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L’Europa e l’Italia sotto lo scudo

di byebyeunclesam - 18/04/2008

 

Il 27 marzo 2007 il generale Henry Obering III, direttore dell’Agenzia di difesa missilistica degli Stati Uniti, ha annunciato: “Lo scorso febbraio abbiamo stabilito un memorandum di accordo quadro con l’Italia e possiamo ora iniziare a sviluppare possibilità di condivisione di tecnologie di difesa missilistica, analisi e altre forme di collaborazione”. L’Italia entrava così ufficialmente nel programma dello scudo antimissilistico che gli Stati Uniti intendono allestire in Europa, mentre nessun annuncio arrivava invece dal governo italiano.
Probabilmente il memorandum era stato firmato al Pentagono il precedente 7 febbraio, contestualmente all’assunzione, da parte del sottosegretario alla difesa Giovanni Lorenzo Forcieri, di ulteriori impegni nel (onerosissimo) programma per lo sviluppo del caccia F-35 Joint Strike Fighter. Ipotesi più che verosimile sulla base del decreto promulgato dal ministro della difesa Arturo Parisi il 4 agosto 2006, e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 3 ottobre successivo, che espressamente delega Forcieri “alla trattazione delle problematiche relative ai programmi più rilevanti di cooperazione internazionale nel campo degli armamenti”.
Quando il successivo 12 marzo, il segretario generale della NATO Jaap de Hoop Scheffer aveva rilasciato dichiarazioni in merito a presunte discriminazioni all’interno dell’organizzazione in tema di difesa missilistica, il ministro degli esteri italiano D’Alema si era limitato ad auspicare che il progetto statunitense venisse discusso in ambito sia NATO che UE, senza rivelare che in realtà l’Italia si era già “autopromossa in serie A”.
Il progetto prevede, inizialmente, l’installazione di dieci missili intercettori in Polonia e di una stazione radar nella Repubblica Ceca. La funzione dei missili intercettori è distruggere i missili balistici nemici una volta lanciati. Altri missili e radar dovrebbero/potrebbero essere installati in Ucraina (che però smentisce) e nella stessa Italia, che diventerebbe a sua volta oggetto di rappresaglia. Ufficialmente predisposti a difesa dell’Europa e degli Stati Uniti dai missili nordcoreani ed iraniani, in realtà nessuno di questi due Paesi possiede (né possiederà entro tempi brevi) missili in grado di portare una tale minaccia. Peraltro, se partissero missili dalla Corea del Nord in direzione degli Stati Uniti, certamente essi non sarebbero lanciati verso ovest al di sopra dell’Europa ma piuttosto verso est seguendo il tragitto più diretto per raggiungere il bersaglio. A questo proposito, quindi, non mancano di allarmare neanche le insistenti voci di un analogo scudo progettato per l’area del Pacifico, interessante principalmente Giappone ed Australia: “vittima predestinata” la Cina. L’elenco completo dei Paesi che si sono impegnati a collaborare con gli Stati Uniti comprenderebbe anche, oltre quelli già citati, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, India, Israele, Olanda, Spagna e Taiwan.
L’ormai ex presidente francese Jacques Chirac ha inquadrato perfettamente la questione, ammonendo che il piano statunitense potrebbe “spaccare il continente e provocare una nuova guerra fredda”. Gli Stati Uniti acquisterebbero infatti un ulteriore vantaggio strategico sulla Russia, ai confini della quale sono già arrivati con l’espansione della NATO avviata nel 1999. L’altro realistico e non meno significativo vantaggio sarebbe quello di avere in mano un altro strumento per impedire all’Europa di rendersi, finalmente un bel giorno, militarmente autonoma dal protettorato yankee. L’intero sistema di stazioni radar – centri di intelligence e postazioni missilistiche dipenderebbe infatti dal Centro di comando e controllo all’interno della catena che fa capo ai vertici istituzionali statunitensi. Da ultimo ma non per ultimo, gli Stati Uniti potrebbero scaricare sugli europei un parte non indifferente dei costi, ammontanti sinora a 10 miliardi di dollari all’anno.

Il memorandum siglato dall’Italia prevede una serie di accordi specifici che coinvolgeranno nel programma non solo le industrie militari della penisola ma anche università e centri di ricerca. Non c’è però da stupirsi che ciò sia opera di un governo di centro-sinistra, anzi pare una tradizione che continua. Il memorandum d’intesa con cui l’Italia era entrata operativamente in uno dei programmi dello scudo – il Medium Extended Air Defence System (MEADS) – era stato firmato dal primo governo Prodi nel maggio 1996; ora è proprio il secondo governo Prodi a siglare la ben più importante intesa del febbraio 2007, senza alcuna modifica della versione redatta dal Pentagono con il precedente governo Berlusconi.
L’ammissione ufficiale di tale intesa è arrivata soltanto il 12 aprile 2007, in una dichiarazione alla Camera dei Deputati del sottosegretario per la difesa Marco Verzaschi. Egli ha affermato che il memorandum si inserisce nelle molteplici iniziative intraprese in ambito NATO fin dal 1996, entrando in palese contraddizione con le dichiarazioni del generale Obering il quale precedentemente aveva chiarito che lo schieramento di missili intercettori in Europa non rientra in ambito NATO e che gli Stati Uniti non sono disponibili a cedere la responsabilità del progetto. Infatti, essi – consapevoli dei dubbi di numerosi governi europei - hanno scavalcato l’alleanza, cercando di ottenere il consenso di singoli governi attraverso accordi bilaterali. Verzaschi ha infine usato toni tranquillizzanti per quanto concerne gli oneri finanziari del progetto, la cui suddivisione tra le parti sarebbe demandata ad accordi attuativi successivi, alludendo poi anche a presunti profitti per le industrie italiane sulla falsariga di quelli attesi dalle industrie polacche e ceche. Intanto, però, per il MEADS, l’Italia sostiene il 17% del primo contratto di 3,4 miliardi di dollari, pari ad oltre 500 milioni di euro sborsati per l’avvio di una joint venture con quartier generale in Florida.