchè capisca anche il più beota credente che la sua fede lo sta distruggendo, è necessario che un fatto, possibilmente grave, meglio se epocale, preferibilmente economico e sociale, incrini le sue certezze corroborate dal consumo quotidiano di merci inutili e disinformazione onnipresente).
L'astensione voleva essere solo un segnale. Oggi è il terzo partito in Italia. Ma ciò che occorre da domani è organizzare la delusione, lo scetticismo, la consapevolezza, l'avversione, la frustrazione  e il senso di esclusione - patrimonio variegato di sentimenti e pensieri che si estende anche a chi ha votato: non sottovalutiamo questo aspetto. Il dovere di ieri era non votare. La missione di domani sarà infondere un'anima e indicare battaglie a chi vuole ribellarsi. Senza più delegare alla votocrazia la propria libertà.