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Navdanya: la «banca» locale dei semi di Vandana Shiva

di Federica Riva - 18/04/2008

 
 
 
La banca di semi di Navdanya rappresenta un tentativo di cooperativismo e di sostenibilità agricola a livello locale, ma anche di propaganda ed educazione internazionale.




 

Ramgarh è un piccolo villaggio della campagna di Dehra Dun che difficilmente troverete indicato sulla cartina geografica. Infatti non è rotta per turisti e non si tratta di un polo di attrazione commerciale; non ci si arriva neanche per sbaglio, visto che si tratta della periferia agricola della capitale dell’Uttarakhand, stato himalayano che ha ottenuto l’indipendenza dall’Uttar Pradesh nel 2000.
L’autobus che parte dal quartiere musulmano della città è affollato da giovani studenti, contadiniche trasportano parte del raccolto da vendere nei mandi (negozi governativi che comprano a prezzo fisso da piccoli agricoltori) e da gujaar, i musulmani dediti all’allevamento dei bufali e alla vendita del latte. Non si sorprendono, però, di vedere stranieri o persone «da fuori» avvicinarsi all’autobus, anzi anticipano qualsiasi richiesta domandando: «Ramghar…?». Dopo una ventina di chilometri sulla strada sterrata che attraversa le coltivazioni di canna da zucchero, mais, riso, verdura a seconda delle stagioni agricole, si scende dove iniziano ad apparire i cartelli con scritto «questo agricoltore fa parte di Navdanya».

La rivoluzione verde
Realizzata ad opera di Vandana Shiva, attivista attenta agli effetti devastanti della cosiddetta «rivoluzione verde» sui piccoli agricoltori, Navdanya rappresenta sia un tentativo di cooperativismo e di sostenibilità agricola a livello locale che di propaganda ed educazione internazionale. Non a caso Navdanya è sorta nel 1984.
Il 2 dicembre 1984, infatti, è una data che purtroppo non verrà più dimenticata: a Bhopal, nel Madhya Pradesh, a causa del rilascio accidentale di 40 tonnellate di isocianato di metile prodotto dalla multinazionale americana di pesticidi Union Carbide, migliaia di persone morirono intossicate (1754 secondo le stime ufficiali e più di 10.000 per le fonti non ufficiali). Un disastroso incidente chimico-industriale i cui effetti di contaminazione sono tutt’oggi attivi; una tragedia che, di fronte al potere della multinazionale coinvolta, è rimasta senza colpevoli.

La versione completa dell'articolo "Navdanya: la "banca" di Vandana Shiva" di Federica Riva è disponibile sul numero di Aprile di Terra Nuova.